Ai tempi del Covid-19 eravamo presi da un generale entusiasmo per la tecnologia che ci aveva reso troppo ottimisti. Oggi è necessario tornare sui nostri passi e ragionare a mente lucida su nuovi numeri, più concreti, reali e “freddi”: l’automazione procede a rilento. Ciò vale in tutto il mondo e in ogni settore.
Le nuove stime WEF: l’automazione slitta
Ad affermarlo è stato di recente il World Economic Forum (WEF), nel suo rapporto annuale Future of Jobs. Per esserne certo ha interrogato le imprese che, in media, ammettono come solo il 34% di tutte le loro attività sia attualmente svolto da macchine. Una percentuale che rende poco credibile la previsione fatta nel 2020 di un’automazione del 47% entro il 2025. È necessario tornare sui propri passi e puntare a un 42% di attività automatizzate entro il 2027.
Nelle stime statistiche così spinte, gli errori capitano, soprattutto se ci si muove in contesti in cui molti sono i fattori in gioco. Ciò vale anche per il settore dell’innovazione che è stato violentemente scosso dalla pandemia. Questo evento ha creato una forte discontinuità che, in un certo senso, ha fatto sballare i sondaggi. Il lavoro a distanza e l’accelerazione di tante improvvisate digital transformation avevano illuso anche il WEF, ora costretto ad ammettere che il futuro sarà meno robotizzato del previsto.
Oltre a rivedere le stime generali, il Forum entra anche nel merito. Secondo il suo studio, nel 2027 il 65% dell’automazione delle attività si concentrerà sull’elaborazione di informazioni e dati. Il 35% delle attività automatizzate si concentrerà sul ragionamento e sul processo decisionale.
Per quanto riguarda l’AI, invece, entro il 2027 sarà parte integrante della strategia aziendale di circa tre quarti delle aziende intervistate. Un’implementazione importante che non potrà non avere impatti forti sul mondo del lavoro.
L’AI generativa rivoluziona il mondo del lavoro
Al di là delle paure ataviche legate all’intelligenza artificiale, va ammesso che l’introduzione di questa tecnologia causa e ancora per molto causerà parecchi sconvolgimenti impossibili da negare o ignorare. Metà delle organizzazioni si aspetta che crei posti di lavoro, ma un quarto pensa che ne toglierà parecchi dal mercato.
Una cosa è certa: con l’arrivo dell’AI generativa, nulla sarà più come prima. La composizione dei compiti automatizzabili nel periodo 2023-2027 cambierà ulteriormente e un ruolo chiave lo avranno i Large Language Models (LLM), già ora in grado di automatizzare il 15% dei compiti.
Elementi disruptive, quindi, soprattutto se combinati con applicazioni in grado di correggere problemi comuni come le imprecisioni fattuali. In questi casi, infatti, il loro “potere di automazione” potrebbe salire al 50%.
Secondo il WEF, però, questi numeri non devono creare panico. Si chiudono alcune strade occupazionali, infatti, ma se ne aprono altre. Negli ultimi 12 mesi, per esempio, si è registrata un’impennata di annunci di lavoro che richiedono competenze di IA generativa. Tra i ruoli digitali in crescita ci sono i responsabili della sicurezza informatica, i manager dell’analisi aziendale e gli AI engineer.
Ci sarà comunque una perdita del 23% degli attuali posti di lavoro, secondo il direttore generale del WEF, Saadia Zhaidi, non solo a causa di ChatGPT & co. Molto stanno contribuendo anche gli sconvolgimenti nelle supply chain e la corsa alle fonti di energia rinnovabili. Con spirito costruttivo, si vuole però parlare non di crisi ma di “perturbazione” nel mercato del lavoro. Per resistervi, serve concentrarsi sulla riqualificazione e sull’aggiornamento dei lavoratori. È necessaria una piccola rivoluzione in tale campo, consapevoli che, nei prossimi cinque anni, il 44% delle competenze dei lavoratori verrà stravolto.