Fino a qualche anno fa, i chip erano un tema di nicchia, quasi anche per chi si occupava di tecnologia. Lo si può affermare a posteriori, più che altro, osservando come oggi siano invece di dominio comune e portino agli occhi di tutti la fluidità della loro evoluzione. La ricerca attorno a questi “oggetti” minuscoli è in gran fermento: sono fondamentali per l’innovazione tecnologica e se non diventano sempre più efficienti, rischiano di diventare un grave ostacolo bloccante. E poco aggirabile.
È in questo contesto di grande attenzione alle novità che arriva quella annunciata sulle pagine di Nature Communications: un nuovo chip di comunicazione future ready, anche particolarmente performante per radar avanzati, sistemi satellitari e reti wireless avanzate.
Un nuovo schema di chip “illuminante”
Il “segreto” sta nella nuova architettura, unica nel suo genere, perché in grado di ospitare componenti sia elettronici che basati sulla luce. Tutto in un circuito convenzionale, che vede così aumentare drasticamente la larghezza di banda della radiofrequenza (RF) e, allo stesso tempo, migliorare la precisione del segnale ad alte frequenze.
Dietro a questo annuncio c’è un vero e proprio prototipo funzionante di 5 x 5 millimetri, costruito come giocando con il Lego, attaccando su un wafer di silicio i componenti elettronici e fotonici sotto forma di “chiplets”.
Uno degli impatti più interessanti del nuovo chip è quello verificatosi sull’efficienza nel filtrare le informazioni. Con il nuovo schema, infatti, i ricetrasmettitori wireless inviano dati e i filtri a microonde bloccano i segnali nella gamma di frequenza sbagliata, mentre quelli fotonici a microonde fanno lo stesso per i segnali luminosi. Un “attacco incrociato” che assicura risultati migliori.
Combinare componenti fotonici ed elettronici e integrare filtri fotonici a microonde efficaci in un unico chip “tradizionale” è stato molto complesso, ma i vantaggi sono molteplici.
Guardando alle moderne applicazioni di comunicazione e radar, i nuovi chip permettono una flessibilità di filtrare con precisione diverse frequenze mai vista. Ciò significa riuscire in futuro a evitare le interferenze elettromagnetiche, migliorando la qualità del segnale.
Anche guardando al 6G in arrivo e al 7G previsto, si deve considerare che le loro frequenze più alte consentono una velocità maggiore, ma sono anche più “sensibili” a ostacoli, interferenze e ostruzioni. Le lunghezze d’onda più corte trasportano più energia, infatti, ma non riescono a penetrare attraverso superfici e oggetti più grandi come quelle del 5G, per esempio, mostrando un poco gradito calo della portata del segnale.
Con un boom del 6G previsto entro il 2030, dalla Global Systems for Mobile Communications Association (GSMA) e operativo su una frequenza da 7 a 15 GHz, chip di comunicazione con una larghezza di banda RF maggiore e un filtraggio avanzato sono più che mai necessari e urgenti, quindi. E questo nuovo risultato della ricerca ci permette di sognare che arriveremo in tempo per evitare che un chip blocchi la nuova generazione wireless che molti stanno aspettando.