Prospettive

L’urgenza della sovranità digitale europea. Oltre alle norme servono talenti e investimenti

Passare all’azione subito, con una strategia a lungo termine in mente, per affermare definitivamente la sovranità digitale europea. In un confronto paneuropeo organizzato da OVHcloud a un anno dal lancio del Consensus di Roma, emergono chiaramente i punti di una “to do list” ambiziosa e concreta. Investimenti, partenariati, formazione, ricerca, ma anche attenzione al contesto globale senza “fare gli ingenui”, lasciando la palla in mano a Cina e USA.

Pubblicato il 07 Lug 2022

sovranità digitale europea

Fil rouge tra il presente dell’Unione Europea e il suo futuro, solo la sovranità digitale può garantire i diritti e una reale competitività al continente. Prima la pandemia, poi la guerra tra Russia e Ucraina confermano una direzione timidamente imboccata e su cui è vitale imprimere una forte accelerazione. I nuovi sempre più ambiziosi regolamenti vanno sfruttati, con una strategia condivisa e a lungo termine. È però essenziale dare anche risposte rapide ad alcune urgenze legate al quadro internazionale emerse chiaramente in occasione di una conferenza paneuropea organizzata da OVHcloud nell’ambito della Presidenza Francese del Consiglio dell’Unione Europea 2022.

Sovranità digitale: un’emergenza come il climate change

La necessità di agire subito, in modo corale, è fortemente legata alla percezione dell’importanza del tema da parte di governi e persone. “La sovranità digitale va trattata come l’emergenza climatica, va fatto capire quanto è cruciale per ciascun cittadino. Alle attuali normative manca l’input necessario per far comprendere l’entità delle minacce digitali a cui siamo sottoposti. Vanno migliorate e implementate al più presto, ma anche supportate da investimenti se vogliamo restare all’avanguardia di un certo tipo di visione” spiega l’ex Presidente della Repubblica di Estonia, Toomas Hendrik Ilves.

Come sottolineato più volte durante l’incontro, circa l’80% dei fondi del continente finisce in mani non europee. Senza cadere in un monopolio, ma non è accettabile una tale asimmetria che penalizza sia startup che imprese innovative. “Ce ne sono di numerose, ma dobbiamo aiutarle a trovare fondi e a fare scaling perché la tecnologia europea non resti in un continuo stato di emergenza. È importante sviluppare innovazioni in proprio e investire in proprietà intellettuale europea” fa notare Michel Paulin, CEO di OVHcloud, invocando un impegno sia pubblico che privato.

È sempre da lui che parte un chiaro invito a passare all’azione. “C’è un forte consenso sulla fase diagnostica ma adesso serve agire per garantire la sovranità nei fatti e a lungo termine. Questo è il momento per accelerare, altrimenti il treno passa e noi restiamo in un angolo”. Tra le priorità da lui indicate, la più semplice a parole ma ardua nei fatti, è “iniziare a far rispettare la legge”. Occhi aperti sul mondo, però: le recenti evoluzioni delle normative USA, l’inquietante e continua metamorfosi del cybercrime, i continui attacchi a DSA e DMA suggeriscono di mantenere una forte e prudente attenzione all’attualità.

Autonomia strategica da costruire sull’equilibrio tra competitività e diritti

Proprio questi due “Act”, assieme alla NIS 2 e agli IPCEI, rappresentano “splendide avventure collettive ambiziose che continueranno nel tempo”. Lo spiega l’ambasciatore francese per gli affari digitali Henri Verdier, consapevole dei tempi stretti di azione ma con una visione costruttiva sul futuro della sovranità digitale europea di cui illustra le linee guida e la filosofia portante.

“Ci abbiamo messo del tempo per capire i confini dell’innovazione digitale ma abbiamo recuperato molto negli ultimi 10 anni e ci aspetta una splendida decade digitale europea. Ora è necessario liberare e potenziare il nostro ecosistema economico per evitare il dominio altrui. Dobbiamo imporre invece la nostra visione di sicurezza, di libertà e di un digitale al servizio del progresso sociale collettivo”. L’autonomia strategica invocata più volte e da più voci – il “poter fare delle scelte e metterle in atto” – si combina secondo Verdier con la terza via digitale, quella di un internet del futuro libero, decentralizzato e unificato.

Proseguendo il percorso normativo con il benchmark del GDPR, è necessario integrare meglio partenariati pubblico-privati interni e svilupparne di esterni all’Unione. “L’attuale contesto geopolitico è la cornice complessa in cui dobbiamo ragionare di sovranità digitale. È quindi fondamentale per le nostre imprese creare alleanze con chi ‘fuori’ la pensa come noi, partendo dalla regione transatlantica e spingendoci fino all’Africa. Non possiamo più fare gli ingenui, la sovranità digitale trova forza nei partenariati. È urgente anche creare una piattaforma neutrale per condividere i dati e non lasciare che le big facciano affari in Europa mentre le nostre imprese restano relegate in nicchie” afferma Benjamin Brake, Responsabile del Dipartimento Digital & Data Policy presso Ministero Federale per il Digitale e i Trasporti della Germania.

Sempre per il bene delle imprese, come per la protezione dei diritti dei cittadini, Marie Laure Denis, presidente del CNIL (Commission National de l’Informatique et de la Liberté) ha poi invocato un’accelerazione sull’accordo sui dati con gli USA nell’era post-Schrems 2: “noi dobbiamo fare in modo che la protezione dei dati viaggi assieme ai dati”.

Europa al bivio. Dal Consensus di Roma 4 pilastri da implementare subito

A tornare sulla posizione dell’UE nel contesto generale è stato Laurent Giovachini, Deputy CEO di Sopra Steria, che suggerisce una via di uscita dalla stretta tra i due blocchi di USA e Cina. “Serve reinventare regolamenti e politiche industriali su nuove forme di partenariato che definiscano il percorso verso un equilibrio tra attrattività e sovranità. Non possiamo restare in balia delle tante minacce che incombono sulla nostra tecnologia, dobbiamo difenderci facendo emergere i nostri valori distintivi”.

La sfida del trovare il giusto compromesso tra libertà e diritti risuona anche nella visione espressa da Paulin. Secondo il CEO di OVHcloud “è essenziale il raggiungimento di un’autonomia europea per poter raggiungere un rapporto di forza equilibrato e continuo con il resto del mondo. Proprio per aiutare l’Europa a gestire il suo destino è nato il Consensus di Roma”.

A un anno dal suo primo incontro, questa iniziativa ha presentato una roadmap per far radicare profondamente la Sovranità Digitale nell’ecosistema europeo. Con un approccio olistico, lavorando insieme a utenti, operatori del settore e istituzioni europee, sono stati concordati i quattro pilastri fondamentali.

  • Norme e Regolamenti per creare un ambiente condiviso, sicuro e dove vigono per tutti le stesse leggi sulla sovranità dei dati. L’UE potrebbe essere il nucleo di uno spazio di diritto digitale da estendere su scala globale.
  • Ricerca e Sviluppo da potenziare attraverso la fusione sinergica del settore pubblico e di quello privato
  • Finanziamenti e Gare che contribuiscano alla nascita di leader europei di respiro globale attraverso investimenti strategici, sostenibili e a lungo termine
  • Formazione per ovviare alla carenza di talenti, un rischio a medio termine che comprometterebbe la sovranità digitale

Anche sui pilastri del Consensus di Roma grava la consapevolezza dell’urgenza. “Ora vanno implementati in tempi rapidi e affiancati a una necessaria sovranità tecnologica. Dobbiamo lavorarci puntando con decisione su settori dove esistono ancora spazio e tempo di manovra.

Nel quantum computing e nell’intelligenza artificiale, per esempio, bisogna permettere alle aziende europee di competere alla pari con i player extraeuropei” spiega Franco Ongaro, Chief Technology and Innovation Officer di Leonardo.

È adesso che l’Europa, di fronte a un bivio, deve decidere sulla propria libertà tecnologica e digitale, economica e civile, dei prossimi decenni. Se riesce a breve a riappropriandosi di un ruolo guida sulla propria regolamentazione dei dati e sui principi di governance, ha ancora tempo per affermare la propria leadership. Vincendo questa sfida, fra qualche anno potrà veder circolare servizi all’avanguardia made in Europe in tutto il mondo assieme alla sua visione di digitale. Una visione ben diversa da quella che potrebbero importare in Europa altri player, in caso di mancato raggiungimento di autonomia strategica.

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