“Il quadro che ci posiziona tra ‘gli ultimi’ non deve stupirci – commenta Giancarlo Capitani, Presidente e Amministratore Delegato di NetConsulting – dato che risultiamo essere uno dei Paesi meno virtuosi sul fronte degli investimenti Ict”. Nella scala che misura gli investimenti Ict sul totale degli investimenti effettuati nei maggiori Paesi dell’Ocse nell’ultimo decennio, il dato riferito all’Italia è allarmante (figura 1):
“Siamo all’ultimo posto – commenta Capitani -. Meglio di noi anche Spagna e Portogallo, nonostante gli oggettivi problemi e gli impatti negativi che questi paesi, forse più di altri, stanno subendo dalla crisi economica mondiale”. “L’export Hi-Tech sul totale delle esportazioni dell’Italia verso
l’Europa si attesta intorno al 6% (dati Istat) – interviene Marco Forneris, Consigliere Delegato di Exprivia -; dietro di noi solo Paesi come
Lettonia, Romania, Polonia, Lituania”. E se analizziamo il supporto pubblico alle attività di ricerca e sviluppo delle aziende, in rapporto al Pil nazionale, scopriamo che il valore italiano è dello 0,05%, contro lo 0,40% della Francia o lo 0,32% dell’Austria (dati Banca d’Italia). Il dato sugli incentivi fiscali è ancora più sconfortante: siamo allo 0,01% del Pil. Eppure, la stretta correlazione esistente tra investimenti Ict e produttività è ampiamente dimostrata da diversi studi: nei Paesi nei quali si fanno maggiori investimenti in Ict risultano più elevati i livelli di produttività globale (quadro confermato anche dagli ultimi studi dell’Ocse e dell’Oecd).
Verso la Business Technology
Tuttavia, pur nella difficoltà di riuscire a rendere ‘strutturato’ il valore dell’Ict, i Cio della Community Finaki, riunitisi nelle due Tavole Rotonde a Milano e Roma lo scorso giugno insieme a ZeroUno, NetConsulting e alcuni vendor, si dicono ottimisti, soprattutto guardando agli avvenimenti che stanno coinvolgendo le proprie aziende e al conseguente e necessario intervento sul fronte Ict. “Innanzitutto, il quadro di un’Italia indietro, poco innovativa, incapace di fare le opportune scelte di investimento non ritengo sia attribuibile come responsabilità né ai Cio né ai vendor Ict”, commenta Giuseppe Pavone, Responsabile Ict Business Development Grandi Imprese e Pa di Poste Italiane. “Lo scenario negativo è soprattutto frutto di una politica industriale che fatica a trovare le vie e le risorse per uscire da una situazione di stallo. Se non c’è un sistema nazionale in grado di dettare le linee guida e di dare l’esempio sulle vie da intraprendere, sarà difficile che il comparto Ict possa rifiorire. Neanche sul fronte delle aziende e della loro propensione all’innovazione sarei così negativo; abbiamo esempi concreti di eccellenze italiane che, proprio grazie alla tecnologia, hanno saputo rinnovarsi e competere anche in scenari internazionali”.
“Nonostante la riduzione dei costi di esercizio sia un aspetto ancora rilevante nelle strategie di business – puntualizza Capitani -, le organizzazioni stanno muovendosi verso percorsi di trasformazione che toccano la revisione dei modelli di business, l’innovazione di prodotti e
servizi, la digitalizzazione dei processi e la revisione e l’ottimizzazione dei processi core” (ancora figura 2). La fotografia che emerge dalle
due web survey mostra un’Italia delle imprese in profonda trasformazione, molto più dinamica di quanto ci si aspetti, anche se proprio dalle strategie di business si evidenziano diversi elementi di complessità. “Riprendendo le parole pronunciate dall’attuale Governatore della Banca
d’Italia, Ignazio Visco, siamo un Paese indietro di 25 anni rispetto al resto d’Europa – commenta Alessandro Musumeci, Direttore Centrale Sistemi Informativi di Ferrovie dello Stato -. Questo significa che dobbiamo preoccuparci non solo della crisi attuale, ma delle difficoltà oggettive
che andremo a incontrare nel lungo termine, anche quando saremo usciti dalla recessione. Quello che ci attende, dunque, è un percorso di trasformazione che va governato, da un lato, ma dall’altro anche stimolato attraverso l’innovazione”. “Governare la complessità di questa trasformazione significa trovare il modo per innervare i processi aziendali con l’Ict, attraverso un livello di digitalizzazione che all’interno delle organizzazioni possa concretamente rappresentare una risposta alla necessità di innovazione”, suggerisce Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno. “L’Ict è chiamato a un importante ruolo di supporto all’azienda che sta cambiando ma, per poterlo fare, deve a sua volta trasformarsi e trovare il modo di migliorare la capacità di supporto per dare valore al business in termini di produttività e competitività. Deve cioè intraprendere il percorso verso quella che Forrester ha identificato già da qualche anno come la Business Technology”.
Progetti tecnologici: verso innovazione, ma non solo
Che si tratti di un percorso ormai avviato lo testimoniano gli stessi Cio e i vendor intervenuti ai diversi workshop tenutisi durante il convegno Finaki di giugno, i quali ritengono ormai intrapresa la strada del riconoscimento della strategicità dell’Ict rispetto alle politiche di business, soprattutto se si analizzano le attuali priorità dei progetti tecnologici e di innovazione (figura 3) in essere, che vedono ai primi posti interventi
sul fronte di:
1) supporto sempre più diretto ai responsabili di funzione e ai cambiamenti aziendali attraverso progetti che guardano alla mobility, alle nuove modalità di relazione interattiva con clienti/partner/cittadini, alle attività social;
2) innovazione dell’infrastruttura partendo dalla standardizzare delle architetture
e dei processi It, per proseguire con il consolidamento architetturale e la modernizzazione e standardizzazione delle applicazioni;
3) analisi dei dati per un più efficace supporto al decision making con progetti di business analytics e gestione/analisi dei big data.