A volte succede a chi vince un’enorme somma alla Lotteria: nella mente del fortunato, l’improvvisa ricchezza genera uno stato di confusione, che sfocia nella sostanziale incapacità di gestire il denaro.
In Italia non sta andando diversamente con i fondi del PNRR: una parte dei finanziamenti non è nemmeno stata assegnata. Se non fosse per la preziosa forma di partenariato pubblico/privato che supporta la PA, per esempio, molte amministrazioni pubbliche non saprebbero nemmeno cosa acquistare.
Forse i circa 191 miliardi di euro a disposizione per la ripresa del Paese sono arrivati troppo in fretta; forse la complessità del PNRR e le sfide che questo pone frenano gli investimenti. Per quanto riguarda la digitalizzazione del Paese, resta il solito problema: mancano le competenze.
Fatto sta che persino Raffaele Fitto, Ministro per Affari Europei, il PNRR, il Sud e la Politica di coesione, è in allarme riguardo al conseguimento degli obiettivi richiesti dall’Europa entro il 2026: “L’Italia non riesce a spendere in maniera né soddisfacente né efficiente i fondi di coesione dell’Unione europea. È per questo che è più che mai necessario e urgente intervenire in maniera strutturale per cambiare il sistema con cui i fondi vengono utilizzati. È questa una sfida fondamentale per il nostro Paese”, ha dichiarato il ministro (fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri).
In effetti, ad aprile 2023, risulta speso solo il 6% dei fondi europei a disposizione. Procedendo con questo ritmo, non si conseguiranno i traguardi previsti. Pertanto, o si accelera la spesa, oppure l’Italia rischia di perdere i fondi. Tale messaggio è ben presente tra le righe della Relazione della Corte dei Conti sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), pubblicata a marzo scorso.
Le risorse nelle mani di chi sa farle fruttare
Non sono molti i settori che stanno dimostrando di saper sfruttare i fondi del PNRR: tra questi, una delle punte di diamante italiane è il settore del “Trasferimento tecnologico”. Parliamo degli otto Competence Center italiani, che si sono dimostrati virtuosi nel gestire e utilizzare i fondi erogati fino a questo momento.
I Competence Center sono centri di competenza ad alta specializzazione che hanno lo scopo di supportare le imprese manifatturiere nell’adozione delle tecnologie digitali all’interno della fase produttiva, attraverso attivitàà di orientamento e formazione alle imprese su tematiche Industria 4.0, nonché di supportarle nell’attuazione dei loro progetti di innovazione.
Nel campo della digitalizzazione, innovazione e competitività̀ nel sistema produttivo, i traguardi europei per il 2023 riguardano le tecnologie satellitari e l’economia spaziale. In Italia, però, c’è ancora molto da fare “raso terra”: occorre costruire le basi della digitalizzazione in termini sia di beni strumentali sia di competenze, soprattutto nelle PMI.
Tra i primi problemi del Paese, infatti, compare l’indice DESI: il livello complessivo di alfabetizzazione digitale è troppo basso e questa realtà rende l’Italia poco competitiva. Al fine di invertire la rotta, il PNRR dedica diverse misure che mirano a scalare diverse posizioni nella classifica DESI. Tra queste, l’integrazione delle tecnologie digitali, quest’anno, dovrebbe rappresentare quasi il 45% della spesa programmata.
Tuttavia, il condizionale è d’obbligo perché a rallentare la messa a terra dei progetti ci sono, appunto, due fattori: “la troppa burocrazia e la mancanza di competenze”. Ne è convinto Marco Taisch, presidente di MADE Competence Center Industria 4.0 (MADE4.0), che opera a livello nazionale ed europeo, in cordata con 51 partner pubblici e privati.
“I competence center svolgono un servizio pubblico, perché utilizzano i finanziamenti per erogare attività di upskilling e reskilling sulle tecnologie dell’Industria4.0” spiega Taisch.
In questo senso, una realtà come MADE4.0, sottolinea, costruisce le fondamenta della rivoluzione digitale, utilizzando ogni euro messo a disposizione dal PNRR per costruire competenza.
“Grazie ad attività informative/formative ad alta specializzazione, infatti, oggi molte imprese sono più pronte, consapevoli e disposte a utilizzare i crediti d’imposta per beni strumentali 4.0 e per attività di formazione 4.0 (Missione M1C2 del PNRR), tanto che è attesa una maggiore spesa di 2,3 miliardi rispetto alle stime per il triennio 2020-2022”.
Vista l’importanza cruciale dei Competence Center, il PNRR destina 2 miliardi di euro al “trasferimento tecnologico”, di cui 350 milioni destinati al “Potenziamento ed estensione tematica e territoriale dei centri di trasferimento tecnologico per segmenti di industria” (Missione 4 componente 2 Investimento 2.3).
La scuola di competenze 4.0 traina gli investimenti
“Con la quota a disposizione del MADE4.0, continueremo a creare attività di formazione per il personale intermedio delle Pmi. La complessità delle tecnologie richiede una formazione di natura esperienziale, una didattica pratico/operativa che sfrutta le tecnologie presenti in MADE4.0. È importante che i lavoratori del manifatturiero possano recarsi in un luogo dove si possono vedere in funzione le tecnologie e imparare a usarle, apprezzandone i vantaggi”, fa notare Taisch.
Per immaginare una riconfigurazione dei flussi di lavoro, è necessario che le imprese conoscano le potenzialità della tecnologia. “Per questo, negli ultimi 2 anni, MADE4.0 ha coinvolto 6.000 imprese e 17.000 lavoratori in attività di orientamento e ha erogato 260 corsi di formazione a 4.098 partecipanti di 1.387 aziende, per un totale di 27.211 ore-uomo di formazione”.