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Certificare performance quantistiche: ora per device ottici integrati si può

Ricercatori italiani e portoghesi hanno unito le forze per arrivare a sviluppare la prima applicazione sperimentale in grado di quantificare le risorse computazionali fornite dalla meccanica quantistica nei dispositivi ottici. Un passo avanti fondamentale per realizzare nuove applicazioni di metrologia, crittografia e computazione e per infondere coraggio e fiducia nel mondo quantistico

Pubblicato il 08 Gen 2024

Immagine di Ole.CNX su Shutterstock

Quando è complesso indicare una precisa roadmap ed è pressoché impossibile determinare con certezza il momento in cui si raggiungerà il quantum advantage, per il mondo che gira attorno alla meccanica quantistica ogni riferimento concreto, oggettivo, misurabile e comunicabile è più che mai prezioso.

Serve prima di tutto a chi fa ricerca, per mantenere, cambiare o affinare la propria direzione. Aiuta gli investitori, di tempo e di energie, per assicurarsi che valga la pena di credere nelle “magie dei qubit”. E può aiutare anche dal punto di vista dell’immagine, in modo che chi utilizza l’aggettivo “quantistico” non cominci a passare per un millantatore.

Con queste premesse, si può ben comprendere l’importanza della scoperta italo-portoghese pubblicata di recente sulla rivista Science Advances.

Capire quando i qubit portano valore

L’obiettivo iniziale era quello di trovare un modo per certificare le proprietà dei dispositivi ottici integrati. Il risultato degli esperimenti è stata la realizzazione della prima applicazione sperimentale in grado di quantificare le risorse computazionali fornite dalla meccanica quantistica nei dispositivi ottici. Obiettivo raggiunto, quindi, e ora si può contare su una nuova base solida per implementarne le future applicazioni nei campi della metrologia, della crittografia e della computazione. Un trampolino di lancio per questa tecnologia, “costruito” grazie a una collaborazione scientifica internazionale che prosegue da lunga data nel campo della certificazione quantistica. Quella tra la Sapienza di Roma, l’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-Ifn), il Politecnico di Milano e il Laboratorio Internazionale di Nano- tecnologia iberica (INL), con base in Portogallo.

La necessità di questo tipo di misurazione delle performance è stata dettata soprattutto dalla continua crescita in dimensioni e complessità dei dispositivi in oggetto. Era diventato fondamentale poter capire come certificare le varie proprietà quantistiche di dispositivi fotonici integrati di differenti tipologie, per certificare e individuare le risorse quantistiche che forniscono un vantaggio computazionale effettivo e per decidere consapevolmente come sfruttarle al meglio.

La scelta è caduta sui circuiti ottici integrati programmabili perché oggi rappresentano una delle principali piattaforme potenzialmente utili per l’elaborazione dell’informazione quantistica basata sui qubit. Da un lato li si può infatti utilizzare per verificare e approfondire le proprietà fondamentali della meccanica quantistica. Dall’altro possono essere un elemento chiave in dispositivi per future applicazioni nel campo della metrologia, crittografia e della computazione.

Nuova linfa e nuovi obiettivi per la ricerca

Gli esperimenti condotti presso il gruppo Quantum Lab dell’Ateneo romano hanno esaminato un circuito ottico integrato programmabile trovando e certificando la presenza di caratteristiche quantistiche autentiche come la contestualità e la coerenza.

Le nuove tecniche sviluppate da Italia e Portogallo hanno permesso anche di confermare il vantaggio quantistico in applicazioni pratiche come il quantum imaging. Un risultato affatto scontato che apre nuovi orizzonti nell’applicazione dei sistemi di imaging basati su correlazioni quantistiche, soprattutto nella metrologia e nei sensori. Oggi si può infatti avere la certezza di riuscire a ottenere una risoluzione che supera i limiti dell’ottica classica.

In un più ampio contesto di ricerca, il risultato ottenuto dal team diventa una consistente motivazione per proseguire nell’approfondimento di nuove tecniche per lo studio delle risorse non classiche. In generale, e dei dispositivi ottici che sfruttano stati quantistici della luce sempre più complessi.

Sembra che stavolta ci siano anche i fondi per farlo, quelli del National Quantum Science and Technology Institute (NQSTI), il finanziamento italiano per la ricerca fondamentale sulle tecnologie quantistiche, da unire a quelli dell’ERC Advanced Grant QU-BOSS (dal progetto Horizon Europe FoQaCiA) e della Fundação para a Ciência e a Tecnologia del Portogallo (FTC).

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