I sistemi di trading automatizzati hanno sempre affascinato gli investitori di tutti i tempi. Dall’apparizione dei computer sulle scrivanie delle banche, i gestori di portafoglio hanno sempre guardato con crescente curiosità alle possibilità offerte dall’applicazione dell’informatica nel campo degli investimenti. Trader e programmatori hanno collaborato per sviluppare indicatori statistici in grado di aiutare il processo decisionale di un investimento.
Utilizzando strumenti presi dall’ambito statistico e aritmetico, come la deviazione standard o le medie, i trader hanno elaborato strumenti grafici da utilizzare per individuare i trend di investimento, ossia tendenze al rialzo o al ribasso dei prezzi di azioni, materie prime e valute. Oltre alle tendenze di movimento di un prezzo, questi strumenti di analisi grafica e statistica vengono impiegati per evidenziare particolari aree sensibili nelle quotazioni, i cosiddetti supporti e resistenze, ossia range di quotazioni in cui il prezzo di un asset ha una certa probabilità di stabilizzarsi o effettuare un movimento direzionale.
I sistemi di investimento automatico
I primi sistemi di trading automatico non implementavano logiche di business evolute, ma si limitavano a operazioni di arbitraggio, nelle quali un asset veniva comprato e simultaneamente venduto in short (ossia, venduto per una quantità non posseduta effettivamente ma soltanto presa in prestito) in modo da realizzare piccoli profitti con un rischio limitato.
Fu durante i primi lavori pionieristici degli anni ottanta e novanta, che alcuni trader ebbero l’idea di combinare insieme i dati forniti dai principali indicatori tecnici in algoritmi decisionali, creando degli script sugli elaboratori elettronici rudimentali che avevano a disposizione. Uno dei primi a programmare un software di trading system con discreti risultati fu Ed Seykota, che lo sviluppò durante gli anni in cui lavorava come interno a Wall Street, dopo aver conseguito la laurea in ingegneria al MIT.
Questi pionieri diedero così origine a dei programmi che erano in grado di generare ordini di vendita o di acquisto in base a una variazione di prezzo o all’alert di un indicatore. I segnali di trading potevano scattare in automatico in base alla violazione (cross) di una media mobile o all’interazione del prezzo con una trendline, ossia una linea ottenuta sul grafico unendo una serie di valutazioni di prezzo massime o minime verificatesi in un range di tempo limitato. Questi primi algoritmi automatici, però, erano ben lontani dall’essere infallibili, e richiedevano una costante supervisione umana.
I loro limiti erano causati dalla scarsità dei dati storici disponibili in formato digitale, e dalla semplicità delle logiche di flusso decisionale che era possibile implementare sugli hardware del tempo. Trader e sviluppatori tenevano costantemente sotto osservazione i risultati di questi sistemi, e li taravano di volta in volta, sperimentando variazioni di un algoritmo decisionale già utilizzato o implementando una logica diversa.
Dall’adozione istituzionale al Machine Learning
Con l’evoluzione dell’informatica la capacità di elaborazione disponibile divenne tale da permettere ai sistemi di trading di essere impiegati anche in autonomia, con una limitata supervisione umana. Sul finire della prima decade degli anni duemila, alcuni fondi istituzionali iniziarono a impiegare sistemi con strategie HFT per la gestione di portafogli di dimensioni considerevoli. Le strategie HFT, High Frequency Trading, sono sistemi in cui i range temporali su cui si basano gli algoritmi sono di ampiezze brevi, fino a pochi minuti, in modo da avere una frequenza elevata di ordini di vendita e di acquisto, e aumentare statisticamente le probabilità di successo della strategia.
Con la diffusione dei sistemi automatizzati, anche la ricerca da parte dei gestori istituzionali divenne sempre più consistente, fino a investire sufficienti risorse per completare la digitalizzazione delle serie storiche dei prezzi dei più importanti asset.
Grazie alla costituzione di questa cospicua base dati, fu possibile alimentare i primi sistemi di Machine Learning con informazioni provenienti dal mondo finanziario, con lo scopo di ricercare pattern di prezzo ricorrenti, da poter replicare in modo automatico al presentarsi di situazioni di mercato simili.
L’Intelligenza Artificiale fece così la sua apparizione nel mondo degli investimenti, diventandone subito protagonista, grazie alla sua capacità di analizzare velocemente grandi quantità di dati, derivandone processi decisionali in tempo reale. L’apprendimento automatico offerto dal Machine Learning applicato al trading consente di ottenere una fotografia (snapshot) del mercato azionario per mezzo di un’analisi approfondita e costante di dati non strutturati. Tramite questa analisi diventa possibile elaborare modelli decisionali anche complessi, in grado di gestire importanti portafogli di capitale.
L’esplosione del retail trading e i Bot
Con il successo delle APP di trading online, i broker iniziarono a proporre servizi di trading automatico all’interno delle loro piattaforme, impiegando un sotto insieme di questi modelli decisionali per dare vita alle Grid di trading, ossia sistemi di trading automatico in cui ordini di vendita o di acquisto vengono eseguiti in modo incrementale alla variazione di un prezzo.
Le Grid ebbero un importante successo nel mondo del Forex, e vennero accolte a braccia aperte dagli exchange di criptovalute, che offrirono ai loro utenti un’ampia platea di Bot per il trading automatico dei token. Grazie alle infrastrutture SaaS, che permettono una gestione di ampie basi di dati con performance ottimali, e alla natura prevalentemente tecnica del trading di criptovalute, i Bot riuscirono a ritagliarsi una posizione consolidata nel settore, e ad ampliare la loro platea di utilizzo anche ad applicazioni sociali come Telegram.