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Dalle auto elettriche arriva l’idrogeno per i data center green



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Se l’idrogeno fosse pulito e se venisse inserito in fuel cell riciclate da veicolo elettrici poi usate come fonte primaria di energia per alimentare data center, il processo sarebbe davvero sostenibile. E si tratterebbe di un grande passo in avanti per un settore molto energivoro e inquinante. Honda e Mitsubishi a marzo inizieranno un progetto…

Pubblicato il 15 feb 2024

Marta Abba'

Giornalista



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Immagine di Timofeev Vladimir su Shutterstock

La “carriera” delle fuel cell a idrogeno nel mondo dei data center, seppur ancora agli inizi, è già costellata di annunci e di primati. Chiunque la sperimenti, spera di essere il primo a dimostrare una insindacabile supremazia di questa tecnologia, quanto a sostenibilità ambientale. Una gara affollata e rumorosa ma che, dato il fine virtuoso, può portare benefici per tutto il settore. E quello dei data center ne ha fortemente bisogno. Ha bisogno, in particolare, di qualsiasi scoperta e strumento che abbassi il suo impatto ambientale.

In Giappone un data center test da marzo

L’idea di applicare le celle a combustibile ai data center proposta dalla New Energy and Industrial Technology Development Organization (NEDO) del Giappone, quindi, non sorprende affatto. Questo ente nasce per promuovere la ricerca, lo sviluppo e l’adozione di tecnologie industriali, energetiche e ambientali. La sua principale attività consiste nel cercare di rendere più economicamente accessibili i sistemi a celle a combustibile per le organizzazioni che mirano ad adottarli per contribuire alla decarbonizzazione dell’alimentazione elettrica.

Mission chiara, ampia e ambiziosa che si declina nel mondo data center con questo nuovo progetto con Honda e Mitsubishi. Le due big, assieme, stanno vagliando la possibilità di alimentarne uno con le fuel cell, in particolare con quelle ricavate da veicoli elettrici, utilizzando l’idrogeno ottenuto come sottoprodotto di un processo industriale. E stavolta l’idea è quella di usarlo come fonte primaria di alimentazione.

Si parte a marzo e per due anni si cercherà di capire se davvero si può contare su una riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Il data center test, “distribuito”, verrà gestito da Mitsubishi mentre la centrale elettrica a celle a combustibile fissa è una creazione di Honda, con celle riutilizzate dai veicoli elettrici. Da sole, le due aziende non arriverebbero a nulla senza il contributo di una terza che fornirà l’idrogeno. Si tratta della giapponese Tokuyama Corporation, che lo ottiene come sottoprodotto durante la sua attività di elettrolisi dell’acqua salata.

L’idrogeno è ambiguo, ma tanti ci scommettono

Il progetto di NEDO che Mitsubishi, Honda e Tokuyama metteranno a terra nei prossimi mesi si distingue nel panorama dei tanti esperimenti e test su questa tecnologia, perché si parla di eleggerla a fonte primaria di energia. Finora, è stata invece solo considerata dai più come fonte di riserva, al posto dei generatori diesel.

Un segnale di come il settore stia credendo sempre di più in questa strada, complice il report che Equinix ha realizzato con l’Università Nazionale di Singapore (NUS) in cui si afferma che queste celle sono più efficienti di altre tecnologie di generazione alternative.

Ciò che avviene al loro interno è piuttosto semplice. L’idrogeno si combina con l’aria, “incontrando” l’ossigeno genera una corrente elettrica, una certa quantità di calore e vapore acqueo come unico prodotto di scarto. Si tratta del processo opposto a quello dell’elettrolisi in cui invece si usa l’elettricità per rompere le molecole d’acqua, separando idrogeno e ossigeno per ricavare l’energia derivante dalla loro riunione.

Il lato sostenibile del processo consiste nell’ottenere sottoprodotti non inquinanti: solo acqua e calore. Ma c’è anche un lato oscuro e riguarda l’origine dell’idrogeno utilizzato. Questo elemento viene considerato un combustibile pulito tout court, in verità tutto dipende dalla fonte di approvvigionamento scelta. Oggi, per esempio, la maggior parte di quello in commercio deriva dall’estrazione da gas metano attraverso un processo ad alta intensità energetica, tipicamente alimentato da combustibili fossili.

È probabile che Tokuyama stia seguendo proprio questa strada. Consapevole della incoerenza della situazione, avrebbe infatti dichiarato che si tratta solo di un progetto dimostrativo, per valutare la fattibilità di modelli commerciali integrati per l’idrogeno.

Accettando l’ambiguità attorno all’idrogeno, ci sono molte altre aziende che hanno mostrato pubblicamente di voler puntare sulle celle a combustibile con esso alimentate per sostituire altri metodi di generazione di energia teoricamente meno sostenibili. L’olandese NorthC già nel 2022 si era auto-definito il primo europeo a usarle per sostituire i generatori di backup presso il suo sito di Groningen. A seguirlo è poi stata la coreana SK Group, annunciando che il suo data center europeo realizzato in Irlanda sarebbe stato interamente alimentato da celle a combustibile. Per ora funziona con “normalissimo” gas, ma permane una promessa di transizione verso l’idrogeno che ci si aspetta verrà mantenuta, data la comunicazione massiccia che ne è stata fatta.

Almeno un tentativo da parte di un gigante statunitense non poteva mancare. Infatti, anche Microsoft, che dal 2014 cerca una tecnologia alternativa ai generatori diesel, da qualche tempo pensa di averla trovata nelle celle a combustibile e nell’idrogeno. Sembra voglia puntare soprattutto su queste per mantenere la promessa fatta di eliminare entro il 2030 tutti i generatori diesel di backup presenti in molti dei suoi data center.

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