Entro il 2023 l’Europa avrà il suo primo supercomputer exascale e diventerà in grado di eseguire calcoli cinque volte più velocemente, affrontando modelli ancora più complessi e di maggiore precisione. JUPITER (acronimo di “Joint Undertaking Pioneer for Innovative and Transformative Exascale Research”), sarà installato in un edificio appositamente progettato nel campus del Forschungszentrum Jülich, dove lo gestirà il Jülich Supercomputing Centre. Questo polo tecnologico tedesco già possiede due tra i supercomputer più potenti al mondo, ma ancora pre-exascale: JUWELS e JURECA.
Dietro a questo importante traguardo c’è l’iniziativa EuroHPC JU, che lo ha finanziato con 500 milioni di euro dividendo al 50% l’investimento con il Ministero federale tedesco dell’Istruzione e della Ricerca e il Ministero della Cultura e della Scienza dello Stato della Renania Settentrionale-Vestfalia. Lanciato nel 2018 dall’Unione Europea per sviluppare un ecosistema di supercalcolo di livello mondiale, questo programma unisce Paesi membri e partner privati, prevedendo investimenti di oltre 7 miliardi di euro fino al 2027.
L’annuncio dell’upgrade exascale dell’Europa e della sede del supercomputer che le farà scalare la classifica TOP500 è arrivato negli scorsi giorni, proprio da EuroHPC e in occasione dell’inaugurazione del supercomputer finlandese LUMI con cui già occupa la terza posizione.
Modulare e veloce, JUPITER sarà anche green
La potenza di calcolo di JUPITER va immaginata superiore a quella di 5 milioni di moderni PC ed è basata su un’architettura dinamica e modulare, sviluppata insieme a partner europei e internazionali nell’ambito dei progetti di ricerca DEEP dell’UE.
In questa tipologia di struttura coesistono vari moduli di calcolo accoppiati tra loro all’interno di una configurazione di base. Quella di JUPITER include un modulo cluster universale, un modulo di archiviazione parallela ad alta capacità, uno storage flash ad alta larghezza di banda e una configurazione di backup e archivio ad alta capacità. C’è poi anche uno speciale “modulo booster” estremamente potente, con acceleratori di calcolo basati su GPU ad alta efficienza che eseguono le applicazioni in parallelo in modo simile a un turbocompressore.
La modularità è un fattore chiave per questo sistema, perché è ciò che permette di distribuire parti di programma di simulazioni complesse su più elementi, assicurando un utilizzo ottimizzato di tutte le proprietà hardware.
Anche dal punto di vista energetico, JUPITER segue un’ottica anti-spreco assicurando l’impiego solo di elettricità verde per alimentare una potenza media di 15 megawatt. Il sistema di raffreddamento ad acqua calda previsto, dovrebbe inoltre garantire massima efficienza, offrendo la possibilità di riutilizzare il calore residuo prodotto. Già accade nel caso di LUMI, che così contribuisce per il 20% al riscaldamento urbano di Kajaani, riducendo sostanzialmente l’impronta di carbonio annuale dell’intera città che lo ospita.
Mentre Cina e USA sgomitano, l’Europa rincorre la sovranità tecnologica
Progettando JUPITER, pur consapevoli del suo cruciale significato simbolico per l’Europa, si è voluto anche guardare ancora oltre, e con pragmatismo. La sua struttura modulare, infatti, lo rende già adeguato all’integrazione di tecnologie future come il calcolo quantistico o i moduli neuromorfici.
È un supercomputer che traghetta l’Europa verso il futuro, ma senza privarla di soddisfazioni già nel breve periodo. La sua potenza permetterà infatti di calcolare modelli climatici ad alta risoluzione, sviluppare nuovi materiali, simulare complessi processi cellulari e sistemi energetici, far avanzare la ricerca di base o addestrare algoritmi ML di nuova generazione ad alta intensità di calcolo. Si ipotizzano applicazioni anche in campi come la ricerca sul cervello, la gestione del traffico, lo sviluppo di scenari di evacuazione per grandi eventi e la lotta alle pandemie.
Molteplici sono le aspettative dal punto di vista tecnologico e scientifico che incombono su JUPITER, ma ce n’è anche una strategico-politica ugualmente urgente. Espandere la sovranità tecnologica europea nel campo del calcolo ad alte prestazioni, evitando di sviluppare dipendenze dalle grandi potenze.
Al contrario dell’Europa, che ha scelto un approccio più collaborativo con EuroHPC, americani e cinesi sgomitano per diventare i leader dell’exascale, temendo e spiando i passi avanti del nemico. Quelli degli USA sono in verità pubblici: proprio di recente il loro Frontier li ha portati in cima alla classifica dei TOP500 figurando ufficialmente come il primo computer exascale al mondo. Quelli cinesi sono da intercettare: indiscrezioni mai smentite parlano di due sistemi exascale già funzionanti dal 2021 e di altri 10 in arrivo entro il 2025.
Questa notizia, se confermata, spingerebbe la Cina ancora più avanti nella sfida tra Paesi con il maggior numero di supercomputer nella lista Top 500. Già oggi primeggia con i suoi 186 contro i 123 degli Stati Uniti ed è un primato importante per entrambi i Paesi, non solo sulla carta. Chi dispone di tanti supercomputer potenti ha “una marcia in più” nella ricerca e, soprattutto, nella difesa nazionale dove oltre alle sfide militari ci sono anche quelle di cybersecurity, crittografia quantum safe in primis.