Il supercomputer americano Frontier resta saldamente il primo nella classifica Top500 delle macchine al silicio più potenti al mondo, per lo meno tra quelle pubblicamente conosciute. Una precisazione doverosa, quest’ultima, perché mentre questo potente exascale gli scorsi anni scalzava il giapponese Fugaku, con i suoi 442 petaflop, la Cina stava già superando entrambi, senza mostrare alcun desiderio di comparire sul pubblico podio.
Lavori in corso, in segreto
Questo sospetto scolorisce la bandiera americana che svetta su questa importante classifica, ma ci sono tutti i segni per pensare che si tratti di un più che lecito sospetto. La vistosa assenza della Cina in questa competizione tecnologica, porta tutti a farle i conti in tasca, per lo meno lato flop.
L’ultimo sistema cinese veramente competitivo ad entrare nella Top500 è stato il Tianhe-2A da 61,4 petaflop, che ha debuttato nel 2018. Il Paese sarebbe quindi teoricamente fermo a 5 anni fa, se non fosse che tutti sanno del suo forte impegno nella realizzazione di diversi sistemi di classe exascale perfettamente in grado di competere con il sistema Frontier.
Tuttavia, c’è da far notare che un effettivo calo delle candidature cinesi alla Top500 c’è stato. Sono sempre meno e meno competitive, anche se il Paese rimane uno dei maggiori protagonisti, con 134 sistemi presenti nell’ultima classifica. La sua immagine pubblica resta però quella di un Paese in sordina che, nel 2023, ha aggiunto un solo nuovo sistema, posizionandolo oltretutto al 185esimo posto.
Gli esperti spiegano questo suo controverso atteggiamento con le restrizioni commerciali degli Stati Uniti. I supercomputer “top di gamma” cinesi sarebbero basati su chip non prodotti in Cina, infatti. Il Paese starebbe in particolare accusando il colpo soprattutto per le restrizioni sulla vendita di attrezzature per la produzione di chip e sulla proprietà intellettuale che si estendono alle fabbriche straniere come TSMC o Samsung Electronics.
Mentre sviluppa nuove strategie per “svicolare”, la Cina continua a custodire sistemi exascale ufficialmente segreti, ben consapevole di poterne beneficiare ugualmente, senza che debuttino in cima alle classifiche globali e mainstream. Anzi, il timore sembra essere quello di comparire troppo e attirare nuove restrizioni USA ancora più punitive.
Nuovi exascale in arrivo per un futuro da 1000 petaflop
In questo gioco di “vedo e non-vedo” tra i due giganti, l’Europa viene lievemente coinvolta perché da qualche anno sta acquisendo ottime posizioni in classifica, grazie alla sua strategia del fare sistema. Nella Top500 appena aggiornata, infatti, il supercomputer finlandese LUMI compare ancora al terzo posto. Al quarto, dallo scorso autunno, c’è il sistema italiano Leonardo che negli ultimi mesi ha ulteriormente migliorato la sua potenza passando da 174 a 238 petaflop.
Ottimo posizionamento, quindi, anche se siamo ancora privi di un exascale, ma ancora per poco. Il primo tutto europeo entrerà probabilmente in funzione tra fine 2023 e inizio 2024, si chiamerà Jupiter e sarà ospitato dal Jülich Supercomputing Centre, in Germania.
Questo sistema è destinato a scombinare la classifica, come anche lo statunitense supercomputer Aurora dell’Argonne National Laboratory. Il “varo” di questo sistema è stato continuamente rimandato fin dal 2018, a causa della mancata spedizione di CPU e GPU, ma ora mancherebbero davvero pochi mesi alla sua prima apparizione.