Industry 4.0 per proiettare il manifatturiero europeo nel futuro

L’Europa riparte dai propri punti di forza, come una capacità manifatturiera basata su una rete diffusa di PMI in grado di catturare un quarto del valore aggiunto mondiale, competenze tecnologiche e un sistema formativo avanzato, per puntare su una crescita industriale focalizzata sull’innovazione digitale che trainerà la manifattura e i servizi del futuro. Per affrontare le trasformazioni globali non basta però operare come singoli Paesi, ma è indispensabile mettere in comune la capacità di innovazione in una logica di apertura e collaborazione.

Pubblicato il 09 Mag 2017

ROMA – La digitalizzazione dell’industria europea è stato uno degli aspetti su cui si è focalizzato il Digital day, iniziativa che ha messo a confronto ministri e leader industriali svoltasi nell’ambito delle celebrazioni per i 60 anni dei trattati europei che si sono tenute in pompa magna a Roma lo scorso marzo. Il commissario Günther H. Oettinger e il ministro italiano dello sviluppo economico Carlo Calenda hanno lanciato la piattaforma europea che raggrupperà le 12 iniziative nazionali già in campo (fra cui l’italiana Industria 4.0) e le 9 già previste (figura 1) per assicurare che ogni attività economica europea, dalle fabbriche alle startup, possa beneficiare dell’innovazione digitale per migliorare prodotti, processi e adattare il business model alla trasformazione digitale.

La cooperazione e gli investimenti fra più paesi e settori industriali europei, con uno sforzo di apprendimento reciproco, è un’opportunità e al tempo stesso una necessità, visto che  le iniziative del singolo Paese rischiano di essere insufficienti in un panorama internazionale ultra-competitivo caratterizzato da notevoli trasformazioni a livello globale.

Dal 2000 si è infatti verificato uno spostamento mondiale del valore aggiunto industriale (uno dei parametri principali per comprendere l’incidenza della competitività dei sistemi di produzione sulle diverse economie)  verso i paesi di recente industrializzazione che ne catturano il 50% a scapito dei paesi di vecchia industrializzazione, come evidenza l’analisi Roland Berger, storica società tedesca di consulenza strategica e aziendale. Per l’Europa è reale il rischio di precipitare nella spirale di perdita di posti di lavoro, competenze, R&D e servizi (figura 2).

Figura 1 – Le 12 iniziative in campo per ldigitalizzazione dell’industria europea

Per il vecchio continente il settore manifatturiero resta strategico, concentrando circa il 20% dei posti di lavoro per un totale di 34 milioni di persone in 25 diversi settori industriali e 2 milioni di imprese, nella maggior parte PMI, con un fatturato globale di circa 6.400 miliardi di euro (fonte Eurostat). La quota mondiale di valore aggiunto manifatturiero (incremento di valore dei prodotti del comparto manifatturiero dovuto all’intervento dei fattori produttivi – capitale e lavoro – a partire da beni e risorse primarie iniziali) generata dall’Europa ha però subìto una contrazione, scendendo dal 18% del 2000 al 14% del 2009 per risalire al 16% nel 2011, secondo quanto riportato nello studio Industry 4.0, realizzato per il Parlamento Europeo (1), che rappresenta un’importante analisi alla base della scelta di puntare su Industry 4.0: sebbene i parametri che determinano l’andamento del valore aggiunto manifatturiero siano numerosi e complessi, il fatto di avere perso quote rispetto a 11 anni fa è sicuramente da imputare a una minore efficienza produttiva del Vecchio Continente; la digitalizzazione dei processi produttivi e, in generale, l’approccio Industry 4.0, incidendo proprio sull’efficienza produttiva, dovrebbe invece consentire una più decisa inversione di tendenza. Lo studio evidenzia, per esempio, che nel periodo esaminato, la quota di valore aggiunto prodotto dalla Germania rispetto all’Europa è aumentata (dal 27% al 31%) anche se il paese ha mantenuto la stessa quota di produzione, mentre la Gran Bretagna ha avuto la maggior contrazione sia in termini di quota di produzione (dal 15% al 10%) sia di valore aggiunto (-5,3%). L’Italia, pur con una contrazione dell’1% della quota di produzione, resta il secondo Paese manifatturiero, ma ha diminuito la quota di valore aggiunto (-4,5%), con un andamento tuttavia migliore di Francia e Spagna (figura 3).

Per una re-industrializzazione innovativa e sostenibile

Figura 2 – La spirale della deindustrializzazione
Fonte: Roland Berger

Le ricette per la reindustrializzazione non sono univoche: agli opposti si collocano le soluzioni di protezionismo e ritorno a produzioni ‘arretrate’, con scarsa attenzione alla sostenibilità e quelle di apertura che puntano sull’innovazione, la qualità, la sostenibilità.

La scelta europea a favore dell’approccio Industry 4.0 nasce dalla considerazione dei potenziali benefici del modello in termini di produttività, crescita dei fatturati e competitività per l’industria, ma anche da una visione, pragmatica e al tempo stesso proiettata nel futuro, come quella indicata da Stefano Firpo, Dirigente Generale del MISE, Ministero dello Sviluppo Economico: “Le barriere alla mobilità dei fattori di produzione (beni lavoro, capitale e dati) devono essere rimosse”. Particolarmente interessante il riferimento ai dati e alla necessità di nuovi standard aperti per abilitare nuove opportunità di business e relazioni. “Nessuna attività economica è un’isola e la cooperazione di successo lungo le supply chain è ricompensata come la competizione di successo”, sottolinea ancora Firpo.

Figura 3 – Distribuzione della produzione manifatturiera fra i principale stati membri UE in percentuale
Fonte: study on ‘Industry 4.0’ for the European Parliament’s Committee on Industry

La proposta europea Industry 4.0 fa riferimento inevitabilmente al programma del governo tedesco Industrie 4.0 che propone un modello di fabbrica intelligente dove sistemi gestiti da computer controllano i processi fisici, creano una copia virtuale del mondo fisico e prendono decisioni decentralizzate basate su meccanismi di autorganizzazione. Questo concetto tiene conto della crescente digitalizzazione della produzione, dove gli oggetti fisici sono totalmente integrati nella rete di informazioni, consentendo la produzione decentrata e il real-time (figura 4).

Come sottolinea lo studio già citato, la scelta di Industria 4.0 può portare benefici quali l’aumento di produttività, di lavori qualificati e ben pagati, della soddisfazione dei clienti, grazie alla maggior personalizzazione e varietà dei prodotti, di flessibilità e controllo della produzione.

L’Europa può contare su una posizione di forza come leader globale nel settore manifatturiero (e non solo), lo sviluppo di nuovi mercati per prodotti e servizi, la possibilità di controbilanciare alla demografia negativa (saldo negativo tra nascite e morti, con il conseguente progressivo invecchiamento della popolazione), abbassare le barriere di partecipazione a nuovi mercati e nuove supply chain per le PMI.

Le potenzialità sono però in gran parte da sviluppare

Figura 4 – Il sistema globale e interconnesso di Industry 4.0 Fonte: Roland Berger

Sebbene prodotti, sistemi di produzione e sistemi IT siano gli elementi chiave di una fabbrica moderna, al momento non sono ancora interconnessi.  Il successo dipende inoltre da una vasta gamma di fattori fra cui la definizione di standard, un framework coerente, investimenti adeguati in R&D, forza lavoro dotata degli skill adeguati. Servono, in particolare, competenze interdisciplinari necessarie per operare in modo sostenibile nell’ambiente interconnesso di Industry 4.0, in ambiti quali cybersecurity, big data, cloud computing, robotica, prototipazione rapida, Rfid, connessione impianti, additive manufacturing…

Le analisi concordano sulla necessità di un percorso di maturazione, anche tecnologica, con un orizzonte di 10-15 anni: oggi siamo ancora nella fase pilota e il passaggio alla vera industria 4.0 si colloca nel 2025-2030. Secondo l’analisi Roland Berger, Industry 4.0 richiede complessivamente circa 60 miliardi di euro l’anno di investimenti aggiuntivi, ma promette di generare 500 miliardi di euro di valore aggiunto e 6 milioni di posti di lavoro.

In occasione del Digital day sono stati annunciati investimenti congiunti di oltre 50 miliardi euro, dagli Stati membri, dall’Unione Europea e dall’industria per la digitalizzazione dell’industria europea. È un primo passo…

(1)analytical study on ‘Industry 4.0’ for the European Parliament’s Committee on Industry, Research and Energy (ITRE) prepared by the Centre for Strategy and Evaluation Services LLP (CSES).

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