Le reti mobili 5G (Link articolo 7067) hanno molteplici ambiti di impiego in settori, come quello industriale, dove sono presenti anche tecnologie consolidate che, tuttavia, spesso non riescono a soddisfare le esigenze operative delle imprese. In situazioni che prevedono un elevato scambio di dati, integrazione fra IT e OT, applicazioni di automazione e controllo real time, il 5G fornisce prestazioni decisamente migliori, operando su frequenze licenziate, a differenza di tecnologie come WiFi. Per coprire un territorio molto vasto a livello geografico è inoltre possibile ricorrere a soluzioni 5G ibride che combinano reti pubbliche e private.
Per comprendere le sfide e le scelte nella realizzazione di soluzioni operative ancora di frontiera possono essere utili le esperienze e i percorsi di due grandi imprese come SNAM e Solvay.
SNAM, una piattaforma di telecomunicazioni 5G ibrida
Il core business dell’azienda è il trasposto di gas metano importato, dai punti di consegna al confine per distribuirlo a circa 7mila punti di accesso sul territorio nazionale. L’attività si basa 33mila chilometri di rete di gasdotti e una trentina di grandi impianti fra campi di stoccaggio, stazioni di compressione, rigassificatori e strutture simili. Un’infrastruttura che va controllata a distanza da pochi punti centralizzati. Il 5G rappresenta l’evoluzione delle tecnologie di telecomunicazione adottate nel tempo per raccogliere e inviare segnali, a partire dai ponti radio e dalle connessioni in rame fino alla fibra ottica e alla sperimentazione WiFi.
“Abbiamo scelto strategicamente, all’interno del nostro programma di innovazione industriale SnamTec, di adottare il 5G come uno degli elementi qualificanti della nostra piattaforma di telecomunicazioni, per gestire al meglio gli impianti distribuiti sul territorio nazionale”, sottolinea Giorgio Veronesi, Executive Director Digital Technology and Innovation, SNAM. “La sfida è poter affrontare scenari complessi con un’unica rete, con caratteristiche stringenti di sicurezza e affidabilità, che fornisca livelli di servizio e funzionalità comuni, pur in presenza di limiti fisici e tecnici differenziati.”. Per farlo serve un’infrastruttura ibrida con una copertura nazionale che SNAM ha scelto di realizzare con Vodafone, l’operatore telco che la accompagnerà nel percorso.
In prospettiva, l’ambizione è sfruttare la copertura nazionale per scenari di mobilità autonoma, andando a complementare i controlli sulla rete di gasdotti fatti dalle persone, con un monitoraggio di droni. “La condizione per trarre i benefici attesi è la capacità di velocizzare la distribuzione del 5G” sottolinea, mettendo in luce alcuni benefici che già si possono cogliere, adottando da subito il 5G come standard. Con questa scelta una grande azienda come Snam può stimolare il mercato per superare i problemi che frenano la diffusione del 5G come, ad esempio, la mancanza di dispositivi e di sensori, grazie all’influenza sui suoi fornitori.
Progetto Solvay per un’architettura dedicata MPN
L’azienda chimica, da 160 anni sul mercato, con 22mila dipendenti, è presente in 60 Paesi con 250 siti, 99 dei quali industriali. La digitalizzazione, avviata nel 2016, ha evidenziato fin dall’inizio la difficoltà di connessione con WiFi (già realizzata negli uffici amministrativi) nelle fabbriche chimiche molto vaste, problema accentuato dalla progressiva integrazione IT-OT. “Come gruppo, non riuscivamo a rispondere alla necessità di connessione alle applicazioni aziendali da punti remoti della fabbrica”, ricorda Fabio Zattarin, Service Delivery Manager, Solvay.
Valutando non ancora mature le soluzioni HPN (High Performance Network), Solvay le ha messe sotto osservazione fin dal 2018 ma ha concentrato l’attività su servizi di connessione di tipo Private APN (Access Point Name), tuttora adottati in casi particolari. Dopo due anni di blocco dei progetti a causa del Covid, ora sono in corso di sviluppo più soluzioni in parallelo, una delle quali in Italia, a Spinetta Marengo (Piemonte), basata su 5G. Il partner per il progetto italiano è Vodafone, selezionato sulla base a una Request for proposal che ha considerato aspetti sia tecnologici, sia economici, e ha visto il coinvolgimento di diversi fornitori di telecomunicazioni nei diversi Paesi.
Il progetto (che si prevede di completare in 6-9 mesi) comporta, secondo Zattarin, la necessità di costruire un ecosistema e un team, con competenze multidisciplinari (tecniche, legali, acquisti, etc.) per lavorare sia verso l’esterno, sia verso l’interno.
L’architettura dedicata Mobile Private Network (MPN) di Solvay prevede: accesso dai device degli utenti tramite SIM; soluzione radio con antenna privata collocata sul tetto degli edifici coinvolti (5G NSA public Layer e LTE layer), gestita via BBU (Base Band Unit); core network in una configurazione High availability, Nokia DAC (Digital Automation for industrial campus) Manager. A differenza di Snam, la scelta Solvay fa ricorso esclusivamente a reti private. “La soluzione ibrida che avevamo valutato all’inizio è stata rifiutata, per il momento, dal team di sicurezza”, precisa Zattarin.
Perché l’approccio 5G conviene
I casi, sopra esposti in sintesi, hanno in comune la scelta di avviarsi con decisione sulla strada del 5G, nonostante alcune difficoltà iniziali dovute all’inesperienza, sia dell’azienda sia dei vendor, evidenziate da Solvay, o la carenza di device messa in luce Snam, che ha deciso di svolgere un ruolo attivo nello stimolo ai produttori. Per entrambi, la scarsa disponibilità di frequenze non va considerata come alibi; l’eventuale periodo di attesa va sfruttato per acquisire competenze, valutare e presentare i vantaggi delle reti 5G rispetto ad altre soluzioni.
“In alcuni impianti, dove vanno sostituite infrastrutture obsolete, il costo delle antenne 5G va messo a confronto con il costo di chilometri di fibra”, esemplifica Zattarin. Il messaggio al management è: stiamo andando verso una graduale riduzione delle infrastrutture “old style” in favore di un’infrastruttura di nuova generazione che elimina o riduce la coesistenza di una varietà di tecnologie.
“Il 5G permette di gestire già oggi apparati a basso consumo con throughput limitato e permetterà in futuro di gestire apparati di nuova generazione”, conclude, a sua volta, Veronesi. “Tuttavia, il vero motivo per cui lo adottiamo è la messa a punto di un modello federato in grado di abilitare use case avanzati che saranno fra un paio di anni i maggiori beneficiari”.