Il senso della prospettiva

Il Cio e i sistemi informativi devono saper fare uno scatto, decidere: garantire quanto basta (con budget e strutture dedicate) l’elemento di governance tecnologica ma soprattutto saper impostare una indispensabile visione evolutiva strategica dell’infrastruttura Ict, che vada a sostanziare l’esigenza di flessibilità organizzativa e di business che è oggi alla base dell’attività aziendale

Pubblicato il 17 Apr 2014

Che oggi aziende e persone siano costantemente “centrifugate” da elementi quali velocità, complessità, informazione continua, continuo cambiamento, ricerca di nuove opportunità, è sotto gli occhi di tutti. Nei nuovi modelli competitivi di impresa, così come nell’evoluzione dei singoli individui, questi elementi connotano l’orizzonte di riferimento con il quale oggi ci si deve misurare.
Qual è la risposta tecnologica a questo scenario? La tecnologia enterprise, e al contempo anche quella personale, si sono profondamente modificate negli ultimi anni. Per restare sul fronte aziendale, modelli di flessibilizzazione nella fruizione di servizi e applicazioni, opportunità sul versante dell’analisi dei dati per interpretare la complessità dei mercati e le specificità degli utenti, soluzioni collaborative social e fruizione del tutto su ogni tipo di device, sono oggi realtà da sfruttare per migliorare la capacità competitiva dell’impresa. E anche nell’informatica personale, l’abbiamo sperimentato su noi stessi, vediamo con quale velocità siamo stati “connessi” al Web, sempre con ogni tipo di device possibile, impostando, più o meno consapevolmente, nuove opportunità di conoscenza, di relazione, di socializzazione. Il tutto in pochissimi anni.
Come possiamo oggi guardare a questi fenomeni da una prospettiva più completa, più ampia, che non sia solo il frutto del continuo affastellarsi di nuove tecnologie e nuove modalità digitali che sempre più spesso ci obbligano a una rincorsa della quale, talvolta, si perde il significato compiuto?
Guardiamo al fronte enterprise, a come cercare di interpretare, e soprattutto correttamente implementare, queste evoluzioni tecnologiche che sono sempre più alla base della capacità dell’azienda di sapersi trasformare e proporre in un’economia che va rapidamente digitalizzandosi.
La rapida successione, negli ultimi anni, di tecnologie cosiddette “disruptive” ha reso esplicito uno scenario nel quale l’azienda, attraverso i propri modelli organizzativi, i propri processi e certamente le proprie infrastrutture informatiche, sta intraprendendo un percorso di flessibilizzazione, una capacità, ancora tutta da costruire, di saper diventare “azienda liquida”, cioè che si trasforma e agisce contestualmente alle diverse variabili di mercato e opportunità di business che si presentano. Un percorso difficile, nel quale il fattore culturale dell’accettazione del cambiamento continuo, sia organizzativo generale sia individuale, gioca un ruolo di primo piano. In questo scenario e in questa fase, il CIO e i sistemi informativi devono saper decidere, così da garantire quanto basta (con budget e strutture dedicate) l’elemento di governance tecnologica, ma soprattutto saper impostare una indispensabile visione evolutiva strategica dell’infrastruttura Ict, che vada a sostanziare l’esigenza di flessibilità organizzativa e di business che è oggi alla base dell’attività aziendale. Saper sviluppare questa visione è a nostro avviso fondamentale per la sopravvivenza di un ruolo, quello dei sistemi informativi, che possa essere al centro e parte attiva di questa trasformazione. Significa identificare sistemi e architetture che aumentano il proprio livello di automazione e intelligenza, individuare i corretti servizi che devono poter usare facilmente gli utenti aziendali, traguardare uno sviluppo di progetti Ict sempre e soltanto dalla prospettiva dell’utente/cliente, sviluppandoli in stretta connessione con i responsabili di business; significa anche saper cosa esternalizzare e cosa no. E in questa esternalizzazione capire cosa viene fatto perché scarsamente strategico e cosa viene esternalizzato perché, proprio in quanto strategico, ha senso che venga fruito magari as a service (acquisendo così rapidamente anche competenze di punta che l’azienda non saprebbe sviluppare). Una scelta guidata, quindi, non solo da logiche di costo, ma soprattutto dal disegno strategico orientato alla creazione di valore di business. Questo significa visione di prospettiva, creazione di una infrastruttura, nel senso più ampio del termine (non solo tecnologica ma anche organizzativa), orientata, nei suoi sistemi, reti, sicurezza e servizi, al business.
E sul fronte personale, individuale? Qui vi sottopongo una riflessione che prende spunto da un nostro recente evento che abbiamo organizzato pochi giorni fa a Milano: un incontro con Richard Stallman, il padre del Free software e creatore di GNU/Linux. Stallman è un integralista; può non piacere ed essere visto, dai più, come “arcaico”. Propugna una logica di disconnessione, di utilizzo ortodosso di solo software libero per evitare che le persone, proprio attraverso il software proprietario che usiamo quotidianamente, vengano tracciate, controllate, vincolate da un utilizzo di servizi attraverso software disegnato, secondo la sua filosofia, allo scopo di poter invadere la libertà individuale di ognuno di noi. La nostra dipendenza dal Web è oggi innegabile; l’economia va sviluppandosi su modelli di digitalizzazione spinta; la domanda è: quali modelli relazionali vanno costruendosi oggi in questa evoluzione? Qual è il livello di libertà che stiamo disegnando? Che garanzie abbiamo di non fruizione malevola dei nostri dati, delle nostre abitudini, dei nostri orientamenti e dei nostri gusti? Ecco a mio avviso la funzione di Stallman, un guerrigliero che ci ricorda, nella “centrifuga digitale” in cui quotidianamente ci muoviamo, di non perdere di vista il disegno globale di società che oggi andiamo costruendo, tutti quanti, più o meno consapevolmente. Non perdere di vista una nostra dimensione individuale e di libertà di espressione e di relazione in una società che cambia è un punto sul quale rimodulare la prospettiva di una rivoluzione digitale che ci dovrà vedere protagonisti e non soltanto soggetti potenzialmente molto più  manipolabili che in passato.

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