Cosa riserva il futuro per i data center? I driver di trasformazione sono noti: cloud, mobility e big data stanno già da tempo tracciando la rotta, portando il focus su flessibilità, performance, efficienza e sicurezza, all’interno di un approccio green e orientato all’as-a-service. Ma si può anche andare oltre nell’immaginare gli scenari futuri, continuando a tratteggiare le linee evolutive del data center da qui a qualche anno: la vision proposta da Luca Beltramino, Managing Director di TelecityGroup Italia (realtà italiana del provider londinese attivo a livello europeo con un fatturato 2013 di 395,5 milioni euro, in crescita del 15,1% sul 2012) apre le porte a un contesto dove “i data center commerciali [cioè gestiti conto terzi – ndr] si trasformeranno da hub per la connettività (punto d’incontro e scambio di traffico per gli operatori di Tlc) a cloud hub, ospitando un ecosistema di servizi multi-vendor, accessibili per il cliente da un’unica struttura”. Ed è questa la strada intrapresa dal gruppo inglese.
“Inizialmente – spiega il manager – il nostro target principale erano Telco e Isp, che hanno attirato nei nostri data center neutrali [ovvero indipendenti dai carrier, ndr] gli application service provider e tutti quei soggetti con necessità di traffico dati e voce a prezzi concorrenziali. Poi, ci siamo estesi verso alcuni settori verticali: System Integrator, Finance, Digital Media e Internet Services, Oil&Gas, Pharma, Retail e, più di recente, Pa”.
L’obiettivo è diventare un vero e proprio “facilitatore di interconnessione e scambio di servizi cloud”, aprendo a tutti i comparti, anche in direzione delle Pmi, con un approccio software-defined alla gestione del data center, per cui il provisioning delle risorse (IaaS, PaaS e SaaS) è accelerato attraverso procedure di automazione e la gestione da portale.
Secondo il managing director, essere presenti nel nuovo cloud hub significherà avere accesso in modo diretto e sicuro alla miriade di servizi messi a disposizione dai fornitori che coabitano nella stessa infrastruttura.
“Il self-provisioning online – prosegue Beltramino – è un modello consolidato, ma non affidabile perché dipende da Internet e dalla disponibilità di banda (un grande problema in Italia!). Nel nostro disegno, invece, il public cloud avrà lo stesso livello di sicurezza della nuvola privata, proprio perché chiuso all’interno di una rete di data center sicura”.
E il gioco si fa ancora più interessante se si pensa a realtà come il gruppo londinese: “Abbiamo 49 data center in tutta Europa – sottolinea Beltramino -: per i cloud provider nostri clienti si aprono opportunità di business importanti, perché potranno vendere servizi a tutti i clienti dell’intero ecosistema Telecity, attraverso la nostra rete privata [i datacenter sono collegati tra loro tramite rete Ethernet over Mpls in un’unica infrastruttura full-mesh integrata da reti locali, ndr]”.
“Non tutte le aziende – aggiunge il managing director – e in particolare le realtà più piccole riusciranno a usufruire di Amazon o Microsoft Azure: molti, per accedere alla nuvola, avranno bisogno di intermediatori, ovvero system integrator che dall’interno dei data center distribuiranno i servizi di diversi cloud provider”.
Così, secondo Beltramino, i data center di questo tipo sono destinati a diventare “nodi centrali del business e market place di servizi cloud a valore”, dispiegando tutto il loro potenziale: in base alle stime di BroadGroup, società di consulenza e ricerca globale specializzata nel campo delle Tlc e infrastrutture It, oggi circa l’80% dei data center è privato, mentre la tendenza sotto la spinta del cloud è l’esternalizzazione.