“L’economia delle applicazioni è alimentata dall’aspettativa di una risposta immediata alle richieste dei consumatori di servizi, guidata da un mondo sempre connesso, specialmente via mobile. Per soddisfare tale domanda dei consumatori, un’architettura enterprise deve essere in grado di sostenere un insieme eterogeneo di utenti che interagiscono con il sistema – applicazioni interne, sistemi legacy, partner esterni, clienti, dispositivi mobili, dispositivi IoT, ecc.”, esordisce Fabrizio Tittarelli, Business Technology Architect di Ca Technologies analizzando gli scenari attuali entro cui si muovono le aziende sempre più abilitate nei propri business model dall’It. “Per tale ragione le architetture It devono essere modernizzate, possibilmente senza eliminare e sostituire tutto quello che è stato costruito, magari estendendo l’architettura esistente. I modelli di integrazione legacy esistenti devono essere aggiornati e la chiave di volta sta nell’Api management. Le Api portano la necessaria armonia all’integrazione tra sistemi eterogenei”.
Ed è di Api management che parla anche Nino Guarnacci, Business Development Manager Oracle Italia riconoscendo come sia proprio tale approccio “a conferire ad un software di mercato il suo valore misurato sempre più in termini di semplicità di integrazione e interazione”.
Per Sap, le Api non sono solo un nuovo strumento di integrazione architetturale “ma un paradigma fondamentale per abilitare modelli di business digitali”, incalza Silvio Arcangeli, Senior Director, Platform-Integration di Sap a livello Emea. “Il successo delle aziende ‘native digitali’ sta infatti ispirando e spesso forzando nuovi modelli di business in cui l’interazione con clienti e partner diventa l’asset centrale da sfruttare e monetizzare. In quest’ottica le Api rappresentano grandi opportunità di crescita ma anche grandi sfide. Ad esempio la proliferazione di Api per consumo sia interno che esterno impone alle aziende di saperle gestire in modo semplice, sicuro e scalabile, ed impone cambiamenti organizzativi per potere pianificare e gestire i nuovi modelli di business intorno alle Api”.
Il valore primario racchiuso nelle Api, sta nella possibilità “di attivare una rapida collaborazione tra i team di sviluppo e quelli dei propri partner a supporto di una altrettanto rapida ed efficace collaborazione a livello di capacità di business”, fa notare su questo tema Marco Raimondo, Sales Leader Api Management di Ibm Italia. “Api e microservice formeranno un nuovo livello d’interazione all’interno dell’impresa per fare da ponte tra i ‘system of record’ (business application tradizionali) e i ‘system of engagement’ come dispositivi mobili, applicazioni Web e IoT. In molti casi applicazioni tradizionali, servizi, dati relativi ai ‘system of record’ continueranno ad essere on-premise, mentre le soluzioni applicative rivolte ai ‘sistemi di ingaggio’ saranno sempre più cloud-ready e cloud-hosted. L’integrazione di applicazioni eterogenee in scenari di cloud ibrido continuerà ad essere un modello dominante che crescerà via via che si diffonderanno, proprio nel cloud, piattaforme per lo sviluppo e la pubblicazione di Api”.
“Le architetture applicative sono caratterizzate sempre più da tecnologie ed ambienti eterogenei. I vendor It devono quindi fornire piattaforme interoperabili e basate su standard aperti”, è l’opinione di Roberto Andreoli, Technical Evangelism Lead di Microsoft Italia. “Questo è l’approccio ‘Openness’, oggi ancor più indispensabile quando parliamo di piattaforme cloud che devono essere in grado di supportare una moltitudine di linguaggi e tecnologie, garantendo un livello di scalabilità e sicurezza di carattere enterprise”.
“Le Api sono di fatto il business model imperante dove provider di servizi fatturano ormai miliardi di euro tramite servizi accessibili (e misurabili) solo attraverso lo sviluppo di queste soluzioni”, aggiunge Alessandro Gabrieli, Italy Cloud and Hybrid It Director di Hewlett Packard Enterprise (Hpe). “La sida è riuscire ad armonizzare le necessità di business specifiche con la richiesta di avere soluzioni interoperabili sul mercato, anche e soprattutto nel contesto di utilizzo delle Api”.
Il rapporto con i partner e le community
Le Api rappresentano un materiale davvero prezioso nel campo della programmazione: sia per gli sviluppatori che le utilizzano sia per le software house che le rilasciano. Per questo la loro distribuzione avviene solamente attraverso canali ufficiali e, in alcuni casi, in forma ristretta. Ma come si ‘comportano’ i vendor e che tipo di alleanze hanno stretto con i partner? “I termini di accordi e sviluppi sono informazioni di carattere confidenziale – risponde Tittarelli – ma noi abbiamo sempre scelto di essere un fornitore indipendente, produttore di soluzioni agnostiche rispetto alle piattaforme. Per questo motivo, storicamente, stringiamo partnership tecnologiche con i player It/tecnologici più importanti del mercato, al fine di garantire l’interoperabilità delle nostre soluzioni. E altrettanto operiamo/collaboriamo alla definizione di standard di mercato e best practices: Saml è un esempio [Security Assertion Markup Language – Saml è uno standard informatico per lo scambio di dati di autenticazione e autorizzazione tra domini di sicurezza distinti, tipicamente un identity provider (entità che fornisce informazioni di identità) e un service provider (entità che fornisce servizi) – ndr], attraverso consulenti che collaborano nei vari gruppi di lavoro”.
“Abbiamo adottato da tempo un approccio trasparente e aperto su tutte le nostre soluzioni, documentando attentamente le nostre Api e fornendo chiari esempi su come utilizzarle al meglio”, gli fa eco Andreoli. “Ogni soluzione di Microsoft espone le proprie funzionalità attraverso Api e la documentazione è pubblicamente visibile attraverso la nostra Msdn Library. Abbiamo inoltre diversi cataloghi di librerie riutilizzabili come ad esempio le Api della nostra piattaforma analitica che permettono di accedere a funzionalità di face recognition, speech api, text analytics, machine learning, etc…”.
Il modello di Api Management riconosciuto da Oracle si basa invece su tre aspetti: “1) l’esposizione, attraverso standard di mercato largamente supportati su tematiche di affidabilità e sicurezza; 2) la documentazione delle interfacce, considerando gli aspetti informativi ed esemplificativi per facilitarne la loro comprensione e relativo utilizzo; 3) la condivisione di un ambiente comune per facilitare la creazione di un ecosistema in cui aziende e sviluppatori possono confrontarsi condividere e interagire”, descrive Guarnacci.
Alcuni modelli di sviluppo seguiti dai vendor
“Hpe ha sviluppato un modello che prevede diverse modalità di progettazione, sviluppo e distribuzione di software, si pensi al cloud computing e al nostro contributo costante ad OpenStack”, interviene Gabrieli. “Da un lato, l’azienda contribuisce allo sviluppo e al testing del software, dall’altro è uno dei principali rivenditori della soluzione pacchettizzata (proprio come il modello ormai affermato di altre soluzioni di successo – Red Hat Linux è l’esempio più evidente). Allo stesso tempo, in altri contesti Hpe promuove standard Api per favorire l’interoperabilità tra diversi vendor; un esempio viene da Redfish, uno standard Api promulgato dall’organizzazione Dmtf (Distributed Management Task Force) di cui Hpe rappresenta uno dei promotori più attivi. Questo standard, tra i tanti vantaggi, offre la possibilità di creare una migliore astrazione dei componenti hardware in architetture complesse di computing”.
Quello che fa Ibm è offrire un ambiente di sviluppo in cloud, chiamato Bluemix, rivolto agli sviluppatori per realizzare applicazioni basate su set di Api pubbliche e private. “Grazie a Bluemix i partner hanno l’opportunità di pubblicare le loro Api in un catalogo indirizzato a selezionate comunità di sviluppatori, entrando così far parte di un vero e proprio ecosistema”, spiega Raimondo. “Ibm sta anche collaborando con un’ampia base di organizzazioni all’interno dell’iniziativa Open Api per indirizzare le sfide di standardizzazione e documentazione necessaria allo sviluppo e alla diffusione delle Api. L’obiettivo è creare una comunità tecnica aperta i cui membri possano contribuire a costruire specifiche open e, portabili e neutrali dal punto di vista del vendor, per la definizione dei metadati a supporto di Api Rest. Questo ‘open framework’ permetterà ad operatori umani e computer (in scenari IoT) di capire le specifiche funzionalità e capacità dei servizi digitali riducendo al minimo lo sforzo a livello d’implementazione delle soluzioni It”.
“Sap ha stabilito una partnership strategica con Apigee sul fronte dell’Api Management”, descrive invece Arcangeli. “Oltre ad utilizzare la loro tecnologia come componente stand-alone in contesti eterogenei, l’abbiamo anche completamente integrata sia nella nostra offerta on premise sia nella nostra piattaforma Hana Cloud Platform, per permettere da un lato l’esposizione semplice, nativa e veloce di Api basate sulle funzionalità ed i dati della nostra business suite on premise, dall’altro per consentire l’accesso programmatico via Api a tutte le nostre applicazioni cloud da parte del nostro business network”.
IoT e Big Data, volano per l’Api Economy
I progetti IoT e le piattaforme per l’analisi Big Data rappresentano alcune delle vie più evidenti dove Communication Service Provider e Telco riusciranno a ‘monetizzare’ il valore delle Api (secondo gli analisti vedremo progetti interessanti anche nel settore finanziario). “Oggi le Telco utilizzano processi manuali costosi per creare Api a partire dalle logiche di business inserite nel codice sviluppato, piuttosto che da chiamate Sql. Tuttavia tali aziende, a causa della crescente pressione competitiva, hanno bisogno di sviluppare ben più velocemente applicazioni basate su Api, sbloccando il valore intrinseco – ma poco o niente utilizzato – presente nei propri archivi dati e applicazioni legacy”, fa notare Tittarelli. “Sicuramente i Big Data e l’IoT stanno guidando l’esplosione di dati che devono essere raccolti, selettivamente esposti e monetizzati per creare nuovi modelli di business. CA Technologies, in aggiunta alle soluzioni di Api Management & Api Security, ha realizzato una soluzione specifica che consente agli utenti aziendali di creare Api provenienti da sorgenti dati sia di applicazioni legacy sia più moderne, abbattendo in modo significativo i costi e il tempo dei processi di sviluppo, attraverso l’automazione e l’applicazione della logica di business”.
“Telco e Finance sono indubbiamente le due industry attualmente più avanzate nella monetizzazione delle Api”, fa notare Arcangeli, “ma in quest’ultimo anno abbiamo osservato un allargamento del campo molto più generale, che ha coinvolto numerose altre industry. Nel mondo Retail e Consumer Products, ad esempio, abbiamo numerosi progetti in cui le Api vengono utilizzate per aumentare il traffico verso i negozi tradizionali, rinnovare l’esperienza cliente, aumentare la diffusione del brand. Nel mondo logistica e trasporti, invece, le Api sono un fattore di grande innovazione per le interazioni con partner e clienti, grazie alla condivisione di dati IoT relativi agli asset fisici per migliorare l’efficienza di processo. Nelle Utilities le Api sono uno strumento fondamentale per abilitare nuove app che rinnovino e migliorino le interazioni con il cliente e la customer experience complessiva ed abilitino nuovi servizi a valore aggiunto per l’efficienza energetica”.
IoT e Big data sono due degli ambiti dove, per esempio, anche Hpe è intervenuta tecnologicamente proprio attraverso lo sviluppo di Api per la fruizione delle soluzioni via cloud: “Di fatto oggi molte soluzioni proposte da Hpe come quelle specifiche per i Big Data (Autonomy e Vertica) sono disponibili sia in modalità dedicata (installata on premise) sia fruibile online per mezzo di Api (in modalità PaaS o SaaS)”, commenta Gabrieli. “Nel contesto IoT l’impegno è profuso su diversi fronti ma, in particolare, abbiamo un’architettura di riferimento sulla quale sviluppiamo soluzioni specifiche, progetti, servizi ed iniziative contestualizzate rispetto alle esigenze delle aziende. Un esempio è dato dalla disponibilità di una linea di prodotti specifici sugli aspetti di network edge (IoT gateway): qui l’impiego di Api è fondamentale per abilitare la fruizione dei servizi, la loro gestione ed interoperabilità”.
E cita Microsoft Azure IoT e Cortana Analytics Andreoli, per evidenziare quali siano “gli elementi chiave per offrire delle piattaforme aperte di analisi dell’informazione e di realizzazione di progetti per l’Internet delle Cose”. Ogni funzionalità viene esposta verso l’esterno tramite Rest Api, spiega, “che consentono di consumare in modo semplice e immediato dati e processi all’interno di applicazioni terze. Queste Api forniscono funzionalità end-to-end di analisi dell’informazione, partendo dalla capacità di catturare il dato più o meno strutturato (come potrebbe essere un dato generato da un gateway IoT), di memorizzarlo in data store di diversa natura (per esempio Cluster Hadoop) e di analizzarlo trasformandolo in informazione utile e di valore (attraverso l’utilizzo di servizi di machine learning o di analisi in tempo reale come Hadoop SparK, solo per fare alcuni esempi)”.
E per chiudere l’analisi sul fronte IoT, Orcale porta a testimonianza alcuni esempi pratici: “Il primo progetto in ambito Telco risale ormai a otto anni fa, quando supportammo sia a livello di prodotti sia progettuale un cliente per rendere disponibile un vero e proprio Sdk (Software Development Kit) di Api per l’utilizzo e l’integrazione delle funzionalità di base di un operatore telefonico (sms, mms, voice, Click2Call, conference, …) direttamente all’interno di applicazioni di terze parti”, racconta Guarnacci. “Molto simile l’esperienza presso un cliente in ambito Finanziario, il quale ha esposto funzionalità di base proprie di un istituto bancario per una facile integrazione all’interno di applicazioni terze permettendo di abilitare use-case di nuova generazione come Mobile Payment, Proximity Marketing, Bump Pay…”.