Tecnologia e processi per nuova efficienza

La necessità di fare innovazione per uscire dalla situazione di stallo che caratterizza il nostro Paese e ridare alle imprese nuova forza competitiva è innegabile. Ma forse è necessario prima di tutto chiedersi cosa si intenda per innovazione.

Pubblicato il 07 Nov 2013

“Dalla prospettiva It – suggerisce Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno – credo significhi dare alla tecnologia e alla digitalizzazione dei processi la flessibilità e la capacità di creare nuove opportunità e identificare nuovi margini di efficienza. La governance della macchina operativa resta l’importantissimo elemento di sfondo, ma non è ormai più sufficiente per generare valore; servono nuove proposte di innovazione e progetti efficaci anche sul piano delle relazioni e della collaborazione nella triangolazione ‘It, utenti aziendali/clienti e vendor Ict’”.
Un suggerimento non certo facile da cogliere, soprattutto alla luce dei risultati delle due survey, condotte da ZeroUno e NetConsulting in preparazione al Convegno Finaki 2013, che fotografano l’attuale capacità di supporto da parte dei vendor nei confronti dei Cio ancora ‘confinata’ a meri interventi tecnologici (figura 1).

Figura 1: Supporto che i vendor ritengono di poter fornire ai Cio Il supporto che i vendor ritengono di fornire al meglio ai Cio sembra essere soprattutto di tipo tecnologico. Nonostante il valore dell’Ict sia giudicato strategico per le imprese, i vendor non sembrano ancora pronti per supportare i Cio nel dialogo con il Top management e far percepire il valore dell’Ict in azienda.

Fonte: web survey Finaki-ZeroUno-NetConsulting – maggio 2013 – campione 72 aziende

I vendor si dicono pronti a supportare i Cio per innescare percorsi innovativi rivolti però principalmente alle operations, con uno sguardo più attento dunque all’efficienza che non all’impegno nel far percepire il valore strategico dell’Ict. E proprio questa è una delle criticità lamentate dai Cio riuniti negli incontri di giugno: “L’offerta dei diversi vendor non viene percepita come realmente differenziata e differenziante – osservano molti top manager Ict -; e questa mancata percezione di innovazione comporta come conseguenza più evidente il fatto di spostare il valore della tecnologia solo sul fattore prezzo (non essendo differenziante viene percepita come una commodity, quindi la si acquista al prezzo migliore)”.
Una visione rafforzata dall’intervento di Gianluigi Castelli, Executive Vice President Ict di Eni secondo il quale “oggi sembra quasi che le grandi aziende dell’Ict siano ‘timide’ e abbiamo paura di portare avanti un reale pensiero tecnologico davvero innovativo, dirompente, che non sia necessariamente solo allineato ai macro temi ‘portanti’ (quali cloud, social, mobile e big data)”. I Cio riconoscono l’impegno dei vendor sul fronte di investimenti in ricerca e sviluppo, ma lamentano da un lato un’uniformità di comunicazione, percepita dalle aziende utenti più come un messaggio marketing che come reale differenziante innovativo, dall’altro la mancanza di una visione strategica dell’It essendo focalizzati su singole tecnologie: “I top vendor investono ancora annualmente miliardi di dollari in ricerca e sviluppo – prosegue Castelli -; ciò che è venuto a mancare è la capacità di esprimere un ‘pensiero forte’, ossia di trasmettere alle imprese una visione dell’Ict in grado di generare (proprio grazie alla ricerca) una vera innovazione all’interno delle organizzazioni aziendali”. Un’innovazione che non necessariamente deve distogliere l’attenzione dall’efficienza: “Attraverso la continua razionalizzazione della macchina operativa si riescono a liberare risorse per fare innovazione”, suggerisce per esempio Gloria Gazzano, Direttore Ict di Snam. “Tuttavia, i vendor dovrebbero riuscire a coniugare meglio le due anime propositive (da un lato quella più focalizzata agli interventi tattici di razionalizzazione e consolidamento con operazioni nel breve e medio periodo, e dall’altro quella di capacità di supporto verso percorsi di innovazione più strategici da attuare nel lungo periodo) e, avviato l’efficientamento, avere il coraggio di ‘parlare del dopo’, della vera evoluzione, supportando le organizzazioni in un percorso che sia realmente di cambiamento. In questa fase, innovazione potrebbe anche coincidere con l’efficienza e nuovi modi per usare le tecnologie (cioè innovazione nell’uso della tecnologia, che non necessariamente deve coincidere con gli strumenti più all’avanguardia o di ultima generazione)” [su questo tema, nello specifico, rimandiamo alla lettura della correlata dal titolo "Innovazione frugale: lavorare sul riassetto organizzativo" dove Gazzano introdue il concetto di “innovazione frugale” ndr].

Cambiamenti strutturali: senza l’Ict non si fanno
“È vero che la tecnologia è oggi ormai diventata una commodity, ma quando questa non c’è allora se ne comprende meglio il valore”, riflette ancora Gazzano. “Il supporto tecnologico alla funzione dell’esercizio (anche attraverso i servizi dei vendor) è fondamentale. Nel nostro caso, per esempio, venendo da tre anni di operazioni di business importanti che ci hanno visto passare per varie fasi di acquisizione e fusione, l’Ict è risultato essere un tassello fondamentale sul fronte dell’efficienza, che ha consentito di ‘non bucare’ gli obiettivi di business”.

Figura 2: Avvenimenti di Business che, secondo i Cio, avranno maggiore impatto sull'Ict. Revisione dei processi produttivi/core, revisione del modello di business e introduzione di nuovi prodotti/servizi sono gli avvenimenti di business che avranno maggior impatto sul fronte dell’Ict il cui supporto all’innovazione si esercita anche traguardando obiettivi di mefficienza e governo della macchina operativa.

Fonte: web survey Finaki-ZeroUno-NetConsulting – maggio 2013 – campione 72 aziende

Le aziende, in effetti, si innovano su un mix di cambiamenti strutturali a più livelli, per esempio rivedendo e razionalizzando i processi core, diversificando e innovando il loro business model, internazionalizzandosi, rivedendo la catena di supply chain, attraverso operazioni di fusioni e acquisizioni (figura 2). E in questo quadro, il supporto dell’Ict all’innovazione si esplica anche attraverso interventi ‘più tradizionali’ che mirano all’efficienza e al governo della macchina operativa.
“In scenari complessi in cui i cambiamenti strutturali si susseguono con estrema rapidità – osserva Giorgio Bongiorno, Delegato in Italia di Finaki – parlare, e soprattutto pianificare e attuare, interventi sul fronte dell’innovazione risulta davvero sfidante. I tempi di reazione dell’Ict sono ancora lenti rispetto alla variabilità del business e all’accelerazione di tale ‘instabilità’; diventa allora fondamentale agire sul fronte tattico, di breve/medio periodo, e concentrare gli sforzi sul fronte operativo per ‘sistemare’ la macchina Ict e fronteggiare l’emergenza. Senza questi interventi iniziali, il processo di innovazione rischia solamente di aggiungere ulteriore complessità e fallire”.

I cluster di efficienza, verso l’innovazione
Sia nelle aziende private sia negli enti pubblici, uno dei cluster di efficienza/innovazione ritenuti più strategici è la gestione del cittadino/cliente digitale che implica, per tutte le realtà aziendali, una maggiore focalizzazione sulla digitalizzazione dei processi interni e più efficaci strategie di comunicazione/collaborazione guidate dalla multicanalità. Sul fronte dell’efficienza tecnologica e di processo quale prerequisito per muoversi efficacemente verso un’innovazione di Sistema Paese, gli enti pubblici risultano già oggi impegnati in azioni articolate e complesse (Open data, portali, pagamenti elettronici, multicanalità, ecc.), probabilmente per accelerare la realizzazione dell’Agenda Digitale.
Parliamo di interventi molto specifici che mirano a una più efficace gestione della complessità di trasformazione, ormai innegabile e avviata sia sul fronte dei singoli consumatori/utenti/cittadini sia su quello delle organizzazioni. “Superare tale complessità significa puntare su una digitalizzazione spinta che generi percorsi e processi di innovazione all’interno delle imprese, semplificando”, ribadisce Uberti Foppa. “Dalla prospettiva Paese, invece, vuol dire ricercare nuove vie per fare efficienza, condizione indispensabile per avviare poi percorsi più strutturati e ben governati sul piano della produttività e della competitività”.

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