Si stima che i data center assorbano circa il 3% dell’intera produzione mondiale di energia elettrica, contribuendo al 2% delle emissioni di gas serra. Una gestione responsabile del fenomeno è cruciale non solo per ridurre l’impatto attuale, ma anche per evitare l’escalation dettata dalla crescente quantità di dati e dalla trasformazione digitale in corso in tutto il mondo. Partendo dai principali cloud provider, la transizione verso le energie rinnovabili e l’adozione di tecnologie green sono chiaramente in corso. Tuttavia, oltre a ottimizzare i consumi strutturali, un approccio sostenibile richiede anche la diminuzione del traffico non essenziale verso il cloud o, più in generale, verso le strutture centralizzate. Ed è in questo contesto di aumentata attenzione alla sostenibilità che emerge il ruolo responsabile del paradigma di Edge Computing.
La relazione tra Edge e sostenibilità
Un’analisi targata 451 Research (S&P Global) afferma che i volumi di dati dei workload low-latency (candidati perfetti per l’Edge) cresceranno con un tasso annuo composto dell’80% fino al 2027, passando da 5.700 PB a 194.000 PB. Nel 2022, il 52% di questo volume è stato processato in cloud o in un data center core, ma nel 2027 lo sarà solo il 37% del totale. Nel frattempo, giusto per completare il quadro, l’aumento costante dei volumi di dati e dei workload data-intensive (tutte le declinazioni dell’AI, per intenderci) porterà la richiesta energetica da 34 MW a 1.400 MW, con il 68% della domanda imputabile a implementazioni Edge.
Allo stato attuale, le aziende scelgono l’Edge (in tutte le sue manifestazioni) soprattutto per temi di performance, di compliance (sovranità del dato) e di gestione del rischio. In alcuni casi, fare solo affidamento sul cloud può risultare costoso o sconsigliato a causa di limiti di banda o di latenza, soprattutto quando si tratta di supportare i processi mission-critical di alcuni verticali come manufacturing ed healthcare. Il paradigma ibrido nasce per sopperire anche a questi limiti.
Sembrerebbe che oggi l’Edge non venga scelto per le sue potenzialità in chiave green, o che quanto meno queste valutazioni siano subordinate a quelle di performance e di compliance. D’altronde, è anche vero che non tutte le imprese hanno dei target formali di riduzione dell’impatto ambientale, e a questo si somma la complessità di quantificazione dei benefici (es, rispetto all’impiego di servizi cloud degli hyperscaler). Tuttavia, i dati riportati ci dicono che le implementazioni Edge saranno sempre più centrali negli ecosistemi IT aziendali, da cui l’obbligo di renderle efficienti e sostenibili ai massimi livelli.
Vantaggi, sfide ambientali e il modello edge as-a-service
Elaborare il dato nelle vicinanze del device che l’ha originato potrebbe determinare la classica situazione win-win: ottima sul versante ambientale (per via del minor traffico, come si è detto), parimenti valida a livello prestazionale per i workload sensibili alla latenza. Tuttavia, gli analisti sottolineano quanto le implementazioni Edge debbano essere pianificate e progettate dando il massimo risalto a temi ambientali, cosa che non sempre accade.
Soprattutto in un contesto enterprise, laddove le location possono essere decine o centinaia, la sfida è quella di adottare dei criteri di progettazione green (es, riciclo del calore) uniti all’impiego di tecnologie moderne, che per definizione sono attente al tema dei consumi. In termini di architettura, anche negli ecosistemi maggiormente distribuiti occorre ridurre il più possibile il traffico di dati tra le varie installazioni, per non vanificare i benefici promessi.
Una delle ipotesi più interessanti per miscelare benefici prestazionali e ambientali è ricorrere a un modello hosted, noto come Edge as-a-service, che di fatto offre i benefici delle grandi infrastrutture cloud, anche in chiave di condivisione dell’infrastruttura e di connettività, unite al beneficio della vicinanza geografica. Esattamente come gli hyperscaler, i provider di servizi edge as-a-service (comprese le telco) sono solitamente molto attenti alle tematiche di sostenibilità, e possono così facilitare il percorso dell’azienda verso i suoi target ambientali.
Edge computing come abilitatore dell’IoT
Finora abbiamo approfondito i potenziali benefici diretti dell’edge computing in chiave ambientale, che si riassumono dell’ottimizzazione dell’impiego di risorse come acqua ed energia elettrica. Tuttavia, c’è un altro angolo di visione da considerare, indiretto ma parimenti importante: Edge, infatti, è uno degli abilitatori di IoT, che a sua volta è il pilastro della trasformazione digitale di molte industry e settori.
Si pensi al manufacturing, laddove IoT è la base della manutenzione predittiva, del remote monitoring di interi ecosistemi industriali, o più in generale dell’ottimizzazione data-driven di processi manifatturieri complessi. Per non parlare del mondo sanitario, laddove IoT abilita il telemonitoraggio del pazienti spingendosi fino alla telechirurgia, oppure applicazioni dell’universo dei trasporti e del real estate, tra cui tutto il tema dello smart building e del digital twin di processo. Tutti questi casi d’uso hanno come obiettivi primari l’efficienza e la riduzione di tempi e costi, ma inevitabilmente determinano conseguenze ambientali molto positive. Tornando all’analisi di 451 Research, gli analisti sostengono che oggi solo il 25% delle enterprise indirizzi i progetti IoT verso la sostenibilità e la transizione energetica, ma è peraltro vero che il focus sugli ESG è sempre più centrale, e l’attenzione nei confronti degli indici di sostenibilità non potrà che crescere, anche nell’immediato futuro.