L’entusiasmo dei consumer e le scommesse degli investitori non sono garanzia di concretezza e valore, ma obbligano comunque a guardare al metaverso con attenzione. Immaginato nel 1992, trent’anni dopo sta iniziando a prendere forma. Per gli early adopter è quindi arrivato il momento di contribuire al suo sviluppo influenzandone la direzione e sbloccandone le potenzialità disruptive. Le intravedono anche gli investitori che, secondo il recente report di McKinsey, hanno puntato sul metaverso solo nell’ultimo anno oltre 13 miliardi di dollari.
Metaverso e Web3: prospettive immersive permanenti, funzionali e interoperabili
L’attuale status di “work in progress” rende difficile dare una definizione precisa e univoca del metaverso. Quella che mette tutti d’accordo lo descrive come la prossima iterazione di Internet che unisce senza soluzione di continuità vita digitale e fisica. Per non limitare l’immaginazione dei creatori, oltre non ci si spinge pur indicandone alcuni irrinunciabili aspetti chiave: immersività, interattività in real time e interoperabilità tra piattaforme e dispositivi. Per il resto si ragiona per sottrazione:
- Non sostituisce la vita reale, ma la estende completandola e migliorandola.
- Non esistono più metaversi, ma in esso coesistono tanti mondi digitali e il mondo fisico.
- Non è solo AR/VR ma include molte altre tecnologie.
- Non è (solo) gioco, già lo si usa per fitness, viaggi, istruzione e shopping.
- Non è solo per uomini giovani. I millennial sono più entusiasti della Gen Z e il 46% degli utenti è donna.
Il “non” più importante è però quello che distingue il metaverso dal Web3. Il primo si basa su esperienze immersive sia centralizzate che decentralizzate. Il secondo, invece, spinge verso la decentralizzazione e favorisce l’interoperabilità, abilitando un nuovo paradigma che regala opportunità e nuove prospettive. Nel Web3, infatti, utenti e creator possono controllare e utilizzare i propri dati e i propri lavori traendone vantaggio.
Abbracciando questo approccio, le applicazioni metaverse beneficerebbero di permanenza, funzionalità e interoperabilità maggiori rispetto alle esperienze VR del Web 2.0. È un passaggio ambito, quindi, ma non immediato. Ci aspettano almeno quattro fasi: creazione di soluzioni per l’identificazione digitale degli utenti, ottimizzazione della UX, miglioramento dell’interfaccia grafica, unificazione dell’accesso a risorse ed esperienze. Pur avendo una roadmap priva di asse temporale, quella verso il metaverso Web3 è la prospettiva a cui i decision maker dovrebbero guardare per valutare quanto credere a questo nuovo trend.
B2B, B2C e PA alle prese con l’attuale proto-metaverso
Tra i primi a beneficiare della convergenza metaverso-Web3 saranno i creator. Per loro sarà infatti più semplice distribuire e monetizzare contenuti, ma anche gli utenti avranno dei vantaggi. Questa almeno è la speranza di chi manifesta un malcontento verso il Web 2.0 nutrito dalla disinformazione, dai pericoli legati alla privacy e dal rischio di dipendenza.
In attesa di questa evoluzione, fioccano esempi di utilizzo del “proto-metaverso”, sia B2B che B2C.
Nelle aziende migliora soluzioni esistenti e ne introduce di nuove dedicate a categorie specifiche o intersettoriali. Gli ambiti maggiormente esplorati sono la collaborazione a distanza, la formazione della workforce e la creazione di digital twin. Per i consumer, invece, oggi metaverso significa soprattutto gioco, socializzazione, fitness, shopping e apprendimento a distanza. Il 59% non vede l’ora di trasferirvi queste attività sognando anche viaggi virtuali in mete esotiche, per ora irrealizzabili.
Anche governi e istituzioni si stanno interrogando sul metaverso, con più o meno diffidenza, grandi o minimi investimenti. I più entusiasti hanno già lanciato iniziative per rendere i propri servizi più efficaci e personalizzati, non più “a domanda” ma propositivi. La Corea del Sud ha varato un vero e proprio “Piano di base del metaverso di Seoul” incentrato su libertà civica, partecipazione, impegno e comunicazione
Più investimenti dell’AI ma il metaverso pretende tecnologie
Nel 2021 le ricerche su Google per “metaverso” sono aumentate del 7.200%. Sicuramente qualcuna era degli investitori che tuttora faticano a separare l’hype dalla realtà. Pur notando che l’infrastruttura di supporto si sta rapidamente evolvendo, “soffrono” la scarsità progettata nelle piattaforme attuali che aumenta il rischio di investimento. L’impressione di essere di fronte a un “big reset” ha spinto però molti a osare lo stesso; infatti, nel 2022 sono stati investiti in totale sul metaverso oltre 120 miliardi di dollari, più del doppio rispetto ai 57 del 2021.
I più interessati sono le big tech che desiderano “presidiare” l’area, i Venture Capital che vogliono giocare d’anticipo e le aziende non-tech che vogliono bruciare la concorrenza e stupire i clienti. Anche i settori che guidano l’adozione del metaverso dedicheranno una quota significativa del budget al metaverso: l’energia (18%), l’automotive e i macchinari (17%), la deep tech (17%), il turismo (15%) e l’intrattenimento (15%).
A incoraggiare gli investimenti sono soprattutto i progressi tecnologici in corso, relativi principalmente alla blockchain, al 5G e all’interoperabilità. A evitare un boom ancora più detonante dei capitali scommessi sono i passi ancora da compiere, tutt’altro che banali. Se ne attendono infatti nei back-end engine per ottenere esperienze più coinvolgenti, ma vanno anche risolti i problemi di latenza con una maggiore diffusione dell‘edge computing. Le performance del 5G devono migliorare come anche la qualità e l’offerta dei dispositivi che fondono mondo fisico e virtuale.
Infrastrutture, piattaforme e virtual word: opportunità e “doveri” per le tech
La palla passa così in mano ai protagonisti del mondo della tecnologia, assieme alla lista di “to do” per sbloccare lo sviluppo del metaverso. Alcuni riguardano l’infrastruttura di calcolo che deve garantire una migliore qualità degli ambienti immersivi. Anche migliorare l’infrastruttura di rete sarà fondamentale per risolvere il problema del lagging e quello del buffering.
Entrambi impattano fortemente sulla qualità dell’esperienza utente, molto legata anche all’hardware. Per i device serve pazienza però: almeno cinque anni per l’AR/VR e altri cinque per l’XR con lenti a contatto e interfacce cervello-computer.
Le aspettative che investitori e utenti nutrono verso le tecnologie per il metaverso sono un’enorme opportunità per le aziende del settore, un’opportunità distribuita in tre aree:
- Infrastruttura: le esperienze 3D in tempo reale a miliardi di individui saranno possibili solo risolvendo i problemi di latenza, migliorando l’efficienza computazionale, innovando i dispositivi e ottimizzando l’utilizzo di edge computing e cloud.
- Strumenti e piattaforme per gli sviluppatori: la qualità e la monetizzazione dei contenuti è legata ai miglioramenti dei tool di progettazione, dei motori di base, del rendering e dei servizi di back-end. Vincente sarà l’uso dell’AI per tracciare e prevedere i movimenti e ottimizzare le operazioni.
- Mondi virtuali. Oggi esistono più di 100 virtual world, ma quasi sempre incentrati su esperienze di gioco o social. Servono nuove proposte, sempre con alti livelli di interoperabilità.
Chiunque voglia quindi contribuire alla messa a terra di questo fenomeno “liberamente tratto” da un romanzo ai tempi distopico, ha spazio per farlo. Stavolta potrebbe però essere uno spazio più competitivo e con un maggiore bilanciamento del valore legato all’atto creativo. Se chi lo sta plasmando non ricade nelle dinamiche che hanno reso il Web 2.0 un posto così “sgradevole” da dover immaginare il Web3.