In apertura dell’Idc Socialytics Conference Giancarlo Vercellino, It Research & Consulting manager di Idc, ha presentato uno scenario di crescita impetuosa dei social media a cui il business non può restare indifferente. Emerge infatti un nuovo paradigma competitivo, che vede i social media come nuova leva per il marketing, strategico e operativo, anche grazie alla disponibilità di strumenti per valorizzare le dimensioni intangibili, sia in ambito B2B sia in quello B2C.
Oltre un miliardo di utenti
Facebook, 400 milioni su
Twitter e
Google+, 200 milioni su
Linkedin, per citare i social più noti, fungono da catalizzatori per gli acquisti on line che passeranno a livello mondiale (secondo i dati Idc) dagli attuali 1,6 miliardi (1 miliardo a livello personale, 600 milioni business) a quasi 3 miliardi nel 2017 (1,7 a livello personale e 1,2 business) con un incremento del 17%. Crescerà di conseguenza anche l’advertising online che raggiungerà nel 2017 i 170 miliardi di dollari, contando sul fatto che, grazie ai nuovi media, promozione e acquisto viaggiano sullo stesso canale. Questa è la novità che fa della Rete non solo un luogo di conversazioni e scambio di informazioni, ma un vero mercato a tutti gli effetti. Questo paradigma pone le aziende di fronte a un punto di discontinuità, che le spinge a trovare nuovi modelli operativi e nuove modalità di organizzazione. “Non esiste però una sola strategia, ognuno deve individuare la propria strada”, sottolinea Vercellino. Se la Rete diventa un mercato, è indispensabile analizzarlo per sfruttarne le opportunità. “Mentre in passato le analisi di mercato si basavano sulla significatività statistica, oggi si possono analizzare anche i segnali deboli che hanno costo zero”, commenta Vercellino.
Da qui la socialytics, una nuova disciplina che misura, analizza e interpreta i dati social, attraverso metriche che rientrano in 4 categorie: la misura del sentiment, della reputation, della viralità e delle conversazioni. Secondo la survey Idc, realizzata tra maggio e settembre 2013 sul mercato italiano, che ha coinvolto un centinaio di manager It e Lob, gli indicatori più rilevanti per le aziende italiane sono l’opinione sociale e la notorietà del brand, con poco meno del 60% ciascuna; seguono con il 50% indicatori di soddisfazione del cliente e fedeltà, da ultimi, con percentuali attorno al 25%, vengono gli indicatori del processo di vendita ed economico-finanziari. Va però sottolineato che le opinioni sono diverse fra It a Lob. Le seconde sono per esempio molto più attente (con circa il 65%) al brand e agli indicatori relativi al processo di vendita (oltre il 40%) rispetto all’It. In ogni caso, la grande maggioranza delle imprese (87%) dichiara di aver veicolato una parte delle proprie comunicazioni attraverso i social media.
I progetti social media spiazzano l’It aziendale
Per quanto riguarda il livello decisionale, le strategie vengono stabilite nel 90% dei casi dal top management o dalle Lob (line of business) che definiscono gli obiettivi da raggiungere attraverso i nuovi strumenti, mentre solo il 10% assegna all’It la decisione. Anche per quanto riguarda l’implementazione, l’It ha un ruolo marginale: solo il 16% ha autonomia nell’implementazione delle direttive strategiche, mentre nell’84% dei casi questo ruolo è attribuito alle Lob. Ma ci sono spazi affinché il Cio possa portare il proprio contributo, grazie alla permanenza di aree di criticità nella road map di adozione dei social media. La criticità principale è considerata, per il 60%, l’identificazione delle priorità strategiche e dei bisogni informativi. E anche per quanto riguarda la difficoltà di condurre analisi formali e trarre conclusioni (indicate dal 38%) l’It potrebbe fornire supporto quanto meno suggerendo gli strumenti appropriati.
Nonostante i social media siano ormai considerati di primaria rilevanza per il posizionamento competitivo dell’azienda, permane una certa confusione nei modelli da adottare o adottati che l’It potrebbe contribuire a ridefinire. Un quarto delle aziende non ha ancora deciso come gestire i social media, il management sta infatti ancora valutando l’approccio e il modello organizzativo da adottare.
Per quanto riguarda il futuro, oltre il 60% degli intervistati intende investire in social media generalisti, per circa il 45% in Enterprise social network and collaboration (soluzioni di social networking specifiche per il mondo aziendale, per mettere in relazione in una logica “social” e collaborativa dipendenti, utenti, partner, fornitori ecc.) e attorno al 40% in microblogging. Il 70% di chi impiega un canale social punta a gestire in modo più strutturato le informazioni ricorrendo a soluzioni specifiche. Il 37% pensa a soluzioni di reportistica, mentre il 26% si rivolge a tecnologie per l’acquisizione di dati non strutturati da fonti esterne e il 22% a soluzioni per l’analisi del comportamento online degli utenti; per ora meno popolari risultano soluzioni per l’analisi semantica delle conversazioni (17%) e soluzioni complesse come folknomics (sistema di classificazione delle persone sulla base dei loro percorsi di navigazione) e tassonomie ontologiche.
Le prospettive di investimento, in termini di canali presidiati e di analytics, sono direttamente proporzionali alla disponibilità di spesa marketing e It, nel loro complesso. Dal che si conclude, non solo per questioni di budget, ma di efficacia, che l’alleanza fra marketing e It in una prospettiva social media analytics sia indispensabile.