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Internet ci fa male? Va chiesto alle big tech

In media, non ci sono prove oggettive per affermare che la diffusione di Internet porti a un peggioramento della nostra salute mentale. Lo afferma un nuovo studio inglese, segnalando però anche l’impossibilità di accedere ai dati di social media e game. Senza queste informazioni, non si può capire cosa ci accade davvero quando siamo online

Pubblicato il 12 Feb 2024

Immagine di Summit Art Creations su Shutterstock

Ci sono tematiche su cui si spera sia possibile avere certezze e, tanto è il desiderio, che si finisce per accogliere come dogmi alcune affermazioni, senza curarsi di capire se sono supportate da dati o ricerche. Un esempio è la tesi che sostiene che Internet faccia male alla salute mentale degli individui. Un nuovo approfondito studio afferma che, per lo meno in media, ciò non è per nulla vero.

Alti e bassi: Internet in media non ha cambiato nulla

Nessuno ci chiede di sposare la nuova tesi ciecamente: i ricercatori sono i primi a spiegare che ci sono ancora molti punti da approfondire sull’argomento. La loro pubblicazione contiene però un messaggio importante per chiunque viva in un contesto anche un minimo digitalizzato. Non diamo per scontato che utilizzare tutto ciò che è connesso faccia male sempre e comunque, in ogni situazione e a tutte le tipologie di persone.

Per arrivare ad affermare che l’aumento dell’uso di Internet non ha avuto effetti negativi sulla salute mentale, il team di ricerca prevalentemente operativo nell’Oxford Internet Institute (OII) ha combinato i dati di milioni di persone in 168 paesi, elaborando un documento dal titolo “Global Well-Being and Mental Health in the Internet Age”. Nello specifico, ha recuperato informazioni sul benessere mentale di due milioni di persone raccolti tra il 2005 e il 2022, unendoli ai tassi di ansia, depressione e autolesionismo registrati dal 2000 al 2019. Ne ha ottenuto un quadro di “mental health” che ha poi connesso con i dati demografici e le località, confrontandoli con i tassi di utilizzo di Internet a livello locale.

Un intenso lavoro da cui è emersa la tesi in controtendenza. Non ci sono prove “che Internet e le tecnologie da esso abilitate, come gli smartphone con accesso a Internet, stiano attivamente promuovendo o danneggiando il benessere o la salute mentale a livello globale”.

Alla domanda, “Internet ci fa bene?”, ci si deve probabilmente rassegnare a rispondere e a sentirsi rispondere “dipende”. Perché più che non esistere risposta, ne esistono tante, a seconda dell’età, del sesso, delle competenze e di altri fattori, molti ancora da individuare e analizzare. Nello studio, qualcuno viene anticipato in forma di “trend leggero”.

Se la salute mentale media nei vari Paesi non viene influenzata da Internet, spesso si registra un aumento delle singole esperienze molto negative o molto positive che non emerge nel momento in cui le si ingloba nelle statistiche. Gli effetti più evidenti si registrerebbero nei giovani, ma non sempre sono negativi, se non nel caso delle giovani donne. Non si può però generalizzare sostenendo che laddove Internet è stato complessivamente più adottato si registrino livelli più bassi di benessere e salute mentale.

Senza i dati social non sappiamo come stiamo

Dopo aver instillato non uno, ma tanti dubbi, i ricercatori di Oxford lanciano una sorta di appello perché la comunità scientifica, invece di arroccarsi su antichi dogmi, effettui ulteriori studi per indagare altre potenziali differenze basate su fattori demografici, economici e culturali. Ci sono molti nessi ancora da esplorare che potrebbero rivelare molto sul rapporto tra tecnologia e benessere e aiutare la società a far aumentare il secondo.

Ci sono anche da risolvere alcune problematiche legate all’accesso ai dati, in particolare a quelli delle piattaforme di social media e game. Senza di essi, non si può avere un quadro realistico dell’impatto di internet sulle nostre vite, ma per ora non c’è modo di averli. Anche se vengono raccolti e analizzati di continuo a fini di marketing e di business, non risultano accessibili ai ricercatori indipendenti. Senza queste informazioni, secondo gli autori dello studio, “la ricerca sugli effetti delle tecnologie di Internet resta in fase di stallo (…). Finché questi dati non potranno essere analizzati in modo trasparente per il bene pubblico, i potenziali effetti nocivi di Internet e di altri ambienti digitali rimarranno sconosciuti”. Per capire cosa sta andando storto e quali tipi di soluzioni potrebbero effettivamente rendere le esperienze online migliori per la nostra salute, bisogna bussare alla porta dei big.

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