Nuovi strumenti pervasivi, nuove tecnologie disruptive e le solite competenze IT sempre più “introvabili” stanno accelerando la democratizzazione digitale. Accade in tutto il mondo, con differenti ritmi e modalità, ed è un processo che riguarda soprattutto le aziende ma di qualsiasi settore. I dipartimenti esterni all’IT stanno infatti prendendo sempre più in mano le proprie funzioni IT ed è inevitabile che ciò impatti sulla figura dei CIO. Che sia un bene o un male dipende, e non solo dai CIO stessi.
Fotografia di una “democrazia” che avanza
A intercettare questa evoluzione fornendo dettagli e spunti è lo studio Gartner “CIO and Technology Executive Survey 2024”, realizzato intervistando 2.457 CIO di vari settori, provenienti da 84 Paesi, 917 dei quali operativi in area EMEA.
Il dato che certifica il nuovo trend è un 46%: la percentuale di CIO che, proprio in area EMEA, afferma di star collaborando con i propri colleghi CxO, tanto da sentirsi ormai co-proprietario della distribuzione digitale su scala aziendale.
Dietro a questa nuova dinamica interna alla workforce ci sarebbe, secondo Gartner, l’ascesa dei servizi no-code, low-code e di AI generativa che rendono l’IT più accessibile e gestibile. In effetti il 66% dei CIO dell’area EMEA ha dichiarato di aver già implementato o di avere in programma di implementare i primi due entro il prossimo biennio e il 72% sostiene che l’AI “cambierà le carte in tavola” nei prossimi tre, anche se solo il 29% si riferisce nello specifico a quella generativa.
Il nuovo modello nasconde il rischio “shadow IT” interno
Ipotizzando, a buona ragione, una inarrestabile e crescente democratizzazione della distribuzione digitale, Gartner si prefigura un nuovo ruolo per i CIO. Li trasforma in “franchiser della tecnologia” con il compito di lavorare fianco a fianco con i propri colleghi CxO per affidare la progettazione, la gestione e l’erogazione dei vari asset digitali ai team più vicini al punto in cui viene creato il valore. In questo modo, le aziende mirerebbero a massimizzare i propri investimenti digitali.
Oltre che di co-proprietà, quindi, si deve parlare di co-leadership e la co-delivery, in un modello definito da Gartner franchising IT “by design”, in cui diventa quasi impossibile distinguere tra ciò che è “IT” e ciò che è “business”.
Questo è quanto emerge dallo studio e dai commenti teorici degli analisti ma che, una volta messo a terra nel mondo reale, assumerà diverse forme. Molto dipenderà dalla cultura aziendale e dalla sponsorizzazione del CEO, che saranno i fattori che più influenzeranno la progettazione e il funzionamento interno del modello di franchising e le modalità di coinvolgimento dei CIO e dei loro colleghi CxO.
Il “sospetto” è che tutto nasca dal desiderio dei CEO che i reparti IT si possano concentrare su aspetti e compiti maggiormente strategici. Questo potrebbe essere possibile: spostando altrove “i soliti servizi IT” grazie a nuove piattaforme e soluzioni. Il problema è che se le cose vanno male, sempre e comunque si torna dal CIO. Non a caso, l’81% di loro intende aumentare gli investimenti in cybersicurezza ed è preoccupato per la governance. Ne serve una solida: nulla contro la “democrazia digitale”, ma serve che qualcuno regga le fila della trasformazione di un’azienda, in qualsiasi fase ci si trovi. Il rischio è altrimenti quello di trovarsi di fronte a una situazione di caos ingestibile e a uno pseudo effetto “shadow IT interno” quasi più minaccioso di quello reale, esterno.