Tutti parlano di large language model, “oggetti” sconosciuti ai più prima dell’avvento di ChatGPT, ma pochi riescono (e forse vogliono) davvero utilizzarli nella propria organizzazione. Il fatto che un reale sfruttamento fruttuoso dell’AI generativa sia all’appannaggio di quell’élite che se lo può permettere sta diventando evidente, ma non è detta l’ultima parola. C’è ancora tempo per cambiare il corso dell’innovazione, soprattutto se a muoversi sono le big tech che detengono le tecnologie “game changer”.
Tra quelle che hanno scelto come nuova mission la democratizzazione dell’esperienza dell’AI generativa e dei LLM c’è Microsoft. Ha deciso di farlo attraverso un servizio SaaS costruito sulle fondamenta delle tecnologie di Microsoft Power Platform. Nessuno strappo sul business o sulla R&D unit: si guarda avanti in continuità.
Le tre opportunità AI da esplorare con Copilot Studio
All’interno della sua strategia “Copilot-based”, Microsoft ha infatti sviluppato Copilot Studio, “una soluzione no code, l’evoluzione naturale della tecnologia esistente, fortemente ispirata a Power Virtual Agents che abbiamo esteso partendo dai chatbot, per poi aggiungere altri scenari” spiega Luca Polzot, Sales Manager Modern Work di Microsoft
Copilot Studio si rivolge alle aziende e alle organizzazioni, coprendo in particolare tre esigenze. Permette di costruire copilot personalizzati e verticali, sia a uso interno che esterno. “Collegato a database aziendali, per esempio, può rispondere a domande sull’area HR o IT mentre, se rivolto verso l’esterno, può agire come customer-facing service sulla pagina web o sui social, interagendo in varie lingue e gestendo ordini e prenotazioni, o trovando prodotti” precisa Polzot.
Grazie a circa 1100 connettori, Copilot Studio integra fonti dati esterne al mondo Microsoft, ma funzionali e spesso indispensabili per le aziende, per permettere loro di non dover saltare da una soluzione all’altra ma restare “con Copilot”, senza dover rinunciare ad alcuna informazione di dominio, utile per un particolare task. La terza esigenza che trova risposta in questa nuova soluzione intelligente è quella dei bot personalizzati. In questo caso si “cavalca” Teams, lo si arricchisce di connettori standard e lo si trasforma in un universo di potenziali copilot personalizzati con AI generativa. “Possono collegarsi a Sharepoint, mandare una mail o una richiesta di meeting” spiega Polzot, citando i tre use case più frequenti. “No code e linguaggio naturale consentono a chiunque di iniziare a costruire in pochi secondi il copilot che fa al caso suo”.
Privacy, IP e affidabilità: Microsoft punta sul proprio CV
Offrire questo tipo di soluzione, senza pensare a cosa rispondere alla quasi totalità delle aziende oggi preoccupate per il destino dei propri dati, nell’era dell’AI generativa, sarebbe imprudente. Microsoft da questo punto di vista, “gioca facile”, potendo contare su un già solido contratto dedicato al mondo enterprise con un focus su privacy e sicurezza. Una “dichiarazione generale” di principi di responsabilità aziendali a cui anche Copilot Studio si allinea, con una sorta di “addendum” per precisare che i dati delle aziende non verranno utilizzati per il training dei modelli. “Se si realizza un Copilot interno per la propria business unit, che usa dati sensibili e preziosi, non solo restano nel confine logico aziendale ma vengono solo utilizzati per migliorare l’output in modo personalizzato” spiega Polzot.
Per mitigare invece il possibile timore di denunce di violazione della proprietà intellettuale che potrebbe cogliere chi è intenzionato a sperimentare l’AI generativa, Microsoft ha messo in campo uno strumento ad hoc. Con questa sorta di “copertura legale dichiaratamente dedicata al copyright” garantisce di “difendere il cliente e pagare l’importo di eventuali sentenze o patteggiamenti sfavorevoli risultanti dalla causa, a condizione che abbia utilizzato i guardrail e i filtri per i contenuti integrati nei prodotti”.
Un gesto per alcuni ovvio e dovuto, ma che fa comprendere come l’azienda cerchi di mettere a tacere ogni possibile inquietudine legata all’AI generativa, perché i suoi vantaggi possano raggiungere il maggior numero di organizzazioni interessate.
La sua strategia fa leva sull’affidabilità già dimostrata su altre soluzioni, contando che le aziende la estendano anche su questa tecnologia disruptive e non sempre semplice da gestire. Gliela offre integrata, “infusa in tutte le soluzioni, perché ci si veda come un player che le può aiutare in tutte le componenti IT della loro infrastruttura, in maniera orizzontale”, precisa Polzot.
Il futuro di Copilot Studio incontra quello delle PMI italiane
Tra i settori più “propensi all’estensione AI gen”, Polzot cita finance, healthcare & life science, manufacturing e Telco & ICT. Regolamentati ma anche ben finanziati e aperti alle innovazioni, potrebbero essere i primi a sperimentare Copilot Studio in questo suo esordio timido. Per “timido”, si intende rispetto alle aspettative che si hanno nei suoi confronti. “Diventerà uno strumento potentissimo, in grado di abbracciare tutti gli use case per la creazione di verticali di AI generativa. Si potrà integrare con tutto il mondo Azure, facendo da ‘cappello’ all’intero portfolio di soluzioni” spiega Polzot. “I CIO potranno tenere tutto sotto controllo attraverso la sua interfaccia, monitorando ogni applicativo creato, utilizzandola per svilupparne di nuovi o per richiamare altri servizi di AI generativa in vista di nuovi casi d’uso molto personalizzati” aggiunge.
Una “tentazione” non solo per le (poche) big italiane, che la valuteranno come opzione per la propria doverosa adozione dell’AI generativa. Una “tentazione” anche per le PMI? Nessun ostacolo dal punto di vista tecnologico impedirebbe loro di sperimentare uno strumento come Copilot Studio, ma non mancano quelli di mindset o cambio prospettiva e di oggettiva carenza di competenze IT. Un problema da affrontare a livello di ecosistema, secondo Polzot che individua due azioni da compiere con urgenza e contemporaneamente incoraggiare i giovani a studiare materie IT, per diventare un Paese future ready, e “aggiornare” le skill della forza lavoro attuale. “Serve una formazione di base, a tappeto, per alzare il livello di conoscenza e permettere e tutti di poter interagire con strumenti basati sull’AI generativa, anche utilizzando i prompt, cioè i comandi che diamo indirizzando le richieste” spiega Polzot. “Poi, serve aumentare le competenze AI degli specialisti, per fare uno step up. Ma tutto questo è impossibile se non si crea una partnership pubblico-privato e un programma nazionale di accesso a fondi per la formazione sull’AI generativa che stimoli le PMI da più parti e che soprattutto le supporti. Ora che c’è un nuovo gruppo di lavoro dedicato all’AI, questo è il lavoro da fare: capire come aiutare le PMI”.