Data Strategy Index, realizzato dall’Osservatorio Big Data & Business Analytics per misurare la maturità delle aziende in tre ambiti (Data Management & Architecture, Business Intelligence e Descriptive Analytics e Data Science), classifica come avanzate solo un quinto delle grandi imprese mentre circa un terzo risulta immaturo o ai primi passi. Dalla ricerca emerge inoltre che solo il 19% delle grandi organizzazioni sostiene di avere dati di buona qualità, utilizzabili fra diversi domini aziendali e evidenzia lo scollamento fra data governance, data quality (demandata nel 68% all’IT) e business.
Il 13% delle grandi imprese del campione, esclusivamente fra le imprese classificate come avanzate, ha adottato un approccio Data as a Product (DaaP), mentre l’8% sta sperimentando il data mesh interno, inteso come federazione delle responsabilità sui data product (DP) a partire da linee guida, infrastrutturali e di data governance, condivise e strutturate. Questa tendenza, se pur ancora minoritaria, grazie alla decentralizzazione della data ownnership e al trasferimento della responsabilità dal data team centrale alle diverse business unit che creano e utilizzano i dati, può consentire la disponibilità di dati di qualità, fruibili da tutta l’organizzazione, con una decisa democratizzazione del processo e il superamento dei data silos.
La data strategy di Hera
L’esperienza di Hera, multiutility che offre servizi energetici (gas e elettricità), ambientali e idrici, con forte attenzione alla sostenibilità, è un esempio interessante in quanto ha intrapreso concretamente questo percorso per attuare la propria strategia dati. “Il Gruppo è costituito da più società (quindici le realtà principali) con background e domini di business differenti. Questa complessità ha portato l’azienda a scegliere il data mesh”, spiega Marco Mondardini, Head of Data Analytics & Intelligent Automation, Gruppo Hera che aggiunge: “Il concetto di data product è alla base delle nostra data strategy”.
Il piano analitico dell’azienda è formato da DP di dominio, collegati ai sistemi operazionali, e a DP di consumo, dove confluisce qualunque progetto di analytics. Di seguito elenchiamo una serie di caratteristiche che Hera considera in tutto il ciclo di vita del dato, dalla progettazione, alla manutenzione, alle successive versioni, fino alla dismissione:
- i dati vengono archiviati come eventi immutabili e storicizzati per consentire la ricostruzione di ogni istante;
- i metadati favoriscono, grazie alla catalogazione, la condivisione delle informazioni, facilitando il corretto utilizzo del dato e tracciando l’intera filiera;
- l’ownership, definisce le figure che hanno una conoscenza funzionale del processo di business, in grado di migliorare la qualità del dato stesso;
- l’input port definisce l’acquisizione dei dati, attraverso connettori che comunicano con le sorgenti operazionali o con l’output port di altri data product;
- l’output port, indica le diverse modalità con cui i dati elaborati sono esposti in sola lettura;
- le logiche, ad esempio l’indicazione di come il dato viene trasformato, è embedded nel DP;
- l’infrastruttura si basa su tecnologica cloud.
Nel piano analitico sono presenti oltre 250 DP, a oggi operativi, per le diverse società Hera. Nell’affrontare il DP sono state considerate tre tipologie di tematiche: la tecnologia (indispensabile ma da sola non sufficiente), i processi e le persone.
Per quanto riguarda la tecnologia, come anticipato, è stata fatta una scelta completamente cloud oriented, con ambienti definiti da Hera, anche per i fornitori che devono sviluppare secondo regole stabilite dall’azienda.
Gli assetti strategici, in termini di processi, si basano su un modello operativo che include: un hub centrale, formato dal servizio Data analytics, di cui è responsabile lo stesso Mondardini, il servizio IT, la cybersecurity e la gestione del personale (HR); diversi spoke, rappresentati dalle unità di business delle diverse società. Nella costruzione di un DP viene definita anche la cosiddetta “stanza agile” che comprende una serie di figure professionali, compreso l’owner del dato, che vengono inserite, con nome, cognome e responsabilità, nel catalogo che definisce le caratteristiche del DP.
“La condizione affinché le nuove soluzioni di gestione dei dati siano efficaci passa dalle persone”, precisa Mondardini. “In collaborazione con HR stiamo definendo piani di change management per sviluppare la cultura del dato”. A tal fine è stata creata una community di 450 persone e sono stati sviluppati piani di formazione personalizzati sulle skill delle figure e ruoli coinvolti.
I cambiamenti necessari per poter fruire dei molti benefici
“Il data mesh è certo complicato da attuare, ma l’assetto societario del gruppo, così complesso e differenziato, ci ha portato a fare questa scelta che al momento consideriamo vincente”, sottolinea Mondardini. Secondo il manager, la nuova impostazione porta molti vantaggi, ma richiede un cambio di cultura aziendale non sempre facile. La scelta di Hera che si basa sulla suddivisione in domini e sulla logica di data market place consente, ad esempio, alle diverse società e business unit di condividere informazioni, in precedenza gestite a silos. La condivisione delle informazioni genera sia un’elevata efficienza sia una maggior qualità dell’informazione (in quanto specializzata sull’ownership); si ottengono inoltre i principali vantaggi derivanti dal data mesh quali scalabilità e riutilizzo dell’informazione.
Serve, tuttavia, un cambio radicale di approccio nell’interazione degli utenti con i dati, che necessita di un change management, realizzato con il coinvolgimento dell’unità HR. Particolarmente critica risulta, ad esempio, l’individuazione dell’owner del DP che è il presupposto del nuovo approccio. “Il business era abituato a considerare l’IT come il vero owner del dato”, esemplifica Mondardini. Un’ulteriore difficoltà iniziale era l’abitudine degli utenti a disporre del dato per poterlo rielaborare in Excel o con altri strumenti personali. “Superati questi scogli iniziali, ora gli utenti stanno iniziando ad apprezzare la nuova modalità che va a sostituire la precedente”, aggiunge. Basta con i report che non si parlavano, con le estrazioni continue dai sistemi che li mettevano in crisi, con dati spesso non coerenti. “Il nuovo paradigma vede il business come attore primo, la focalizzazione sul dato e la democratizzazione del processo”, conclude.