It e business: competenze integrate

La crescente importanza assunta dall’Ict nelle aziende determina nuove focalizzazioni in rapporto alle competenze dei Cio e soprattutto ai modelli organizzativi dell’impresa. Con una connessione e integrazione fra figure It e manageriali sempre più stretta. Nella foto Andrea Rangone, Direttore Executive Mba Ict del Politecnico di Milano

Pubblicato il 19 Dic 2005

L’esigenza di un sempre maggiore allineamento tra business e It richiede una logica ri-definizione del ruolo delle tecnologie informatiche e di rete e delle competenze dei Cio ma anche dei capisaldi della governance d’impresa per lo sviluppo delle strategie future e la gestione delle attività correnti. Si tratta di temi presenti da tempo nell’agenda di molti addetti ai lavori e che sono stati ampiamente dibattuti nel corso di un convegno organizzato del Politecnico di Milano, in occasione del lancio del primo Executive Master Business Administration con indirizzo Ict in Italia (www.mip.polimi.it/executivembaict). Ne abbiamo parlato con Andrea Rangone, Direttore Executive Mba Ict e uno dei responsabili dell’attività degli Osservatori curata della School of Management dell’ateneo milanese.

ZeroUno: Parliamo di nuove metodologie di gestione della funzione It e dei possibili impatti sui processi aziendali. Come evolve l’Ict governance in relazione all’esigenza di maggiore efficienza nella più generale governance d’impresa?

Rangone: La corporate governance sta andando nella direzione di una maggiore responsabilità degli attori coinvolti, e quindi anche delle figure che costituiscono l’area It. L’attenzione è forte sulle metodologie di attribuzione di compiti e ruoli decisionali per rispondere ai rinnovati obiettivi strategici dell’azienda.
Occorre però distinguere fra governance “esterna” e “interna” all’Ict; queste due modalità di governance determinano due differenti modelli relazionali del Cio con le diverse componenti aziendali: nel primo modello la responsabilità e il valore strategico dell’Ict è in strettissima relazione con il vertice, che ne determina il peso strategico secondo un modello “top down”; nel secondo, il ruolo del Cio è più specifico, diretto verso gli utenti degli strumenti Ict in azienda e più propenso a ridefinire processi di governance rispetto ad attività gestionali di esercizio e di sviluppo.

ZeroUno: Il change management è un passaggio obbligato per allineare l’It al business. Quali sono le figure per ricoprire i ruoli chiave di questa trasformazione nella grande e nella media impresa?
Rangone: Nella grande organizzazione la governance è appannaggio di varie figure del management, dall’amministratore delegato al general manager, dal direttore finanziario a quello delle risorse umane e il Cio sta diventando una di queste. Nelle Pmi tutto è più concentrato nelle mani della direzione e si viene a creare di fatto una relazione diretta fra imprenditore e responsabile.

ZeroUno: Il Cio, un ruolo in “obbligata evoluzione”: quali le criticità da superare per arrivare alla “drivership” del cambiamento?
Rangone: Vanno analizzate da due angolazioni distinte, quella del Ceo e quella del Cio. Nel primo caso è strategicamente importante la sensibilità della direzione aziendale sul tema Ict: a volte l’interesse verso l’innovazione tecnologica interna è solo di facciata e non produce effetti positivi di sostanza per il Cio, non eleva quest’ultimo al riporto diretto al vertice, non lo premia con una “dignità organizzativa” adeguata, non lo fa entrare quindi in modo proattivo nelle fasi decisionali importanti per il futuro dell’impresa. Dal lato del Cio l’imperativo è invece quello di uscire dal proprio “ghetto” tecnologico, parlando con competenza il linguaggio del business, superando i confini specifici della materia tecnica e interagendo in modo attivo con le figure del management. Ci sono situazioni eterogenee in cui emergono evidenti carenze di leadership e altre in cui l’esperienza acquisita sul campo è la base sulla quale edificare le nuove mansioni del Cio. Parliamo in definitiva di un ruolo che da monolitico evolve a un giusto mix di competenze tecniche e di gestione.

ZeroUno: Più Ict nel management o più management nelle Ict: cosa dice la vostra esperienza in merito riguardo Pmi e grandi imprese?
Rangone: Nelle Pmi mancano, spesso e volentieri, entrambe le dinamiche: se pensiamo all’incidenza dell’Ict nel management abbiamo osservato come non si è capito in molti casi il ruolo rilevante delle tecnologie per il rinnovamento dei processi aziendali, limitandone l’uso all’automazione di procedure e attività ricorrenti senza considerarne le potenzialità in chiave sistemica. Rispetto all’altra faccia della problematica abbiamo rilevato invece come a dirigere i sistemi informativi nelle medie imprese vi siano ancora molti “tecnocrati”, specialisti altamente competenti ma privi della necessaria sensibilità verso i temi di business. Nella grande impresa si sta assistendo a un sostanziale processo di cambiamento, che si manifesta per esempio anche nell’elevato turnover di figure in seno ai grossi nomi dell’industria e dell’economia italiana. Anche in questo caso, comunque, ci sono figure che già vantano le caratteristiche di un Cio evoluto e altre che invece devono ancora maturarle.

ZeroUno: Parlando nello specifico di competenze gestionali, infine, come è possibile concretamente aumentarne il livello, considerando che le risorse umane di una direzione It sono tipicamente piuttosto lontane, anche culturalmente, da conoscenze approfondite di management?
Rangone: Vi sono molteplici risposte possibili. Alcune fanno leva su politiche “trasversali” di gestione delle risorse umane, quali per esempio la job-rotation, finalizzata nel tempo a far ricoprire alle persone It ruoli meno strettamente tecnici e più orientati alla componente di managemenmt, come il process analysis, il project management, il client management. Una seconda possibilità è la co-location, mirata a far lavorare lo staff It a stretto contatto con le persone di business, con l’intento finale di promuovere movimenti di personale dalla sfera It alle altre unità organizzative utenti e viceversa, con l’intento di favorire l’integrazione di culture e di competenze. Il supporto allo sviluppo delle competenze gestionali in un’organizzazione It viene quindi anche da specifiche politiche di assunzione, finalizzate a reclutare figure che dispongono in partenza di una buona sensibilità gestionale e di specifici skill, oppure da programmi di formazione manageriale pensati ad hoc o basati su percorsi standard esterni, quali ad esempio quelli tipici di un Master in Business Administration. Ma quanti Cio pensano oggi di inserire nella propria struttura giovani figure ad alto potenziale con l’esperienza di un Mba?


BUSINESS MANAGEMENT & ICT, UN MATRIMONIO POSSIBILE

Sul ruolo dei Cio e lo sviluppo di nuovi modelli manageriali ZeroUno ha raccolto i pensieri di alcuni fra i più importanti Cio italiani e quelli di alcuni autorevoli addetti ai lavori

Arrigo Andreoni, Chairman It governance Gruppo Telecom
“Le competenze di un Cio oggi? Devono partire dal business; essere troppo tecnologici è un errore. L’innovazione si crea adottando e sfruttando l’It a supporto delle attività strategiche. Il modello di management generico è poco produttivo ed efficace: il Cio deve essere un driver tecnologico nel senso di indirizzare le scelte legate alle soluzioni informatiche, partendo dal presupposto che l’It rimane un fattore strumentale”.

Alessandro Bufacchi, Cio di Enel
“Cambiare pelle organizzativa significa per forza di cose impattare sulle risorse, da quelle umane a quelle strutturali fino a quelle di processo. L’Ict è realmente il sistema nervoso aziendale e lo strumento per realizzare innovazione, in termini di nuovi modelli operativi e di nuovi servizi al cliente. Ma è l’Hr il fattore centrico per abilitare progetti di cambiamento complessi e nuove competenze: occorre lavorare all’evoluzione del mix di conoscenze in seno all’azienda, fra tecniche di project management e di analisi finanziaria”.
Gianluigi Castelli, Global It Director Gruppo Vodafone
“La differenza oggi esistente fra i Cio dei paesi anglosassoni, tedeschi e italiani è nella leadership. In Italia vi sono buone capacità manageriali per far funzionare le aziende e i rispettivi reparti It rispetto a parametri ben definiti ma è evidente una certa carenza di personalità:  il ruolo dei Cio deve crescere sotto il profilo della forza propulsiva al cambiamento. L’innovazione tecnologica va riletta nell’ottica di generare valore di business e anche il Cio deve bilanciare il proprio operato per rispettare tali obiettivi”.

Alfonso Fuggetta, Direttore del Cefriel Politecnico di Milano
“L’Ict rimane una delle componenti chiave per innovare prodotti e processi ma va utilizzata in modo strategico per sviluppare nuove forme evolute di servizi. L’esigenza a cui sono chiamate le aziende è quella di cambiare e cambiare costa fatica. L’It è oggi molto ‘matter’ e poco commodity perché le nuove tecnologie sono un elemento necessario per creare nuovi modelli di business e di management. La realtà ci dice che processi aziendali e prodotti sono sempre più vicini fra loro, sempre più integrati e innervati. Ed è per questo che il ruolo a tendere dell’It all’interno di una filosofia di management evoluta è quello di sistema nervoso di processo e di prodotto integrato”.

Stefano Mainetti, Condirettore Executive Mba Ict School of Management Politecnico di Milano
“Il profilo delle competenze che un’organizzazione It deve presidiare per svolgere efficacemente il proprio ruolo e garantendo l’allineamento tra tecnologia e business rispecchia due macro-trend di cambiamento particolarmente significativi. Il primo riguarda la metamorfosi dell’insieme delle competenze di natura tecnologica cosiddette di sviluppo e di esercizio più operative a fronte di un maggiore controllo delle competenze di livello superiore, di natura architetturale e progettuale. Il secondo conferma la sempre maggiore enfasi posta sulle competenze gestionali, nelle loro diverse sfaccettature, competenze indispensabili per garantire l’efficace governo dei progetti Ict, gestiti sia internamente che esternamente, e per ipotizzare, soprattutto, un reale allineamento tra Ict e business”.

Federico Barilli, Direttore di Assinform
“Più Ict nel management: è un concetto che deve essere esteso a tutta la governance del processo di sviluppo economico del sistema Paese. In Italia manca ancora un’attenzione specifica al tema tecnologico a livello istituzionale e soprattutto territoriale. I finanziamenti e i progetti di innovazione proposti dal governo non hanno trovato, per ora, grandi riscontri all’interno delle imprese. Per quanto riguarda invece la necessità di avere più management nell’Ict c’erano e ci sono lacune qualitative per quanto concerne il livello di comunicazione e comprensione fra domanda e offerta. Lacune che devono essere colmate”. (G.R.)

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