Il Cliente digitale e il Cittadino digitale

La riconfigurazione dei diritti e dei doveri del cittadino nell’era digitale, considerando il termine cittadino nel suo significato olistico che include l’essere cliente, imprenditore, studente, pensionato ecc. è stato
il leit motiv che ha permeato il dibattito del Workshop
“Il Cliente digitale e il Cittadino digitale”.
Il concetto, apparentemente semplice, sottende una
vera e propria innovazione digitale della Pubblica Amministrazione e apre quindi uno scenario estremamente articolato e complesso con impatti non solo dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto di carattere organizzativo e normativo.

Pubblicato il 06 Dic 2013

Il gruppo di lavoro, composto, oltre che da manager di aziende private e vendor Ict, anche da esponenti di rilievo di differenti enti della Pa che quotidianamente affrontano le problematiche dell’innovazione nella Pubblica Amministrazione, in primo luogo ha condiviso alcuni assunti che devono essere tenuti ben presenti nell’attività di digitalizzazione del Paese. Il gruppo di lavoro è andato poi a identificare le azioni prioritarie da compiere che possano consentire al cittadino di espletare i propri doveri e accedere ai propri diritti attraverso i servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione.

Gli assunti condivisi
Vediamo quindi in primo luogo quali sono gli assunti che il Gruppo ha condiviso.
1. Il processo di digitalizzazione del Paese deve essere “inclusivo” per consentire ai cittadini, in qualunque fascia generazionale, economica, culturale si trovino di accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione, che devono essere anche adeguatamente “comunicati”. L’approccio al sistema digitale è molto diverso tra le generazioni (e questa diversità, seppur con caratteristiche differenti, si replica anche nella sfera economica o culturale) che si distinguono sostanzialmente in tre fasce:

  • a) una fascia di popolazione anziana, a oggi molto ampia, che per la maggior parte della propria vita (soprattutto quella lavorativa) non ha fatto uso di strumenti digitali e che può accedere ai servizi spesso solo grazie all’aiuto di figli o amici. Per questa popolazione bisogna pensare a strumenti molto semplici, con un accesso ai servizi in modo non esclusivamente digitale o dove sia previsto un supporto, gratuito e non volontaristico, basato su una relazione fisica;
  • b) una fascia intermedia (40-60 anni) che, nella grande maggioranza, ha confidenza con l’uso di strumenti digitali tradizionali, ma che è in affanno nell’utilizzo di strumenti più innovativi. Per questa popolazione si può pensare a un’offerta spinta di servizi digitali, purché adeguatamente calibrati con il tipo di strumenti da utilizzare, ma bisogna considerare anche la necessità di comunicare adeguatamente le modalità di accesso a questi servizi;
  • c) la fascia generazionale sotto i 40 che si aspetta, anzi pretende, un accesso digitale a qualsiasi tipo di servizio e non necessita di alcun tipo di formazione o comunicazione specifica.

2. L’attività della Pubblica Amministrazione è regolata da una normativa sicuramente molto articolata e questo viene spesso rilevato come un grande ostacolo nella definizione della modalità di erogazione dei servizi. Il gruppo di lavoro, pur riconoscendo la complessità della tematica, ha rilevato che oggi le norme adeguate per dare una forte spinta al processo di digitalizzazione ci sono, ma bisogna avere il coraggio di “staccare la spina” a vecchie norme che vengono mantenute più per garantire un’“autotutela” della Pa che per un’effettiva esigenza di garanzie democratiche.
3. Prerequisito tecnologico di qualsiasi attività di digitalizzazione del Paese è la realizzazione di una infrastruttura che garantisca l’interoperabilità tra le varie amministrazioni di qualsiasi livello (centrale e locale) e che, senza varare grandi progetti faraonici destinati al fallimento, sfrutti e ottimizzi quanto già esiste. Enunciato questo prerequisito indispensabile, il gruppo di lavoro non ha ritenuto necessario focalizzarsi su questo aspetto che d’altra parte è già uno degli elementi di principale focalizzazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale. A questo proposito ricordiamo che nel mese di luglio l’Agenzia ha rilasciato il documento finale “Un’architettura unitaria per l’agenda digitale: il nuovo modello Spc” dove si sottolinea che “sebbene sussista ancora una prevalente associazione storica del Sistema Pubblico di Connettività agli aspetti di rete, e ancora di più ai contratti per la fornitura dei servizi di rete, una rinnovata visione dello stesso è tuttavia proposta dal Cad [Codice per l’Amministrazione Digitale ndr] e dalle nuove norme sull’Agenda Digitale italiana, in cui maggiore enfasi viene data al contesto interoperabilità e cooperazione a livello applicativo, all’utilizzo sempre maggiore di servizi nazionali condivisi di supporto come presupposto per l’erogazione di servizi applicativi di e-government evoluti e alla definizione di regole tecniche e linee guida a cui le Pubbliche Amministrazioni devono uniformarsi”.

Focus su anagrafe nazionale e identità unica digitale

Anagrafe nazionale e identità unica digitale sono le due attività, strettamente correlate l’una con l’altra, che, secondo il gruppo di lavoro, devono avere la massima priorità. E questi sono anche due dei tre progetti (il terzo è la fatturazione elettronica) che il Commissario del Governo per l’Agenda Digitale Francesco Caio ha dichiarato di voler “portare a casa” entro la fine del suo mandato.
Semplificando, due sono le principali tematiche da affrontare in questo ambito:
1. Il riconoscimento univoco del cittadino in rete è possibile solo definendo chiaramente gli attributi che identificano l’identità digitale; per farlo è essenziale tenere in considerazione vari aspetti:

  • a) l’identità unica digitale, oltre a semplificare/garantire l’accesso ai servizi della Pa, potrebbe rappresentare un importante abilitatore per le attività economiche, pensiamo, per esempio, all’impulso che potrebbe dare all’e-commerce. Gli attributi devono quindi prendere in considerazione due necessità differenti: identificare una persona in ambiente pubblico (inteso come Pubblica Amministrazione) e identificarla per necessità di business. Le problematiche che caratterizzano la persona nei due ambiti sono molto diverse (a partire da quelle relative alla privacy e alla gestione dei dati sensibili) e vanno tenute in considerazione;
  • b) deve essere certo e sicuro il processo di riconoscimento al momento del rilascio del documento elettronico: in pratica, come essere certi che chi dichiara di essere qualcuno lo sia veramente? Il problema non è tecnologico, bisogna definire processi nuovi di riconoscimento.

2. Definizione del processo di gestione e manutenzione dell’anagrafica nazionale. Il dibattito che si è svolto nel workshop risulta parzialmente superato dal Dpcm del 23 agosto 2013 (vedi riquadro nella pagina a fianco), ma rimangono comunque valide alcune tematiche affrontate:
a) è un tema che affianca questioni tecnologiche a problematiche di tipo organizzativo e normativo e che quindi richiede una profonda revisione dei processi della Pa;

  • b) un importante aspetto da tenere in considerazione è che questo/questi database devono essere interoperabili anche al di fuori dell’Italia, come anche i recenti accordi sugli open data impongono (Carta degli Open Data adottata dal G8 dello scorso giugno, che ha lo scopo di rendere disponibili on-line e in formato aperto i dati raccolti e gestiti dalle pubbliche amministrazioni nazionali e di favorirne l’utilizzo da parte di cittadini e imprese), con conseguente adeguamento a standard e normative non solo nazionali;
  • c) il dibattito su questo aspetto (punto precedente) ha rappresentato lo spunto per sottolineare quanto poco l’Italia sia rappresentata, e quindi determinante, negli organismi tecnici europei e internazionali, con la conseguenza di non vedere riconosciuti i protocolli definiti nel nostro paese.

Infine “il” problema, trasversale a tutti i progetti di digitalizzazione: la disponibilità di adeguate risorse economiche. Come è stato ampiamente rilevato, le risorse sono sempre meno, ma dal dibattito è emerso che da un lato la revisione organizzativa porta sicuramente a un’ottimizzazione delle risorse oggi disponibili, dall’altro si dovrebbero incentivare forme di co-finanziamento pubblico – privato.

Quadro conclusivo

In questo quadro, naturalmente, anche i vendor Ict devono fare la loro parte collaborando nella ridefinizione del modello pubblico-privato che se da una parte deve essere più trasparente, dall’altra richiede investimenti anche dai privati. Alla luce degli assunti e dei prerequisiti condivisi e a supporto delle priorità individuate, il gruppo di lavoro ha identificato alcuni punti di attenzione per i Cio, sia delle realtà pubbliche sia delle aziende private, e per il sistema politico e istituzionale del nostro paese per la realizzazione di una Pubblica Amministrazione efficiente che rappresenti anche un volano per il rilancio della produttività italiana:

  1. Il digitale deve essere il canale principale dei servizi per il cittadino e il cliente.
  2. Accelerare la dematerializzazione dei processi e dei servizi.
  3. I nuovi servizi richiedono mix di skill: comunicazione, informatica, designer. È quindi necessario disporre, all’interno della Pa, di risorse adeguatamente formate.
  4. È indispensabile una governance strategica dell’Ict a livello di sistema paese (evoluzione dei processi e dei servizi) separata, ma strettamente collegata alla gestione dell’Ict (evoluzione del sistema informativo): un “Cio del Paese” con adeguate risorse e potere decisionale.
  5. Mantenere stabile la vision di scenario complessivo definendo le priorità e “aggredendole” una per una.
  6. Innovazione è anche un uso diverso del processo che, per essere funzionale al digitale, deve essere riprogettato;
  7. Valorizzare il ruolo del fornitore Ict come portatore di innovazione e non solo per ridurre i costi.
  8. Rientrare nel percorso europeo degli standard e delle norme.


L’iter dell’Anagrafe nazionale

L’art. 2 del D.L. n. 179/2012 ha disposto l’unificazione del sistema anagrafico nazionale, già strutturato in quattro partizioni (Indice nazionale delle anagrafi-Ina, anagrafe comunale, Aire centrale e Aire comunale) in un’unica anagrafe, l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), istituita presso il Ministero dell’Interno. Finalità dell’intervento è stata quella di accelerare il processo di automazione amministrativa rendendo più efficiente la gestione dei dati anagrafici della popolazione e riducendone i costi.
La L. 228/2012 ha stabilito che il Ministero dell’Interno si avvale di Sogei per la progettazione, implementazione e gestione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente e il Dpcm 23 agosto 2013 n. 109 ha definito le fasi progettuali sulle quali sarà istituita l’Anpr nonché la soluzione relativa alle modalità di scambio dei dati tra le anagrafi comunali e l’Anagrafe Nazionale e tra quest’ultima e gli enti centrali della pubblica amministrazione interessati alla notifica delle informazioni anagrafiche. Il Decreto definisce che il piano è da completare entro il 31 dicembre 2014.
Tutte le funzioni connesse alla gestione, all’aggiornamento e alla consultazione dell’Anpr sono affidate al Cnsd (Centro Nazionale Servizi Demografici), costituito con decreto del Ministro dell’Interno del 23 aprile 2002 presso la Direzione Centrale per i Servizi Demografici.
Altri Dpcm disciplineranno le ulteriori modalità di attuazione relative alle misure di sicurezza e alle specifiche tecniche concernenti l’organizzazione e il flusso dei dati.
La circolare n. 19/2013 del 3 ottobre 2013 del Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli affari esterni e territoriali ha poi specificato che nella prima fase di realizzazione del progetto l’aspetto innovativo, per quanto riguarda le anagrafi comunali, consiste nel fondamentale passaggio a un nuovo sistema di sicurezza per cui tutti i Comuni dovranno adeguarsi alle modalità operative contenute in una circolare che verrà a breve diramata dalla Direzione Centrale per i Servizi Demografici.

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