Long Wave: una ricerca alla scoperta delle nuove imprese digitali

Assintel Digitale presenta “Long Wave”, una ricerca che permette di tracciare l’identikit delle “nuove imprese digitali” in Italia. Giovani Pmi di recente costituzione, flessibili sul piano organizzativo, crogiolo di competenze e innovazione, con fatturati in crescita costante. Potrebbero essere loro il volano per la digitalizzazione competitiva del Paese.

Pubblicato il 12 Nov 2013

MILANO – Assintel Digitale, verticalizzazione di Assintel dedicata alle aziende di digital communication dell’Ict, ha recentemente presentato a Milano Long Wave, la prima ricerca fatta in Italia sull’universo di quella che ha definito “nuova impresa digitale”, compiendo così un passo importante per il raggiungimento dello scopo per cui la stessa Assintel Digitale nasce: dare un’identità associativa a un particolare gruppo di aziende derivate dal mondo Ict, giovani Pmi che usano la tecnologia come strumento di lavoro in modo creativo e innovativo, aziende “liquide”, nella maggioranza dei casi sorte dopo il 2000 e caratterizzate da un’altissima percentuale di laureati e dottorati. La ricerca, volta a tracciare l’identikit di questo vitalissimo ramo del Made in Italy tecnologico, prima definisce quali tipologie di imprese possono rientrare in questa categoria inedita, quindi presenta le grandi potenzialità che può offrire al Paese in termini di rilancio economico.

Giorgio Rapari, presidente di Assintel

Di che imprese in particolare si sta parlando? “Ci siamo accorti dell’esistenza di una nuova It, creativa e innovativa”, ha spiegato Giorgio Rapari, presidente di Assintel, “Migliaia di imprese destrutturate che non hanno uno spirito sindacale e per cui Assintel vuole porsi come riferimento”. Anche Giuseppe Giaccardi, consulente di direzione, titolare e capo progetto dello Studio Giaccardi & Associati, ente che ha realizzato per Assintel la ricerca, sottolinea come parte importante del lavoro proprio la definizione preliminare del campo d’indagine: “Poiché da un punto di vista statistico questo soggetto non esiste, abbiamo dovuto delineare questa nuova realtà preliminarmente stilando una lista di potenziali attività a cui potevano corrispondere tipologie di impresa riconducibili un domani anche a codici Ateco [classificazione delle attività economiche adottata dall’Istat per le rilevazioni statistiche nazionali di carattere economico – ndr], per ora inadatti a darne una corretta descrizione”.

Giuseppe Giaccardi, consulente di direzione, titolare e capo progetto dello Studio Giaccardi & Associati

Queste dunque le premesse da cui deriva l’elenco dei tipi di azienda selezionati da Assintel come “nuova impresa digitale” (in contrapposizione a quelle per esclusione definibili come “imprese Ict tradizionali): si muovono nei Servizi Web, Mobile e Internet of Things, nel Software e Big Data, nella Consulenza, nei nuovi Media Sociali, nel Design, nelle Produzioni multimediali, nel Digital Entertaintment e nel Finance 2.0 (lista completa nella figura).
Una volta stilato l’elenco, è stato quindi possibile procedere con la ricerca: sono state individuate e censite 230mila imprese potenzialmente appartenenti alla nuova categoria; di queste, solo 173mila sono state dichiarate a pieno titolo “nuove imprese digitali” (il 3,3% delle imprese nazionali), per un totale di 620mila lavoratori (dati aggiornati al 31 dicembre 2012).

Figura 1: Elenco delle categorie di azienda selezionate come “nuova impresa digitale”

Fonte: Assintel

Rappresentano il 61% delle imprese del settore Ict e il 51% degli addetti. Tra le loro principali caratteristiche, quelle di essere:
1) giovani: sono, per la maggior parte dei casi, aziende di recente costituzione (le più vecchie sono del 1983, ma l’86% nasce dopo il 2000) e il 63% è digital native (It based la restante parte); bassa l’età anche degli addetti digitali: il 67% under 35;
2) preparate: il 52% degli addetti digitali è laureato e il 18% ha conseguito master o dottorati; il 22% ha compiuto esperienze di studio all’estero;
3) di piccole dimensioni: sono Pmi con mediamente 17 collaboratori e un fatturato di 1 milione di euro (ma di queste il 44%, anche a causa della giovanissima costituzione di molte, si colloca sotto i 100mila euro l’anno);
4) liquide e atipiche: oltre un terzo dei lavoratori è volutamente atipico, per lo più con Partita Iva e CoCoPro: “Queste forme contrattuali corrispondo qui a una scelta di vita”, ha commentato Giaccardi, “persone che decidono di lavorare così perché possono avere maggiore possibilità di intraprendenza sul mercato”; il cosiddetto posto fisso, a tempo indeterminato, resta predominante solo per le imprese It based; per le digital native anche i modelli organizzativi sono differenti dagli standard: liquidi, spesso informali, dove prevale l’organizzazione per processo che si attiva in rapporto a un progetto e trovano terreno fertile i modelli della collaboration;
5) mobili: l’85% è un mobile worker, perché lavorando con il web nella maggior parte dei casi non nasce la necessità di avere un luogo fisso di lavoro;
6) competitive: contribuiscono al Pil per il 3,9%, pari a 54 miliardi di euro (anno di riferimento 2012); la loro crescita è costante anche durante gli ultimi anni di crisi economica: nel triennio della crisi più forte, 2009-2012, le imprese del settore sono aumentate del 9,2% (+ 13,7% i relativi “addetti digitali” ) e, in controcorrente rispetto a molti altri settori, le previsioni per l’anno in corso stimano una crescita di fatturato per il 68% delle aziende e una situazione di stabilità per un altro 28%.
Come sono collocate sul territorio queste nuove realtà? Sul piano della distribuzione, il 25% delle nuove imprese digitali (33% degli addetti) è in Lombardia, segue il Lazio ma a distanza (11% delle aziende) e quindi il Piemonte; la fascia del Nord Italia resta nettamente favorita, situazione simile a quella disegnata dal calcolo della intensità digitale a livello provinciale, dove svetta la provincia di Milano in cui ben l’8% delle imprese, rispetto al totale provinciale, è rappresentato da nuove imprese digitali.

Roberto Calugi, Senior Manager della Camera di Commercio di Milano

Ai primi posti tra i fattori indicati come critici dalle 220 imprese che sono state intervistate per la realizzazione della ricerca, il costo dello Stato sul lavoro e l’accesso al credito: le banche risultano spesso non attrezzate a sostenere le imprese digitali, perché culturalmente impreparate a confrontarsi con le logiche di queste attività. Sono stati poi indicati come altrettanto problematici i forti carichi di lavoro, generalmente iperconcentrati sul titolare o sulle poche persone dello staff e, nelle zone a bassa densità di digitalizzazione, la difficoltà nel trovare collaboratori a causa della mancanza di competenze specifiche.
La vitalità di questa realtà è quindi minata da fattori che potrebbero fermarne lo sviluppo. Perché questa “nuova Ict” possa affrontare le criticità è necessario prima di tutto che si organizzi, che sia aiutata nel superamento della frammentazione che ora la contraddistingue. Roberto Calugi, Senior Manager della Camera di Commercio di Milano, commenta: “Queste imprese sono in una fase ‘adolescenziale’: la preoccupazione è nella loro capacità di crescere, di diventare adulte, cioè di mettersi a rete, di unirsi”. Da qui la volontà di Assintel Digitale di porsi come riferimento per queste aziende e l’invito alle istituzioni ad agevolarne lo sviluppo; sarebbe il giusto “premio” per delle realtà che, come ha fatto notare Giaccardi, “sfidando le difficoltà legate al contesto economico, sono riuscite comunque a crescere e svilupparsi mettendo in moto quelli che potrebbero divenire meccanismi importanti di sviluppo e di futuro”.

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