Cloud: prepararsi organizzando l’azienda al proprio interno

Il modello as-a-service come elemento di flessibilizzazione aziendale: adeguare infrastruttura e organizzazione, prepararsi all’integrazione, non nascondersi dietro ‘falsi problemi’ e avere il coraggio di sperimentare ed evolvere. Possiamo riassumere così gli elementi chiave di dibattito emersi nel corso di un recente Executive Cocktail di ZeroUno tenutosi a Roma, prima tappa di un “Cloud Tour” realizzato in collaborazione con Dell e Intel per capire come le aziende stiano evolvendo verso il modello as-a-service.

Pubblicato il 16 Mag 2014

ROMA – Nel corso del 2014, il 60% di tutto il workload che gira sui server sarà virtualizzato. Un dato Idc decisamente importante che si affianca alle previsioni che vedono entro il 2016 più della metà del traffico nei data center provenire da soluzioni cloud.

Un trend che risponde alle necessità delle imprese di rispondere in modo tempestivo, in real time se non addirittura anticipandole, alle profonde trasformazioni dei mercati. Se adottate in modalità ‘as a service’, infatti, scelte e politiche di disaster recovery e business continuity, analisi delle informazioni, sicurezza, mobility, social e collaboration potrebbero dare rapidamente una risposta alla complessità trasformativa del business.

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“La tanto ‘agognata’ flessibilizzazione del business deve necessariamente ripercuotersi su elementi di carattere organizzativo e di processo e naturalmente su scelte tecnologiche basate su un disegno infrastrutturale adeguato”, invita a riflettere Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, aprendo il dibattito durante un recente Executive Cocktail organizzato in partnership con Dell e Intel: “il Cloud è una di queste azioni, ma è anche un percorso che deve essere portato avanti con attenzione e visione di prospettiva”.

Strategie non semplici da attuare; non a caso oggi il 68% delle risorse della spesa cloud complessiva è dedicato al private cloud. Per le imprese che hanno stratificazioni infrastrutturali e applicazioni on premise complesse, infatti, non è facile né adottare un full public cloud né integrare in modelli ibridi servizi esterni. Il modello as-a-service, d’altronde, rappresenta la via primaria per la flessibilizzazione It, basilare per l’agilità di business, e il percorso sembrerebbe quasi ‘obbligato’, per lo meno già ampiamente tracciato. “Fino a che punto possiamo ‘esasperare’ i sistemi legacy aziendali per adeguarli alle variabili di mercato e alle esigenze di business di oggi?”, chiede infatti Uberti Foppa, aggiungendo però che “il cloud non può essere valutato solo per gli aspetti tecnologici in termini di migliori performance o di maggiore controllo dei costi, ma per come questa scelta possa produrre valore per l’azienda (non solo per l’It quindi), dalla prospettiva dell’utente (interno ed esterno)”.

“Sono le esigenze di business a trainare il processo evolutivo delle dotazioni Ict”, commenta a tal proposito Riccardo Zanchi, Partner di NetConsulting. “Oggi il mercato del public cloud cresce a ritmi del +40% anno su anno, trainato da scelte di tipo Iaas e Paas; il modello private cresce ogni anno del 20% e guida principalmente progetti di cloud transformation interni alle grandi realtà aziendali. Tuttavia, i driver sono ancora fortemente legati alla ‘letteratura’ Ict con focalizzazioni su scalabilità, agilità, flessibilità dei costi, più che sugli impatti nelle strategie di business”.

Le esigenze di business guidano le scelte cloud

“Il cloud deve rappresentare un percorso, non è la panacea di tutti i mali”, commenta Fabrizio Garrone, Solution Manager di Dell, che parte dall’esperienza della propria azienda: “Noi stessi siamo partiti da un processo di standardizzazione per modificare il rapporto 80/20 (80% di risorse Ict destinate a mantenere l’esistente, 20% per progetti innovativi) e ciò è avvenuto in modo graduale, attraverso una strategia e un approccio evolutivo. Oggi abbiamo raggiunto un rapporto di circa 48/52: standardizzazione, consolidamento, virtualizzazione e alla fine cloud, ci hanno permesso di destinare la maggior parte di tempo e risorse al core business aziendale per fare innovazione”.

“Oggi le tecnologie sono disponibili e consentono di affrontare percorsi evolutivi importanti; tuttavia i modelli di utilizzo da parte delle aziende sono diversificati poiché differenti sono i contesti, sia di business sia sul piano tecnologico/infrastrutturale – aggiunge Marcello Marino, Business Development Manager di Intel -. Il percorso verso il cloud, nella nostra visione, deve necessariamente essere affrontato in ottica business perché non rappresenta solo un modo di flessibilizzazione It, ma un nuovo modello di erogazione di servizio e, in quest’ottica, l’It è esso stesso business e non ‘asservito’ ad esso”.

“Portare modelli as-a-service sul ‘nuovo’ è decisamente più semplice; dove invece già esistono workflow definiti, il cloud presenta problemi di integrazione non trascurabili – osserva Flavio Ercolani, Responsabile Infrastruttura Tecnologica di Anas -. Nella Pubblica Amministrazione il percorso di adozione al cloud è abbastanza complesso perché esistono gare di appalto e processi piuttosto rigidi da rispettare; tuttavia la virtualizzazione ha avuto un impatto decisivo, positivo, sui tempi di approvvigionamento dell’Ict. Nel nostro caso specifico, il cloud è risultato essere una risposta efficace sul fronte mobile: è la base tecnologica grazie alla quale riusciamo a garantire servizi applicativi e Ict in mobilità, su smartphone e tablet, agli operatori che lavorano sul campo”.

Il mobile ha guidato le scelte cloud oriented anche per Daniele Esposito, Incaricato Innovazione e Tecnologie di Banca Fideuram: “Al nostro interno, la struttura Innovazione conta figure di Business Analyst che hanno il compito di recepire le esigenze del business e ‘tradurle’ in opportune scelte tecnologiche; è così che abbiamo identificato le primarie aree di intervento e le modalità attraverso le quali introdurre il cloud in azienda; un lavoro che si è concretizzato, come primo step, quale elemento abilitatore di servizi in mobilità di private banking [l’insieme di servizi finanziari e consulenziali personalizzati dedicati alla gestione del patrimonio del cliente ndr]”.

Le esigenze di business ‘particolari’ rappresentano invece ancora una sorta di freno per Enel Servizi, come raccontato da Maurizio Fragale, Architecture and Technology Standardization: “Siamo in una fase di omogeneizzazione della struttura e dei servizi e le necessità di business molto puntuali non consentono ancora di aprirci a modelli di cloud pubblico; risolviamo attraverso risorse interne le varie problematiche di innovazione e sviluppo anche per una certa mancanza di expertise all’esterno. Vediamo perciò il cloud come una risposta certamente valida, ma per processi e applicazioni ancora non core”.

Di visione opposta invece Alessandro Musumeci, Direttore Centrale Sistemi Informativi di Ferrovie dello Stato, azienda all’interno della quale il cloud ha rappresentato un volano di innovazione proprio su servizi core e mission critical. “La leva principale di evoluzione dell’Ict in direzione cloud è stata proprio il business che aveva necessità di riuscire, attraverso la tecnologia, ad offrire servizi di valore alla clientela per essere maggiormente competitivi sul mercato – spiega Musumeci -. Queste esigenze hanno portato l’Ict a ragionare su nuovi servizi applicativi, critici in quanto riguardavano processi core come le prenotazioni, le biglietterie, i turni del personale, ecc. Il cloud, portato a livello infrastrutturale ma anche a livelli architetturali superiori, fino a determinate applicazioni, è stata la risposta non solo più veloce ma anche più efficace”.

Non ‘nascondiamoci’ dietro la sicurezza…

“Speed ed Execution” sono le due parole chiave per raggiungere flessibilità e agilità di business ma, sul fronte tecnologico, riuscire ad avere una perfetta integrazione tra risorse interne ed esterne comporta interventi organizzativi e infrastrutturali su due fronti:

1) predisporre l’Ict interno per essere ‘pronto al cloud’;

2) garantire l’utilizzo realmente flessibile delle risorse di public cloud.

“Un percorso ancora ‘frenato’ da diversi elementi”, commenta Zanchi. “La sicurezza è ancora citata come fattore critico da alcune realtà ma a mio avviso è ormai una ‘scusante’, è un deterrente semplice per non sperimentare e non avviare percorsi evolutivi che, certamente, sono difficoltosi e richiedono sforzi anche sul piano dei processi e delle competenze”.

“La sicurezza non può mai essere trascurata – interviene Paolo Capodanno, Cio di Elettronica -, è determinante nelle scelte aziendali, siano esse tecnologiche o meno. Tuttavia concordo sul fatto che non possa più essere vista come ostacolo: rappresenta un ‘falso’ problema”.

“Dal punto di vista enterprise, la sicurezza potrebbe anche rappresentare una leva di business”, aggiunge Fabrizio Marcelli, Information Security Manager di 3 Italia. “L’importante è che anche la sicurezza, come l’It, parli la lingua del business: nel nostro caso la security è un fattore di business preponderante”.

“Il vero ‘freno’, se così lo vogliamo intendere, è rappresentato dai sistemi legacy: le aziende non sono ancora pronte ad avere quella flessibilità tecnologica e di business perché i complessi substrati tecnologici esistenti rappresentano un limite”, spiega Zanchi.

“Quella dell’integrazione tra le soluzioni cloud e le infrastrutture esistenti è una problematica davvero complessa – commenta Capodanno -. Non tutte le soluzioni cloud, oggi, riescono ad integrarsi con processi di business esistenti e non sempre rivedere il processo può rappresentare la via migliore. È fondamentale avere un piano di sviluppo, evoluzione, integrazione a lungo termine per evitare di creare ‘silos di cloud’, altrimenti la complessità rimane, anzi cresce, e la flessibilità attesa non si raggiunge”.

… affrontiamo il viaggio

I relatori da sinistra Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno, Riccardo Zanchi, partner di NetConsulting, Fabrizio Garrone, Solution Manager di Dell e Marcello Marino, Business Development Manager di Intel

“Il primo step è decidere il punto di arrivo – dice Zanchi -, dopodiché definire i vari layer su cui intervenire attraverso una strategia chiara e un processo di governance diverso da quello ‘tradizionale’, più orientato alla ‘smart orchestration’”.

“Il percorso verso il cloud dipende in maniera determinante da quanto un’azienda è ‘informatizzata’ al proprio interno – commenta Marco Mendicelli, Experienced Information System Specialist di Bulgari -. Noi siamo partiti da un modello di private cloud con un approccio graduale e abbiamo ancora qualche dubbio sui modelli di cloud pubblico”.

Che si tratti di un ‘viaggio’ da affrontare per piccoli passi è la visione comune e diffusa non solo tra le aziende utenti ma anche tra i vendor, come ha spiegato precedentemente Garrone raccontando la strada intrapresa dalla stessa Dell. “Come abbiamo potuto capire anche dal dibattito di oggi, le tecnologie sono disponibili e mature – aggiunge a tal proposito anche Marino di Intel -: il passaggio al cloud di tipo pubblico offre più opportunità in termini di dinamicità, ma il percorso va costruito prima dall’interno. È fondamentale identificare le scelte primarie per liberare risorse da destinare poi al nuovo”.

“Serve una strategia sulla quale collocare i passi evolutivi – conferma in chiusura di dibattito Elia Pinto, It Architect di Banca d’Italia -. In una realtà come la nostra, in passato, sono state fatte importanti scelte di open source, risultate certamente efficaci ma oggi non più sufficienti e non più ‘performanti’ rispetto alle nuove esigenze e, non banale, alle aspettative degli utenti. L’It non è più strumentale, è già business esso stesso; in alcuni casi sono gli utenti stessi a chiedere il cloud, anche sotto forma di Paas. Il rapporto con il legacy è limitante, tuttavia le esigenze di controllo dei costi, nonché di un business più agile e mobile, ci ‘costringono’ a guardare al cloud come risposta di valore”.


CONTINUA IL CLOUD TOUR ORGANIZZATO DA ZEROUNO IN COLLABORAZIONE CON DELL E INTEL

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