Come gestire il potenziale umano in azienda? La prima risposta che viene naturale al “classico” responsabile Hr di una grande organizzazione potrebbe essere la seguente: utilizzare la tecnologia informatica per coniugare la formazione delle risorse disponibili con il raggiungimento degli obiettivi di business.
Analisi lucida ed essenziale che però comporta doverosi approfondimenti, a cominciare da quelle regole non scritte che ormai connotano il fattore “human resource” quale grande differenziatore richiedente massima flessibilità di gestione e che confermano come modelli di competenza definiti chiaramente possano divenire un parametro strategico per lo sviluppo dell’attività aziendale. L’information technology, in questo quadro, deve quindi intendersi, come del resto succede ormai in tutti i processi chiave di “business development” e di “project management” della grande impresa, lo strumento con il quale identificare e certificare i modelli, tradurli in procedure dinamiche ed estenderli in modo organico a tutti gli elementi dell’organizzazione.
Competenze da formare e valorizzare, attraverso l’It
ZeroUno ha voluto entrare nel merito della tematica raccogliendo le impressioni di chi con le risorse umane e la loro evoluzione ha a che fare quotidianamente.
Fra knowledge management e outsourcing
La riflessione di
Presupposti, quelli appena rilevati e commentati, che portano inevitabilmente a disquisire sull’opportunità o meno di ricorrere all’outsourcing delle risorse umane. “Esternalizzare con attenzione alcune funzioni – secondo Decastri – ha senso e per vari motivi. Ricorrendo all’outsourcing e affidando all’esterno alcuni processi di Hr management, dalle attività amministrative ripetitive come le buste paga alla gestione della formazione, cambia il ruolo del direttore del personale, che di fatto diventa un sofisticato “buyer” di competenze con compiti ben precisi: sviluppare professionalità interne sui task più complessi e sofisticati, governare la ricerca e lo sviluppo della conoscenza, gestire le relazioni con il ‘cliente management’, scegliere e controllare il fornitore esterno”. Il ricorrere a un progetto di delocalizzazione delle competenze richiede in ogni caso scelte oculate, che Decastri non ha mancato di mettere in evidenza: “Il provider di funzioni Hr deve essere scelto sia sulla base di criteri analitici e verificabili, in tal senso diviene determinante saper costruire e controllare i service level agreement, sia sulla base di una conoscenza “fiduciaria” dell’azienda fornitrice, per cui assume rilevanza strategica la capacità intuitiva del direttore del personale nella lettura dei segnali deboli”. A prescindere dalle modalità con le quali il fattore Hr può e deve gestito e sviluppato, quello che sta avvenendo in seno a molte (grandi) organizzazioni ci sembra ben riassunto nelle parole conclusive di Decastri: “Cambiano e stanno cambiando, di pari passo con le dinamiche di ruolo, anche le regole di gestione del potere e l’approccio strategico alle risorse umane: destinare meno tempo per le attività correnti significa anche la possibilità e il dovere di assegnare più attenzione ed essere più dentro ai processi di gestione del potere e delle strategie aziendali”.
L’ANALISI DI SDA BOCCONI
Un campione di oltre 400 imprese per misurare quanto può essere strategica la voce risorse umane in azienda, per smentire o confermare il luogo comune che vede solo i settori in salute investire seriamente in soluzioni di Hr management mirate. La tesi secondo cui l’andamento dell’economia si riflette sul valore attribuito ad addetti e formazione, che viene di fatto penalizzato nelle fasi di stagnazione congiunturale, è l’antefatto sul quale i responsabili dell’Area Organizzazione & Personale SDA Bocconi hanno elaborato una serie di risposte tendenti a rilevare l’attuale relazione fra capitale umano e i risultati conseguiti dall’azienda. L’indagine ha messo a fuoco tematiche assai attuali e che oggi contraddistinguono l’evoluzione del sistema aziendale nel suo insieme e quindi le “practice” di Hrm che caratterizzano le imprese con elevate performance, le diverse percezioni delle direzioni del personale e dei clienti interni (top management e addetti di line) in rapporto alle attività critiche nella gestione delle persone, i pro e i contro dell’esternalizzazione di particolari processi di gestione delle risorse umane. Fra i vari indicatori emersi, due inquadrano fedelmente le abitudini di fondo delle organizzazioni italiane: le dimensioni aziendali (fatturato e numero di dipendenti) non mostrano alcuna relazione statisticamente significativa con l’importanza delle diverse attività di Hrm, mentre al crescere del numero dei dipendenti cresce l’autonomia attribuita dal top management alla direzione del personale. Più nel dettaglio, l’analisi di Sda Bocconi ha detto che il ricorso all’outsourcing è sempre più diffuso (perché pagante in termini di benefici prodotti) per quanto riguarda l’amministrazione, la selezione e la formazione del personale e che il ruolo dell’It diventa sempre più importante, ma non viene ancora inteso quale reale strumento a valore aggiunto per evolvere i processi bensì solo per automatizzarne meccanicamente alcune attività. L’ingerenza del top management sulle questioni del personale è più marcata laddove il ruolo degli addetti è maggiormente legato alla produzione del business ed è purtroppo ancora frequente registrare superiori budget di spesa per attività di “downsizing” del personale (tagli incentivati) che non per progetti di “outplacement” mirati per rispondere a nuove esigenze del mercato. (G.R.)
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