Il cloud “è diventato grande” e così va trattato. Non è più una novità, non è più un elemento distintivo in sé o un modo per essere all’avanguardia e deve essere trattato con un approccio open source mirato a ottimizzare tempi e sforzi umani.
È la strada per continuare a sfruttarlo in modo innovativo e aperto a opportunità e sviluppi realmente disruptive. È la strada scelta da ArubaKube, il nuovo spin off del Politecnico di Torino dedicato alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione nel campo del Cloud Native.
Il sogno di una grande unica piattaforma globale frictionless
“L’idea su cui si basa questa iniziativa è quella di condividere gli sforzi legati alle tecnologie cloud di base, per focalizzare le energie nello sviluppo di quelle a valore aggiunto che vi si possono poi innestare creando il vero valore aggiunto per le aziende” spiega Fulvio Risso, professore del Politecnico di Torino e CIO di ArubaKube.
La community open source contribuisce ai progetti cloud, le aziende trovano consulenze ingegneristiche per orientare questa tecnologia verso nuove direzioni: in ArubaKube questi due mondi si incontrano per spingersi assieme oltre la frontiera del “cloud scontato” e innovare, sorprendersi e sorprendere il mercato.
L’obiettivo resta quello di semplificare la gestione del Cloud Computing, ma lo si vuole raggiungere trovando come implementare in modo più facile e dinamico paradigmi di Cloud Continuum e Edge-to-Cloud Continuum. Due concetti non proprio nuovi, ma che secondo Risso non hanno ancora raggiunto la propria realizzazione: “dobbiamo lavorare sulla trasparenza“.
“Oggi i software girano già su cloud e pc, ma alcune componenti sono vincolate. Non c’è un reale spacchettamento. Il risultato è un sistema ancora molto rigido, che costituisce un oggettivo problema soprattutto per le applicazioni moderne, composte da tante parti che interoperano tra loro. Il nostro obiettivo è fare sì che possano essere accese in modo dinamico, in un punto qualunque del continuum – spiega Risso – un ambiente più fruibile e plastico significherebbe per l’utente non doversi preoccupare delle componenti di volta in volta utilizzate. Potrebbe trovarsi ad avere a che fare solo con una grande e unica piattaforma globale su cui girano indistintamente tutti i suoi servizi”.
Il continuum virtuale del progetto Liqo
La trasparenza “dei Continuum” è al centro del progetto Liqo, nato 4 anni fa e “adottato” da ArubaKube che oggi ne rappresenta uno dei principali contributori.
Acronimo di Liquid Computing, Liqo è la soluzione open source che permette di costruire e orchestrare servizi multi-cloud. “Oggi rappresenta l’unico ‘mattoncino’ nel panorama mondiale che introduce concetti di trasparenza nel cloud continuum. Nella pratica consente a Kubernetes di consumare in modo sicuro risorse e servizi disponibili ovunque, creando dinamicamente cluster virtuali che si estendono su più cluster reali e dando vita a un continuum virtuale, omogeneo e scalabile” spiega Risso.
Richiama concetti alla base dell’internet peer-to-peer e applica principi di sharing economy, proponendo un paradigma in cui ogni cluster può mantenere il pieno controllo della propria infrastruttura, decidendo cosa condividere, quanto e con chi, secondo policy e criteri specifici.
È in questo nuovo orizzonte che va cercato il futuro del cloud, se non li si vuole archiviare come scontata commodity. Un futuro non semplice da immaginare e disegnare ma su cui ArubaKube vuole scommettere, portando avanti un processo di innovazione a due step.
Il primo livello è la creazione di un cloud continuum con risorse tutte della stessa proprietà. Potrebbe essere il caso di un’azienda con tante sedi o geografie da collegare, un caso comune e di urgente risoluzione per regalare al mercato una sorta di “trasparenza interna” preziosa per crescere e restare agili e competitivi.
“La vera sfida, quella più visionaria, consiste nel dar vita a un cloud continuum mescolando le risorse di soggetti diversi. Per questo passaggio, le aziende italiane non sono ancora pronte – ammette Risso – ma riteniamo che possa essere un futuro possibile su cui vogliamo puntare e continuare a lavorare”.
Edge, Cloud e Fog computing “fluiscono” nel progetto Myrtus
In piena continuità con la trasparenza “liquida” di Liqo, ArubaKube contribuisce anche al progetto Myrtus. Grazie a un finanziamento di 6 milioni di euro da parte di Horizon Europe, questa iniziativa mira a realizzare un’interconnettività abilitata dall’intelligenza artificiale tra piattaforme di edge, fog e cloud computing.
“Il nostro ruolo è quello di assicurare un substrato di computazione ‘fluido’, come un oceano di risorse liberamente e dinamicamente sfruttabili per offrire servizi. Ciò significa collegare ogni tipo di dispositivo per dar vita a un continuum trasparente in cui l’utente non percepisce differenze e discontinuità tra device personali, embedded, tra risorse tradizionali cloud based o alledged. Deve poterlo sfruttare facilmente per avviare ogni tipo di software dove più opportuno al momento” spiega Risso.
La squadra che lavora a questo “oceano” di risorse computazionali integra università, centri di ricerca e aziende per poter contare su quella che Risso ritiene “una miscela preziosa di pragmatismo imprenditoriale e ricerca visionaria, l’unica che può permetterci di innovare restando coi piedi per terra e aderenti ai reali bisogni del mercato”.