L’ eGovernment Benchmark è uno strumento dell’Unione Europea che monitora, annualmente, il livello di digitalizzazione dei servizi pubblici sulla base di una analisi approfondita. L’ultimo report pubblicato, il 2023, vede l’Italia confermare la sua valutazione rispetto all’anno precedente, che a onor del vero non è troppo lusinghiera. In una scala assoluta da 0 a 100, infatti, l’Italia ottiene un punteggio di 61,3, con un leggero incremento rispetto al 60,9 del rilevamento 2022, che però non impedisce un ulteriore scivolamento nelle parti basse della graduatoria. L’Europa nel suo complesso cresce infatti più velocemente, passando da una media di 67,7 del 2022 al 70,1 di oggi.
L’eGovernment Benchmark 2023 in Europa
Come accennato, lo strumento prende in considerazione lo stato di maturità digitale dei servizi al cittadino nei paesi Europei, estendendo le misurazioni non solo ai 27 stati membri ma anche quelli appartenenti all’Associazione Europea di Libero scambio e agli stati candidati all’ingresso, per un totale di 35.
In questo modo, di fatto, costituisce una fotografia del continente nella sua quasi interezza. Tornando ai dati, l’Italia, con il suo 61,3, si posiziona decisamente sotto la media sia Europea (72,9) sia Eu27+ (70,1). Non una distanza siderale, ma quanto basta per essere superati da Ungheria, Polonia e Svezia. Come leggiamo nel report ufficiale, la classifica è guidata da Malta ed Estonia, mentre gli incrementi più significativi sono quelli di Turchia, Grecia, Serbia e Polonia. Ma cosa misura, nel dettaglio, questo report?
Le misurazioni rilevate
Di fatto, si tratta di una rilevazione molto dettagliata, I cui dataset peraltro sono liberamente scaricabili dalla stessa pagina ufficiale, che prende in considerazione tutti gli aspetti principali di quella che spesso in Italia si definisce digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Si va dalla disponibilità online dei servizi al loro livello di compatibilità con i dispositivi mobili, alla trasparenza, fino alla misurazione della validità dei sistemi di riconoscimento digitale (eID). Infine, il sistema prende in considerazione la validità dei servizi in contesto internazionale: per esempio, se alcuni servizi possono essere fruiti anche dall’estero o sono interconnessi con altre nazioni. Insomma, una “fotografia” molto elaborata dell’efficienza digitale dei diversi stati.
La metodologia applicata
Ma come sono ricavate queste valutazioni da parte dell’Unione Europea? Prima di tutto bisogna dire che si tratta di una analisi decisamente consistente, che nasce con un presupposto interessante. Misurare, dal punto di vista dei cittadini, la capacità delle diverse organizzazioni statali di rispondere ai diversi bisogni reali attraverso gli strumenti digitali. Il rilevamento viene fatto dal punto di vista di alcuni momenti particolarmente rilevanti per la vita di ognuno:
- Avvio d’impresa
- Carriera
- Famiglia
- Istruzione
Per ciascuna di queste fasi vengono identificate una serie di esperienze, da quelle preliminari, per esempio scoprire i requisiti per avviare un’attività o aprire una partita IVA, fino ad arrivare alla registrazione dei dipendenti.
Ciascuna di queste voci viene valutata sulla base di parametri oggettivi. Nel caso dell’accessibilità dei siti web, per esempio, si parla sia di Page Speed Insights, sia di Core Web Vitals. Gli stessi parametri, insomma, che vengono comunemente usati per la valutazione di attività private o commerciali. Scorrendo il più corposo dei documenti prodotti, il Background Report, scopriamo come dietro a ciascuna valutazione ci sia un numero variabile di parametri che hanno contribuito, con precisione e capillarità.
Le motivazioni del posizionamento italiano
Il report, come ogni strumento istituzionale, non analizza né commenta i risultati dei singoli stati. Tuttavia, analizzando i dati, che vengono forniti anche in una comoda dashboard in formato Microsoft Excel, possiamo farci un’idea più dettagliata. L’eGovernment Benchmark prende in considerazione 14 indicatori chiave e quattro indicatori riassuntivi.
L’Italia eccelle solo in uno di questi, il supporto agli utenti, in cui è una delle cinque nazioni a ottenere il massimo dei punti. Nella maggior parte degli altri indicatori si posiziona sotto la media, con picchi negativi per quanto riguarda la trasparenza del design dei servizi, che riguarda il coinvolgimento dei cittadini nei processi di progettazione dei servizi, nei form precompilati a disposizione degli utenti e nella capacità di recepire documenti digitali esteri.
Il bisogno di miglioramento
Al di là dei numeri, l’eGovernment Benchmark sembra far emergere per l’Italia problematiche analoghe a quelle che si incontrano nell’IT a tutti i livelli: il bisogno di un miglioramento, soprattutto culturale, che permetta all’Italia di abbracciare una dimensione più europea. Lo testimonia, in particolare, il fatto che uno degli indicatori in cui la performance ottiene i valori più bassi è quello della trasparenza del design per i servizi, che in qualche modo misura anche la democratizzazione del digitale da parte delle istituzioni.
Il problema cronico dell’Italia nei confronti del digitale, tuttavia, parte da più lontano. Valutando altri dati che facilmente reperibili, per esempio l’ultimo rapporto Eurostat sulla Digitalizzazione in Europa, scopriamo per esempio che l’Italia, nell’ultimo rilevamento, è fanalino di coda per quanto riguarda i laureati nei settori ICT, ed è sotto la media anche per quanto riguarda l’impiego di specialisti del settore ICT. Prendendo in considerazione le informazioni esistenti in questo documento, i dati del eGovernment Benchmark prendono una connotazione diversa: il risultato, a fronte del livello di digitalizzazione, sembra mostrare un impiego delle risorse migliore rispetto a paesi che ottengono posizioni più alte in graduatoria.
Verso una prossima accelerazione?
Per quest’anno, insomma, i dati che ci vengono presentati dall’eGovernment Benchmark disegnano una situazione non rosea per l’Italia. Tuttavia, allargando il campo ad altri segnali, sembrerebbe, con un po’ di ottimismo, approssimarsi un cambio di passo: l’adozione del Cloud, per esempio, in Italia si muove rapidamente. Inoltre, il nostro paese inizia a conquistare anche l’interesse dei grandi gruppi, per esempio con l’apertura della prima cloud region in Italia da parte di Microsoft. Tutti fatti che avranno senza dubbio una ricaduta positiva, anche culturale, sul digitale italiano. Nella speranza di ritrovarla anche nei risultati dei prodotti delle istituzioni.