Una delle prime referenze Ibm di server consolidation su Linux (tutt’ora vi girano alcune delle principali applicazioni per la gestione dei servizi di networking e della posta elettronica) si prepara al passaggio verso il cloud. Stiamo parlando di Iside – Iniziative Servizi Informatici Direzione Europa (il servizio informatico delle Banche del Credito Cooperativo) nata nell’agosto 2000 con l’obiettivo di gestire un’infrastruttura tecnologica centralizzata, sviluppare nuovi sistemi applicativi, fornire servizi di back office a supporto dell’attività creditizia, finanziaria e assicurativa, mediante la costituzione di un centro servizi informatici.
Oggi Iside serve oltre 170 banche che costituiscono più di 1.200 sportelli dislocati su tutto il territorio nazionale e 30 consorzi fidi; oltre a essere la società di riferimento per la fornitura di servizi informatici in outsourcing nell’ambito del gruppo del Credito Cooperativo, rappresenta uno dei maggiori ‘poli tecnologici’ del mercato bancario in generale. La struttura di Iside conta 250 persone circa, ma offre supporto a oltre 12 mila dipendenti bancari: è facile dunque comprendere che una delle priorità massime è mantenere un’elevata disponibilità applicativa (la società possiede un ambiente eterogeneo che supporta tutte le applicazioni bancarie).
“Esigenza che è sempre stata indirizzata attraverso un’infrastruttura tecnologica basata su ambienti mainframe, all’interno dei quali sono ospitati gli applicativi di backend, uniti a una serie di architetture server (dislocate nelle filiali bancarie) necessarie per scaricare gli applicativi di front end – spiega Gianni Mauri, direttore operativo e sviluppo di Iside -. Un approccio tuttavia oggi non più sostenibile, non solo per questioni di costo e gestione/manutenzione, ma anche in funzione delle nuove esigenze in termini di servizi applicativi via web”.
Verso il mondo ‘open’
Ormai cinque anni fa, dunque, l’azienda ha avviato un piano di reingegnerizzazione del sistema informativo classico, di tipo client-server, volto alla centralizzazione dei sistemi che sta conducendo le banche clienti a dismettere i propri server. “Da oltre un decennio offriamo servizi in full outsourcing alle banche del Credito Cooperativo con soluzioni che vanno dai prodotti classici di anagrafe clienti, conti correnti, certificati, bilanci, fino a tutta la parte di gestione dei rapporti con le istituzioni”, spiega Mauri. “Nel tempo si sono aggiunti anche i servizi di internet banking, le applicazioni mobile e i canali di social network. Il tutto con un modello ‘personalizzabile’, perché anche se le banche che serviamo sono ‘consorelle’, si tratta pur sempre di istituti in concorrenza fra loro che necessitano, quindi, di servizi personalizzati costruiti ad hoc in base alle proprie esigenze e strategie”.
Di fatto, qualche anno fa è sorta l’esigenza di ‘aprire’ i sistemi e gli ambienti legacy verso il web 2.0 sviluppando un nuovo front-end integrato con il web e le eventuali applicazioni esterne in modo da offrire servizi quali la collaboration e la video comunicazione, richieste esplicitamente dalle banche per poter essere competitive sul mercato e offrire alla propria clientela servizi nuovi.
“Non solo, da un punto di vista organizzativo era divenuto ormai necessario anche per noi rivedere la struttura iniziando a ragionare ‘per processo’ e non più ‘per funzione’ – aggiunge Mauri -, nonché razionalizzare i costi sia della nostra struttura interna (basata su mainframe) sia delle architetture server delle singole banche (basate su server) e risolvere le problematiche dovute alla duplicazione delle macchine per sostenere la business continuity e il disaster recovery”.
È iniziato così un processo di centralizzazione che ha portato Iside ad adottare un sistema mainframe Ibm z11 con sistema operativo Linux e il passaggio al linguaggio Java, “passi imprescindibili per poterci ‘aprire’ al web”, spiega Mauri, “L’intero sistema informativo è stato reingegnerizzato: tutte le applicazioni sono state riscritte per poter essere fruite attraverso un qualsiasi browser, anche da rete privata. Oggi si contano circa 6 mila funzioni nel sistema informativo, aggiornate direttamente tramite un repository centrale, semplicemente sfruttando il web per erogare gli aggiornamenti necessari (il client proprietario usato nelle filiali, sostituito nel tempo da un client Java per eliminare l’installazione degli aggiornamenti completi nei singoli Pc con la relativa perdita di tempo, prevede ora mini-aggiornamenti solo sulle funzioni effettivamente utilizzate dal dipendente)”.
Private cloud: proporre servizi in modo flessibile e dinamico
Iside fino a poco tempo fa ha operato come outsourcer sui sistemi informativi bancari, lasciando però a ciascun istituto l’onere di avere un’infrastruttura propria. Nell’ambito del percorso di centralizzazione e reingegnerizzazione dei sistemi, Iside ha deciso di sviluppare un’architettura di private cloud per togliere alle banche tale onere, offrendo loro la possibilità di accedere sia ai servizi applicativi sia a quelli infrastrutturali e di disaster recovery via web secondo le logiche del ‘pay per use’. Con l’utilizzo della piattaforma Isicloud, così è stato chiamato l’ambiente di private cloud, Iside potrà offrire nella nuova modalità ‘as a service’ quanto comunque già fornito finora aggiungendo però anche tutte quelle applicazioni che le banche finora sceglievano e installavano in proprio, dalla posta elettronica alla videoconferenza.
“Ad oggi non tutte le banche clienti hanno aderito al progetto cloud, anche se la percentuale ha superato il 70%”, sottolinea Mauri. “Ad ogni modo, non è detto che tutte le filiali delle banche che hanno aderito al progetto debbano o vogliano abbandonare i propri server: dipenderà dalla volontà o convenienza di utilizzare completamente i nuovi servizi di Iside oppure di restare clienti soltanto per quelli tradizionali, che riguardano comunque il core business, gestendo in sede e-mail e altri servizi complementari”.
Per lo sviluppo di Isicloud, la società ha investito circa 3 milioni di euro, un investimento che però, assicura Mauri, porterà notevoli risparmi anche nel breve periodo: “Con questo sistema le banche potranno arrivare a risparmiare il 50-60% dei costi rispetto alla precedente infrastruttura (perché elimineranno tutti i costi hardware generati dai sistemi server, compresi quelli energetici e di raffreddamento); un risparmio che non si ‘ribalta’ affatto sulla nostra infrastruttura dato che l’ambiente cloud ospiterà le macchine server delle banche sfruttando la virtualizzazione (sarà necessario un server virtualizzato ogni 10/15 macchine fisiche eliminate dalle banche clienti). Non solo, risparmi arriveranno anche dal fatto che le filiali non dovranno pagare le singole licenze per e-mail, non avranno più i costi della gestione della propria rete interna e così via. Ulteriori vantaggi, infine, arriveranno dal disaster recovery, compreso nel sistema integrato che offriamo e quindi reso disponibile come servizio a consumo”.
Per riuscire a ‘concludere’ il progetto cloud servirà comunque ancora un anno, necessario per governare una migrazione graduale e svolgere le fasi di test filiale per filiale.