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Migrazione su cloud delle applicazioni critiche: come orientarsi nella scelta

Dalla Business Intelligence Analysis alla valutazione del provider che avrà l’onere di gestire e manutenere le piattaforme da cui dipende la continuità operativa. Lorenzo Parri, Sales Executive di WIIT, spiega gli elementi da considerare prima di fare il grande salto

Pubblicato il 11 Dic 2023

migrazione al cloud

Oggi le aziende che puntano a massimizzare l’efficienza operativa e a garantire la resilienza del business sono a un bivio: conviene o no migrare sul cloud le applicazioni critiche? Le buone ragioni per farlo sono sempre più numerose.

C’è innanzitutto il tema della scalabilità dell’infrastruttura: rispetto a un classico system integrator che lavora su ambienti installati on-premise, un Cloud provider dà possibilità di aggiungere molto velocemente nuove componenti in grado di soddisfare esigenze emergenti del business e degli utenti. Se si considerano i ritmi frenetici con cui si evolvono le tecnologie digitali, d’altronde, si comprende quanto ogni giorno quella che viene generalmente accolta come un’opportunità rischia di trasformarsi in una minaccia.

Impossibile poi non citare l’aspetto della sicurezza informatica, essenziale quando si parla di business continuity, visto che attualmente gli attacchi cyber sono tra i principali responsabili dei fault che si verificano nelle reti aziendali. Ebbene, per definizione, una soluzione in Cloud permette di integrare con i sistemi già attivi servizi aggiuntivi, come per l’appunto quelli di security e data protection , abilitando strumenti e processi che, sviluppati e gestiti autonomamente, determinerebbero un peso non indifferente sull’organizzazione, sia sul piano finanziario che su quello umano.

Ci sono poi i vantaggi della logica as-a-service, che oltre a permettere di devolvere in toto l’onere di seguire l’evoluzione tecnologica e applicativa al provider, consente alle imprese di passare dal modello CAPEX a quello OPEX. Si evitano così immobilizzazioni di capitale da investire nell’acquisto delle macchine e anzi si ha la possibilità di modulare il budget all’interno di piani di spesa trasparenti e – tendenzialmente – prevedibili.

Le applicazioni critiche non sono tutte uguali

I benefici di una migrazione al cloud, dunque, risultano evidenti. Anche e soprattutto quando in gioco ci sono le piattaforme su cui si regge il business. Ma come orientarsi nella scelta sia delle applicazioni da migrare sia del partner a cui affidarle? “Molto dipende da cosa si intende per applicazione critica”, spiega Lorenzo Parri, Sales Executive di WIIT.

“Ogni settore e ogni azienda, in effetti, fanno storia a sé. In generale, possiamo dire che un’applicazione critica è quella che concorre in modo importante al ricavo e all’immagine dell’azienda, da cui dipendono in altre parole i processi profondamente connessi col business. Se questi processi si bloccano o manifestano dei problemi, l’azienda, in ultima analisi, perde soldi.

Un esempio? Il gestionale o l’ERP con cui l’azienda crea ed emette ordini, fatture e documenti di trasporto è semplicemente vitale ormai per qualsiasi tipo di industry e verticale.

La verità – continua Parri, – è che non c’è solo un’applicazione critica, ma un ecosistema di applicativi che, a vario titolo concorrono a sprigionare il valore che l’azienda trasmette a clienti e partner. Per questo è fondamentale essere consapevoli che, quando si sceglie il Cloud, non ci si può fermare al substrato tecnologico: occorre anche prevedere servizi a livello di infrastruttura concepiti per soddisfare le specifiche esigenze del business sul piano della continuità operativa”.

Oltre la sfera tecnologica: la risposta può anche non essere il Cloud

Cosa significa questo all’atto pratico? Vuol dire che non basta programmare un’operazione lift&shift e trasferire il parco applicativo sul cloud senza prima pianificare accuratamente quale sarà l’impatto sull’operatività. “Si deve partire dall’assunto che l’elemento centrale non è quello tecnologico, bensì quello di processo”, dice Parri. “Ecco perché le aziende, prima di migrare le applicazioni critiche, dovrebbero condurre una serie di sessioni di BIA (Business Intelligence Analysis) allo scopo di identificare i processi critici, definendo i livelli di servizio necessari, e di individuare i potenziali rischi nel riposizionamento delle applicazioni sul Cloud. Ciò che intendo dire è che se, paradossalmente, la BIA ponesse in evidenza gravi incompatibilità con quel tipo di ambiente, la scelta più corretta sarebbe quella di pensare a un’altra soluzione. Pensiamo per esempio alle caratteristiche del settore del Manufacturing : i software che gestiscono le macchine, così come le piattaforme IoT, sono applicazioni critiche. E il loro luogo d’elezione, dal punto di vista infrastrutturale, è quello più vicino alla produzione. Quindi non nel Cloud, ma on-premise o tutt’al più nell’Edge, dove comunque rimane al provider l’onere di gestire l’infrastruttura”.

Bisogna a questo punto chiedersi da quali premesse e presupposti bisogna partire per impostare le sessioni di assesment, così da orientare correttamente la scelta della destinazione. “Non c’è una regola scritta”, ribadisce Parri. “Come detto le applicazioni critiche devono risiedere là dove l’esigenza specifica le porta a stare, e questo assunto dovrebbe orientare tutto il lavoro. In generale, penso di poter dire che un Cloud privato sia più adatto di una soluzione Public, quando si parla di processi mission-critical. Non metto naturalmente in dubbio la bontà delle tecnologie usate dagli hyperscaler, ma la scelta del Cloud pubblico porta inevitabilmente un’azienda a essere una goccia all’interno di un mare magnum. Questo significa in primo luogo non avere un’interfaccia efficiente ed efficace nel corso della collaborazione. Non dimentichiamo poi che, quando si ha a che fare con il Cloud, i progetti sono in continua metamorfosi: possono crescere in modo esponenziale, o al contrario devono affrontare fasi di downsizing. In ambedue i casi, la scalabilità a livello di infrastruttura risulta più complessa, e solitamente più costosa, nell’ambito del Public”.

Come scegliere il partner giusto per migrare le applicazioni critiche nel Cloud

Una volta identificata la soluzione – o la suite di soluzioni – che fa al caso del business, occorre ovviamente scegliere il partner con cui svilupparla. Secondo Parri il partner ideale non è quello che ha maturato una competenza verticale su un singolo prodotto, ma quello “che si trova nella posizione di porsi come advisor, fungendo da catalizzatore delle soluzioni offerte dai principali vendor del mercato e consigliando tecnologie, strumenti e metodologie che concorrano a migliorare il livello di resilienza del business . Un altro punto estremamente rilevante è la solidità dell’azienda a cui ci si rivolge. In questo caso contano molto le referenze, la storicità che il provider è riuscito a costruire, i business case che può condividere con i propri clienti. E poi deve esserci massima disponibilità a seguire l’evoluzione dell’azienda e dello scenario in cui opera. Fermo restando che all’inizio di qualsiasi progetto è impossibile predire cosa potrebbe succedere nel giro dei 36-60 mesi che di solito contraddistinguono i contratti di fornitura, è essenziale garantire un approccio flessibile alla soddisfazione delle esigenze del cliente”.

Per WIIT questo impegno si traduce nella scelta di offrire alle aziende la possibilità di migrare le proprie applicazioni critiche su un’infrastruttura che non deve essere per forza il suo Private Cloud. “Avendo puntato su un paradigma ibrido, per noi Cloud è sinonimo, virtualmente, di qualsiasi tipo di infrastruttura che eroga un servizio IT”, chiosa Parri. “In qualità di advisor, affianchiamo il cliente nella scelta delle soluzioni che rappresentano l’opzione migliore e le integriamo in un modello su cui vengono montati i servizi necessari: sistemi di delivery, tool, processi e componenti tecnologiche convergono poi con le nostre competenze non solo per garantire la capacità di reggere i carichi di lavoro mission-critical, ma anche di mantenere attiva l’operatività in seguito ad incident di varia natura”.

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