LONDRA – In un marketing che si digitalizza, la Business intelligence è la priorità top per i Ceo: il 75% dei 152 Ceo nordamericani intervistati per la Gartner Ceo Survey ha indicato i Business Analytics come principale area di investimento tecnologica per il 2014. Ma tra i leader di business allignano almeno tre atteggiamenti psicologici: l’Evangelista, lo Scettico e il Pragmatico. Il dialogo tra questi tre ruoli è stato il tema portante della keynote iniziale al convegno organizzato recentemente a Londra da Gartner “BI & Advanced Analytics” e oggetto dell’intervista rilasciata a ZeroUno, presente all’evento in esclusiva, da Frank Buytendjik, Vp Research for Information Innovation di Gartner.
L’Evangelista
Per alzata di mano, uno su quattro tra i partecipanti al convegno si è dichiarato vicino alla figura dell’Evangelista che: crede nella potenza degli analytics avanzati, che porterà ad automatizzare varie decisioni sulla base dei fatti; sa che serve il contatto con i bisogni del cliente, il più in tempo reale possibile; punta a comporre un quadro olistico del cliente, astratto dai rapporti con lui intrattenuti.
“Ma sa anche che ogni azienda diventa azienda It, in cui il disegno diventa il prodotto. Cioè, la capacità digitale diventa o parte differenziante del prodotto, se questo è fisico, o addirittura il prodotto-informazione vendibile. Vendibile ad altre aziende o a persone, perché anche ogni persona diventa un’azienda digitale e ‘consuma’ informazione”, precisa Buytendjik. “Per cui ci vuole una tecnologia analystics in grado di individuare i bisogni del cliente prima che questi sappia di averli”, aggiunge. Una sorta di “magia” abilitante che dunque, oltre a un miglior supporto decisionale interno, miri a una relazione approfondita con il cliente che ne indovini bisogni e interessi: si tratta degli Analytics avanzati o Business analytics. In definitiva, la visione di un Evangelista è che l’informazione dei Business analytics, proprio perché non supporta più solo la decisione, ma abilita una miglior Customer experience, trasforma il business: “Ogni business diventa un analytics business, ogni budget un analytics budget”, sostiene il Vp Gartner. Del resto sono i Business analytics a elaborare le Sentiment analysis, tracciando le informazioni che dai clienti provengono o a loro riconducono, ricorda l’analista Gartner. Buytendjik annota come i mercati già riconoscano il valore delle aziende infocentriche (che usano informazione per decidere) e più ancora delle “infoproduttrici” (che la vendono). La loro valutazione di mercato rispetto al valore dei loro asset tangibili è per le prime oltre il doppio e per le seconde oltre il quadruplo dello stesso indicatore per aziende che infocentriche o infoproduttrici non sono.
Il Pragmatico
I Pragmatici sono risultati essere la netta maggioranza nell’uditorio. Il Pragmatico concorda con l’Evangelista che sono al punto di emersione aziendale tre innovazioni che sono un po’ il mantra dei Business analytics: Decisionalità (o Decision Management), Trasparenza e Personalizzazione.
Nel Decision Management “siamo a un salto di qualità”. La Bi è arrivata a supportare centinaia di decisioni di livello strategico e tecnico. I Business analytics si avviano a supportare “centinaia di migliaia” di decisioni a livello operativo. È quella che possiamo chiamare una Operational Intelligence: una Bi che consente cognizione e azione in tempo reale al Coo e alla struttura operativa. È un livello di decisionalità nuovo, con conseguenze e impatti di vasta portata: grazie all’analisi predittiva che affianca la descrittiva e la diagnostica, si riduce lo sforzo cognitivo degli elementi contestuali. E si incontrano situazioni di Decision Automation ove l’analisi Predittiva traina in automatico l’azione, senza più bisogno di decisione manageriale.
Quanto alla Personalizzazione, non significa che “tutti avranno un cruscotto”, ma l’emergere, dopo i Business analytics presso le aziende, dei Personal analytics; in pratica sistemi che analizzano le attività stesse dei fruitori e che, quindi, consentiranno loro di compiere scelte basate su analisi dei propri comportamenti, consapevoli o inconsapevoli. Nelle loro azioni o scelte, i fruitori (consumatori nel B2c o business nel B2b) avranno lo stesso potere analitico che gli operatori business hanno nei loro sistemi. Come i Business analytics gestiranno profili nell’azienda erogante, i Personal analytics del fruitore creeranno un profilo che ne registrerà le condizioni praticate e la storia.
Infine il vero salto culturale necessario è “condividere informazione con i clienti”, cioè Trasparenza. Ma anche conoscere il proprio Business in modo pervasivo, sapere quanto ogni dipartimento aziendale contribuisce alla “bottom line”. Per anni si è inseguita la chimera di prendere la “migliore decisione di business” con risultati dubbi proprio perché difficile da provare, non essendoci possibilità di simulazioni in tempo reale delle possibili alternative. Ora gli analytics garantiscono l’informazione abilitante con uno spettro di capacità analitiche pervasive su tutta l’azienda. Ogni processo di Bi va visto come olistico e iterativo: olistico, in quanto con le capacità analitiche pervasive e i contributi di tutti si arriva dall’Informazione e dall’Expertise alle Decisioni e alle Azioni. Iterativo in quanto il processo segue le reazioni e il loro effetto sui dati (figura 1).
Lo Scettico
Ma c’è anche un buon 10% dell’uditorio che, alla richiesta di chi è Scettico, alza la mano. Che succede se il tipping point (punto critico) diventa scivoloso trasformandosi in uno slipping point e si comincia a sentire di spettacolari insuccessi, si chiede lo Scettico? I big data, per esempio, rappresentano una fonte inestimabile di informazione, ma le sfide che il loro utilizzo implica sono significative.
La sfida n. 1 dei big data è come distillarne i contenuti e le viste importanti per il business, come calcolarne il costo e il valore informativo (intrinseco, business, di performance, economico, di mercato). Quanto ne sappiamo di Infonomics, l’econometria dell’informazione, una delle discipline del Data scientist? La sfida n. 2 è quella tecnologica sottostante: definire la strategia giusta per gestire questa massa di dati. Usare il software open di Apache Hadoop? Orientarsi sul big data stack del vendor con cui già lavoriamo? Spostare i big data in cloud per rimpiazzare il datawarehouse o per estenderlo? Far gestire tutto da un Bi Competence Centre (Bicc) o girare il Bicc e il suo budget al Marketing? Non sono scelte banali.
Soprattutto la sfida n. 3: gli skill necessari sono sottostimati. Salvo rare eccezioni, un programma di riqualificazione interno è del tutto inadeguato: non si diventa Data Scientist con un corso di aggiornamento.
Su un punto Buytendjik è categorico: il rischio maggiore è far partire qualcosa di cui non si ha il controllo. Come potrebbe avvenire in uno di quattro futuri possibili, a seconda di come si combineranno le due variabili fondamentali in gioco (figura 2): il grado di conflitto (verso il conflitto controllato o verso un totale fuori controllo, Amok in figura) e la connessione tra controparti in relazione (fra loro interconnesse – o fra loro disconnesse e prive di dialogo tra intelligence). Lo scenario ipotizzato da Buytendjik al 2030 (scenario che è il frutto di un lavoro al quale hanno contribuito 132 clienti Gartner worldwide) è di quattro universi parallei, ciascuno, secondo lo Scettico, con più inconvenienti che lati positivi. Ogni universo è raffigurato da un’isola in un quadrante, con le sue sottofunzionalità: in Society Inc. il mondo è dominato da giganti commerciali tra loro in acerrima concorrenza e che, grazie alle possibilità di controllo sulle attività degli utenti offerte dalla tecnologia, diventano una sorta di “grande fratello”; nel Sorcerer’s Apprentice (Apprendista stregone) le macchine hanno preso il controllo, ogni cosa è connessa ed è questo a rendere pericoloso lo scenario perché l’individuo è dominato dalla tecnologia; il Digital Wild West (Selvaggio West digitale) è il risultato dell’esigenza di “protezione” provocata dal dilagare dei primi due scenari, ognuno pensa a se stesso e la tecnologia gioca un ruolo diverso, non per connettere ogni cosa ma per permettere all’individuo di proteggersi con sistemi che creano barriere e rendono impossibile la connessione automatica; diametralmente opposta, la Datatopia dove la garanzia della privacy è realizzata by design, con le informazioni frammentate in sistemi storage differenti (mai centralizzate) e dove ogni frammento non è riconducibile agli altri e il proprietario del dato è la persona cui il dato si riferisce e che può decidere chi vi ha accesso e che è l’unica a poter “ricollegare” tutte le informazioni sparpagliate nei diversi sistemi. Questa è la visione della maggioranza dei 132 partecipanti alla definizione degli scenari, ma per una significativa minoranza di Scettici questa, più che Datatopia è Utopia. In un universo dove Controllo e Connessione convergono, permane infatti incombente il rischio che tutte le garanzie messe in atto si rivelino fallaci, il “mondo perfetto” sia in realtà ipercontrollato, la tecnologia sempre più pervasiva e l’eventualità di un “grande vecchio” o di un “governo mondiale” inevadibile.