Faccia a faccia: Rfid, ritorni e standard cercansi

Settori diversi, esigenze differenti ma problematiche simili nell’adozione del Rfid: Sap risponde ai dubbi e alle perplessità di due utenti interessati alle opportunità offerte da soluzioni basate su questa tecnologia. Parte così questo nostro primo "Faccia a Faccia", un area nuova di ZeroUno nella quale, periodicamente, gli utenti possono interloquire, attraverso il giornale, con i fornitori. Per avere risposte nel dettaglio

Pubblicato il 02 Giu 2005

Scm globale, sicura e dinamica nel segno dell’Rfid: il tema è quanto mai d’attualità ma come ha chiaramente rilevato il primo Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano dedicato alla tecnologia Radio Frequency Identification, la realizzazione di applicazioni di questo tipo richiede sforzi progettuali mirati. I benefici, come mostrano alcuni casi rilevati dall’indagine dell’ateneo milanese (che ha studiato circa 180 progetti in corso d’opera o in fase di sperimentazione in oltre 100 fra imprese e pubbliche amministrazioni) ci sono e sono concreti, ma l’analisi a monte presuppone lo studio di complesse variabili: la scelta della tecnologia in radio frequenza di base, il problema dell’integrazione delle informazioni generate dai tag all’interno del sistema aziendale, i costi, gli impatti e i ritorni riconducibili all’implementazione di soluzioni ad hoc. Un progetto Rfid, come hanno ben sintetizzato gli autori della ricerca al Politecnico, non è quasi mai, almeno oggi e per qualche anno ancora, un’innovazione “da scaffale” ed è lecito quindi aspettarsi anche dei punti di vista “critici”, in termini di adozione e fattibilità, nel breve, di progetti che presuppongono l’utilizzo di apparati ed etichette in radio frequenza. ZeroUno ne ha raccolti alcuni presso due diverse realtà aziendali che operano in due settori di competenza con differenti esigenze di gestione interne e verso la clientela ma con un “approccio” comune per quanto riguarda i possibili attuali limiti legati a un investimento in soluzioni dedicate, e li ha “girati” a un vendor, nel caso specifico Sap, che in questo segmento applicativo sta credendo e investendo in modo considerevole. I contributi che seguono riguardano Crai, una realtà cooperativa che opera nella distribuzione alimentare dal 1973 e presente oggi su tutto il territorio nazionale con una rete multicanale di oltre 2.300 punti vendita organizzati in 35 centri di distribuzione sul territorio, snodo logistico e centri di servizio per tutta la rete, e Olitalia, uno dei principali produttori in Italia nel settore degli olii alimentari e fornitore di riferimento per il mercato retail.

Le aziende domandano

Rolando Toto Brocchi, direttore Supply Chain e It di Crai
(www.crai-supermercati.it)

“L’Rfid è un tema di cui tanto si parla ma che ancora trova scarsa applicazione nella realtà. Il nodo da sciogliere più importante, a mio avviso, riguarda la creazione di una massa critica gestita tale da determinare uno standard tecnologico a livello di produttori di apparati e soluzioni Rfid”.

1 – È il vendor It che può fare da vero driver all’utilizzo dell’Rfid nella grande distribuzione? Come le associazioni di categoria, a cominciare per esempio da Ailog e Indicod, possono adeguatamente supportare le imprese utenti?

2 – Come superare lo scoglio dei costi, che oggi ricadono completamene sul distributore, relativi all’implementazione dei tag Rfid sui prodotti e sui pallet e degli impatti che si genererebbero a livello di persone, magazzini, processi gestionali, sistemi informativi.

Alberto Fenati, direttore sistemi informativi di Olitalia
(www.olitalia.it)

“L’Rfid è sicuramente una tecnologia abilitante quanto a tangibili e positivi benefici sui processi di logistica e di gestione ma presenta attualmente dei limiti per essere utilizzata all’interno di applicazioni di rintracciabilità e automazione di magazzino. I costi dei tag sono ancora troppo elevati e non permettono quindi margini di ricarico sul cliente finale; pensare a un progetto di Scm realmente estesa e dinamica in stile Wall Mart non è proponibile in tempi rapidi, nonostante la disponibilità di piattaforme scalabili in ottica Rfid”.

3 – Come recuperare gli investimenti in un lasso di tempo abbastanza contenuto?

4 – Come considerare l’incertezza tecnologica relativa alla mancanza di uno standard unico che sappia rispondere coerentemente anche alle normative vigenti in materia di privacy?

I fornitori rispondono
Le lecite perplessità poste dalle domande di cui sopra sono lo specchio di una media realtà aziendale che non sempre può (o vuole) cogliere i vantaggi potenziali, in veste di “early adopter”, che le nuove tecnologie in campo Rfid mettono di fatto già a disposizione del mercato. Dall’altra parte della barricata, là dove operano i vendor, i lavori in corso per creare le classiche “best practise” in fatto di modelli di utilizzo procedono intanto a ritmo sostenuto e nel caso di Sap sono due gli esempi recenti cui fare riferimento. Con Nokia la casa tedesca ha sviluppato una soluzione di Field Force automation, basata sullo standard Nfc (Near Field Communications), che permetterà di abilitare l’accesso ai servizi di classe enterprise di NetWeaver partendo dalle informazioni generate e raccolte dai lettori Rfid integrati sui telefoni cellulari serie 5140 e 3220 del produttore finlandese. Con Intel, invece, Sap sta mettendo a punto un sistema che farà sempre leva sulla piattaforma NetWeaver che si prefigge di mettere le aziende nella condizione di scegliere se integrare, attraverso funzioni specifiche abilitate all’Rfid fruibili da mySap Supply Chain Management, l’hardware con etichette in radio frequenza direttamente nei sistemi di back-end e nei processi operativi oppure se affidare la gestione dei lettori Rfid, degli apparati e dell’ambiente informativo in cui questi operano ad altri partner specializzati.

Iniziative su larga scala per creare gli “standard”
Anche alla luce di importanti novità applicative, quali quelle sopra descritte, prossime a materializzarsi nelle offerte dei vendor rimane quindi più che mai “caldo” il tema oggetto di questo servizio, è cioè se l’evoluzione delle soluzioni di Supply Chain management passi o meno necessariamente attraverso la tecnologia Rfid e quanto questa sia percepita nelle imprese italiane e a livello di filiera.

1 Giulio Folgarait, Scm Business Consultant di Sap Italia, ha quindi preso atto delle osservazioni raccolte da ZeroUno e in merito alla prima domanda ha così inquadrato la tematica. “In relazione alla problematica degli standard si sta lavorando sia a livello internazionale che nazionale e proprio in Italia il consorzio Indicod-Ecr, già rappresentante per il nostro Paese di Ean International, sta portando avanti un esteso programma di formazione degli associati sviluppando nel contempo attività di facilitatore per l’adozione dei nuovi standard. È stato aperto infatti un tavolo di lavoro, iniziativa che prende il nome di Forum Epc Indicod-ECR, insieme a un elevato numero di software e hardware vendor in modo da generare l’adeguato know-how per le aziende associate potenziali utilizzatrici di soluzioni Epc [acronimo di Electronic Product Code, la sola informazione numerica memorizzata sul microchip del tag Rfid che serve ad identificare in modo univoco ciascuna singola istanza o prodotto, ndr] attraverso studi e approfondimenti su tutte le tematiche correlate, con particolare attenzione proprio ai progetti internazionali di sviluppo degli standard Epc per una loro corretta integrazione. Sono stati avviati inoltre laboratori dedicati, vedi per esempio quelli di Hp e Sap [ma anche Oracle e Intel hanno fatto lo stesso, ndr] per sperimentare e valutare le prestazioni delle tecnologia Rfid e dimostrarne l’applicabilità sui processi e le possibili aree di ritorno degli investimenti”.

2 Dettagliato il quadro delle iniziative in corso, Folgarait ha quindi toccato il punto dolente delle aziende, i budget di spesa: “Per quanto riguarda la questione dei costi, sicuramente da un lato la tecnologia sta lavorando per ridurli, dall’altro è necessario identificare con correttezza le aree di ritorno degli investimenti, che non devono essere puramente quelle dell’automatizzazione dei processi logistici, ma anche quella della collaborazione produttore-retailer, in modo da condividere sia le spese per il supporto tecnologico che i benefici derivanti dall’utilizzo dello stesso”.

La ricetta di Sap: “I benefici vanno compresi a livello di filiera”
Il fattore costi introduce anche la risposta di Folgarait alle altre due domande poste dalle aziende interpellate da ZeroUno.

3 “Il costo dei Tag è sicuramente uno dei punti caldi attorno a cui si stanno concentrando i maggiori dubbi da parte sia dei produttori sia dei retailer. In effetti se si lega il tema Rfid solamente al concetto di rendere automatico un processo di magazzino scaricando magari tale costo sul consumatore, probabilmente non se ne vede ancora completamente il ritorno. Per questo è necessario, a nostro avviso, espandere la percezione dei benefici che tale tecnologia può fornire non certo al consumatore finale ma bensì agli utilizzatori della filiera. Si pensi ad esempio alla verifica puntuale e in tempo reale dei contenuti dei pallet in spedizione dal produttore al retailer, con conseguente diminuzione dei tempi di verifica e velocizzazione dei pagamenti; della possibilità da parte del retailer di fornire dati sempre più accurati al produttore di come e quando i prodotti sono stati acquistati o della modalità di “replenishment” dal magazzino allo scaffale; o ancora la facilità di creare servizi di rintracciabilità dei prodotti lungo la filiera in modo da supportare processi di recall e aumentare la fidelizzazione al brand. In questo senso si può inquadrare la tematica del ritorno dell’investimento.

4 L’analisi conclusiva di Folgarait è quindi tesa a delineare una sorta di “vademecum” per l’adozione delle soluzioni Rfid che parte da un preciso presupposto: “La necessità cui occorre guardare con maggiore attenzione è probabilmente quella di identificare più di un’area di ritorno, in modo da beneficiare della tecnologia Rfid a diversi livelli. Per quanto riguarda gli standard, si è già fatto molto e molto ancora si sta facendo: in quest’ottica serve una diffusione più strutturata delle informazioni verso tutti gli attori del mondo Fast Moving Consumer Goods, attività che del resto associazioni come Indicod e Ailog stanno iniziando a sviluppare in merito ai progetti di standardizzazione relativi a Epc e Iso, la disponibilità di apparecchiature hardware e soluzioni dedicate, i modelli di applicabilità, le problematiche di privacy”.

Dagli Isv soluzioni su misura
Come poter gestire magazzino, produzione, rilevazione presenze e controllo accessi da un unico “media” aziendale attraverso l’adozione di specifiche soluzioni Rfid? Tornando in questo ultimo capitolo alle tecnologie già attualmente disponibili che fanno riferimento alla piattaforma Sap NetWeaver un valido esempio di applicazioni avanzate a supporto di processi logistici arriva da Kaba Italia. La soluzione Rfid “Comm Id” di quest’ultima si presta infatti a gestire e garantire tutti le verifiche necessarie al flusso informativo generato dagli apparati e dai tag in radio frequenza prima di inviare dati consolidati al sistema Erp. I vantaggi “promessi” alle aziende spaziano quindi dalla possibilità di effettuare, tramite un’interfaccia al modulo schedulazione trasporti e di gestione magazzino di mySap Erp, il controllo dello scarico e carico dei mezzi nel centro logistico, con indirizzamento in tempo reale del mezzo al gate di carico fino alla rilevazione certificata delle presenze del personale sull’intero parco aziendale. Il dispositivo Rfid, nella logica di soluzione a valore aggiunto di Kaba, potrà essere utilizzato sia dal personale aziendale sia dagli autotrasportatori che accedono all’area logistica: i primi potranno sfruttare le potenzialità della tecnologia per effettuare in sicurezza le marcature di rilevazione presenza, aprire e chiudere le operazioni di caricoscarico mezzi e caricoscarico magazzino mentre per i secondi, anche nel caso siano originariamente privi di qualsiasi apparato Rfid, si aprono opportunità di maggiore efficienza nelle procedure di accesso all’area logistica, nel prenotare sul gate le operazioni di caricoscarico mezzo e nel procedere in modo guidato e automatico alla emissione integrata e on line dei titoli di viaggio.


Quanto vale il mercato Rfid?Le etichette basate sulla tecnologia Radio Frequency Identificaton sono candidate a diventare la tecnologia wireless a maggior diffusione dopo i cellulari. La dichiarazione, di un certo effetto, è arrivata tempo fa dagli analisti di In-Stat, che in materia di diffusione a venire delle soluzioni Rfid hanno sviluppato una ricerca analitica e di sicuro impatto (il titolo dello studio è quanto mai esplicito: “RFID Tags And Chips: Changing The World For Less Than The Price Of A Cup Of Coffee”). Fra i dati più importanti emersi dallo studio spicca su tutti quello secondo cui il fatturato globale del mercato Rfid passerà dai 300 milioni di dollari del 2004 ai 2,8 miliardi nel 2009. Il vero e proprio modello aziendale da seguire per tutti ha già un nome e cognome ben definito: la catena di distribuzione americana Wal-Mart. (G.R.)

Privacy e costi dei tag: gli scogli da superare
Il segmento che maggiormente contribuirà al boom dell’Rfid, a detta di In-Stat, sarà quello degli imballaggi, che catalizzerà la maggior parte dei tag che verranno prodotti nei prossimi cinque anni. Il settore della distribuzione di beni di largo consumo, deputato al ruolo di secondo mercato per eccellenza, dovrà superare in tempi brevi lo spinoso problema della privacy (per cui In-Stat auspica una legislazione ad hoc per i generi di massa), visto e considerato che le etichette permettono di tracciare non solo le merci ma eventualmente anche le persone. Il fattore che sancirà la definitiva consacrazione delle etichette in radio frequenza nell’ambito dei progetti estesi di supply chain sarà invece la flessione dei costi di ogni singolo tag. Gli esperti di In-Stat prevedono infatti come la domanda salirà esponenzialmente in concomitanza con la discesa dei prezzi, che avverrà tra un paio di anni, delle etichette a pochi centesimi di dollaro per pezzo rispetto alle decine di cent (ma il tag può arrivare ad oltre 100 dollari nei casi più complessi) attuali. (G.R.)

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