La nuova frontiera dell’Hr outsourcing

L’Hr outsourcing è, secondo i principali analisti del mercato It, una delle nuove frontiere a cui guardare nell’ambito di quel processo di trasformazione funzionale e organizzativa a cui stanno e devono tendere le imprese che operano sul mercato globale.
Gestire il proprio capitale umano affidandosi a outsourcer e strumenti digitali sta diventando una “sana” abitudine anche in numerose aziende italiane

Pubblicato il 21 Ott 2005

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Lo scorso febbraio, Accenture HR Services ha rinnovato con il gruppo British Telecom un contratto dal valore di 575 milioni di dollari (per 10 anni) ed esteso a 38 diversi paesi in cui opera il carrier delle Tlc inglese, oggetto della fornitura di servizi di gestione delle risorse umane erogati in modalità business process outsourcing. L’accordo di cui sopra è stato preso a titolo di esempio d’eccellenza da Gartner per scattare una fotografia aggiornata sulla propensione delle aziende europee a delegare a provider esterni l’operatività di funzioni fino a ieri di competenza di risorse umane impiegate al proprio interno. La riluttanza che fino a oggi ha accompagnato le imprese nello sposare progetti di outsourcing che andassero oltre la gestione dell’infrastruttura It e delle applicazioni “non core” sembra stia progressivamente venendo meno, così come si sono parzialmente ridimensionati i dubbi circa i reali benefici ottenibili in termini economici globali. Anche in virtù di un’offerta (di servizi) che nel tempo è cresciuta sensibilmente dal punto di vista qualitativo, l’Hr outsourcing è, secondo i principali analisti del mercato It, una delle nuove frontiere a cui guardare nell’ambito di quel processo di trasformazione funzionale e organizzativa a cui stanno e devono tendere le imprese che operano sul mercato globale. Il consiglio che emerge dalle analisi di Gartner è quindi quello di monitorare a intervalli costanti i vantaggi ottenibili da servizi di business process outsourcing delle risorse umane per evitare di fatto il rischio di trovarsi ai margini di un’evoluzione di competenze sempre più dinamica.
Gestire il proprio capitale umano affidandosi a outsourcer e strumenti digitali sta diventando una “sana” abitudine anche in varie aziende italiane. A profetizzarlo è un’indagine condotta sul campo nel 2004 dal centro di ricerche I-Lab dell’Università Bocconi di Milano. Migliorare la qualità dei processi di Hr e valorizzare le risorse in essere assume in molti casi la valenza di esigenza strategica ed ecco quindi che le imprese del Belpaese (settore servizi in primis e bacino del Nord Ovest in particolare) sono più sensibili che nel recente passato al possibile utilizzo di tecnologie abilitanti programmi di formazione, di ricerca e selezione del personale e nella valutazione delle prestazioni. I dati elaborati da I-Lab sono decisamente interessanti: individuare i profili specifici e funzionali all’attività aziendale è un compito che nel 45% dei casi viene demandato a società specializzate, le classiche funzioni amministrative (buste paga e simili) vengono esternalizzate in un caso su tre (35%) mentre l’intervento di provider terzi per l’attività di formazione degli addetti è ricorrente nel 32% dei casi.

Ridurre i costi e aumentare il valore
Le ragioni che potrebbero indurre un’azienda a ricorre all’outsourcing nell’area delle risorse umane non mancano. Le ha elencate Lucio Fumagalli, amministratore delegato di Accenture Hr Service nel suo intervento al primo congresso, organizzato a Firenze da Somedia, su risorse umane e organizzazione: “Al responsabile delle risorse umane l’amministratore delegato chiede innanzi tutto di contenere i costi, poi di flessibilizzarli e infine di operare per gli obiettivi di crescita dell’azienda”. Ma quali costi ridurre, si chiede, visto che le strutture Hr in Italia sono già molto “asciutte”? E come gestire la complessità necessaria per aiutare l’azienda a crescere? Il responsabile Hr deve ad esempio dialogare sia con i manager sia con i loro collaboratori, che hanno culture professionali e personali diverse fra loro e al loro interno; deve interpretare al meglio la strategia dell’impresa e fare in modo che il capitale umano sia inserito alle condizioni economiche più vantaggiose, garantendo il massimo livello di flessibilità. Ma al tempo stesso spende un’enorme quantità di tempo in attività brutalmente operative.
La soluzione va trovata sapendo che le strutture sono già ridotte al minimo, le disponibiltà di investimento scarse, la sfida competitiva ampia. La quadratura del cerchio consiste nel ridurre i costi complessivi, aumentando però la quota parte a disposizione per la creazione del valore.
Non è però detto a priori che la soluzione sia tout-court l’outsourcing. “Alcune aziende molto avanzate sostengono ad esempio che non siamo in una situazione in cui si deve aumentare la delega all’esterno, ma va invece aumentato lo streamline dei processi, si deve semplificare, dotarsi di strumenti e soluzioni facilmenete accessibili. La soluzione potrebbe anche essere un sistema informativo integrato, non troppo costoso e di facile utilizzo; potrebbe anche non essere migliore di soluzioni precedenti per gli aspetti funzionali, ma garantirebbe unitarietà ed offrirebbe la capacità di assistere tutto questo grande processo”, ci ricorda Fumagalli.
Si possono dunque seguire due strade per concentrarsi su quanto produce valore: coinvolgere un partner a cui chiedere di occuparsi dei processi operativi, garantendo costi minori grazie a efficienze di scala, oppure dotarsi di processi che aiutino a ridurre il peso della componente transazionale e delle attività esecutive. In caso di outsourcing, una delle chiavi del successo è scegliere bene “in quale punto disconnettere i processi evitando però, con la speranza di aumentare il controllo, di tenere in casa processi non necessari. L’unico risultato sarebbe aumentare inutilmente la complessità”, avverte Fumagalli.
Questo è stato, secondo Fumagalli, uno degli errori fatti ad esempio in un progetto di esternalizzazione in ambito Hr, realizzato da Telecom Italia, in cui successivamente è stata coinvolta Accenture. Nell’operazione, innovativa e di successo in termini di riduzione dei costi, diminuiti secondo Fumagalli del 70%, sono state infatti mantenute all’interno componenti che avrebbero potuto essere portate all’esterno e viceversa.
Invece, secondo Fumagalli: “Il modo migliore per mantenere il controlo è puntare ad avere la testa più libera possibile e, al tempo stessso, il massimo dominio contrattuale della controparte”.


RISORSE UMANE E BPO: IL MODELLO T-SYSTEMS
T-Systems HR Services ha obiettivi ben precisi : focalizzazione sui mercati verticali attraverso standardizzazioni ad hoc, all’insegna però di una strategia d’insieme che risponde alle logiche più avanzate in fatto di Bpo (Business Process Outsourcing). Fra gli attori di spicco nel mercato internazionale dei servizi It, T-Systems oggi apre al mondo delle risorse umane con un’offerta dedicata: per saperne di più, ZeroUno ha incontrato Gerard Léduc, Direttore BPO Human Resources Services della filiale italiana.

ZeroUno: L’Hr outsourcing è destinato a ricalcare i trend di sviluppo e di crescita della domanda di It outsourcing nella sua più ampia accezione?

Léduc: Il Bpo, termine che indica l’esternalizzazione totale o parziale delle componenti di processo, è certamente un modello di business che sta uscendo dalla fase “sperimentale” per entrare in un periodo di sostenibile sviluppo. In questi termini è destinato, secondo la nostra prospettiva, a fornire una valida soluzione a una crescente domanda di servizi, a partire dal settore delle risorse umane. Crediamo quindi che l’Hr outsourcing sarà nei prossimi tre anni una componente determinante della crescita della domanda di It outsourcing nel suo complesso.

ZeroUno: Quanto pesa in tal senso il consolidamento in atto in molti settori e che tocca da vicino le grandi aziende? E quanto la necessità di ridurre i costi di gestione dei processi “non core”?
Léduc:
Il Bpo Hr, in particolare, rappresenta un’opportunità di sviluppo, strategica e non solo tattica, molto importante per le imprese italiane, in quanto i processi di consolidamento in atto in molti settori, non ultimo quello finanziario, impongono sempre più alle direzioni Risorse Umane di gruppi nazionali e multinazionali, operanti nel Paese, di disporre di strumenti omogenei e coerenti in grado di integrare la gestione e di fornire gli elementi conoscitivi utili alle decisioni. Le direzioni It, invece, si trovano di fronte a sfide legate all’integrazione e alla razionalizzazione di diverse piattaforme applicative in aggiunta ai carichi di gestione dei flussi di informazione legati all’area Hr, che molto spesso risulta asincrona rispetto ai tempi propri delle altre applicazioni più vicine al core business dell’azienda. In questo contesto, i diversi attori aziendali si trovano spesso a gestire emergenze operative e diseconomie locali, piuttosto che poter affrontare insieme le nuove sfide che il business pone a ritmi incalzanti; diventano quindi fondamentali l’attenzione sui costi, la concentrazione sul core business e la focalizzazione su tutto quanto può generare un vantaggio competitivo. Il Bpo Hr può aiutare le aziende portando loro una risposta a questa complessità di fattori, sottoforma di fondamentale occasione di innovazione per un tessuto industriale che deve confrontarsi con le sfide globali, perché da un lato consente di introdurre tecnologia e competenze altamente specializzate nei processi chiave di gestione delle risorse umane e dall’altro libera risorse economiche e manageriali che possono essere immediatamente re-impiegate sul core business.

ZeroUno: Le risorse umane sono considerate un patrimonio vitale per la competitività dell’impresa: come si deve coniugare, dal vostro punto di vista, il ricorso all’outsourcing di alcune attività di Hr management con la necessità di generare nuove competenze in seno all’azienda?
Léduc:
Le risorse umane sono le prime beneficiarie della spinta innovativa garantita da un progetto di Bpo, che porta in dote varie opportunità di sviluppo delle stesse nonostante il primo obiettivo della Direzione Hr sia quasi sempre quello del saving sui costi. L’outsourcing va inteso come momento qualificante per procedere alla revisione dei processi di gestione, in cooperazione con un partner che è in grado di condividere best practice, ed è un’occasione per allineare i sistemi informativi al supporto di questi nuovi processi con un salto in avanti tecnologico supportato da competenze adeguate. Il Bpo, soprattutto, consente di generare efficienze che si traducono nel poter indirizzare le risorse verso attività più qualificanti e a maggior valore aggiunto per l’azienda, verso lo sviluppo delle competenze chiave necessarie alla costruzione di un reale vantaggio competitivo sul proprio mercato, obiettivo difficilmente perseguibile se il capitale umano qualificato è impiegato in attività amministrative ripetitive, che non portano direttamente valore per i clienti dell’azienda.

ZeroUno: Quali sono gli impatti maggiori, a livello di processi, organizzazione, competenze e sistemi informativi, legati a un progetto di Bpo in chiave Hr?
Léduc:
Il partner a cui l’azienda si affida deve essere in grado di governare una serie di domini in maniera integrata che coinvolgono competenze, tecnologie e capacità di gestire servizi di lungo periodo; deve saper comprendere e migliorare i processi del cliente attraverso best practices acquisite in fatto di re-ingegnerizzazione degli stessi. Di pari importanza è la competenza tecnologica, in quanto a livello di sistemi informativi l’integrazione costituisce un fondamentale fattore abilitante prima nel ridisegno e poi nell’implementazione dei processi e delle procedure aziendali coinvolte. Volendo riassumere il tutto in un’equazione si potrebbe dire che il business process outsourcing è la sommatoria di soluzioni Ict, application e business process management e business process re-engineering

ZeroUno: Quali sono i presupposti che hanno indotto il Gruppo Shering a investire con voi, per primi in Italia, in un progetto di Bpo Hr?
Léduc: Crediamo che Schering abbia colto gli aspetti più importanti che caratterizzano la decisione di esternalizzare le risorse umane attraverso il Bpo. Per Shering il Bpo Hr non è la semplice esternalizzazione di un problema per ridurre i costi, ma una soluzione composta da tecnologie, competenze di processo e cultura di servizio, che allo stesso tempo fornisce un’opportunità di sviluppo professionale ai propri specialisti di gestione del personale. La riprova è data dal fatto che a T-Systems Italia è stata affidata per cinque anni la fornitura di tutti i servizi di elaborazione delle retribuzioni e amministrazione di tutto il personale del Gruppo. Sino alla fine dell’anno utilizzeremo le esistenti piattaforme applicative e in parallelo stiamo lavorando a un progetto di Business Process Reengeneering per preparere un nuovo modello di erogazione dei servizi basato sulla suite Sap Hcm versione 5.0, che ha il vantaggio di essere perfettamente integrata con l’Erp Sap e che sarà operativa in Shering a partire da gennaio 2006. (G.R.)

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