La “Gestione della Fiducia” quale elemento primario per consentire alle funzioni IT, da un lato, di legittimarsi al meglio con i diversi stakeholder aziendali e dall’altro di essere messe nelle migliori condizioni per poter produrre risultati percepiti e visibili.
Rispondere alla complessità attuale delle imprese creando altra complessità insita negli strumenti di management che si vanno ad introdurre, non è forse la soluzione migliore in generale. Rispondere alla oggettiva e fisiologica impossibilità di allineare un Sistema Informativo ad un’azienda che cambia di continuo, con soluzioni IT applicative e infrastrutturali “monolitiche”, che “abbiano in pancia” la risposta ai problemi futuri da affrontare, sembra un po’ come dire che si parte per un viaggio dove non si sa dove si andrà e quindi ci si porta dietro di tutto, abbigliamento pesante e leggero, alimenti calorici e ipocalorici, medicine di ogni genere per affrontare ogni tipologia di patologia possibile: è una possibile risposta, ma le valigie da acquistare da subito (leggi investimenti a breve) e da trasportare in viaggio (leggi costi di esercizio e manutenzione) possono essere molto “pesanti” per le odierne imprese.
E se esistesse un modo per “assemblare” e integrare più velocemente e al bisogno reale nuove risorse applicative e infrastrutturali con modelli più snelli di “best of breed” e di “Cloud”? Soprattutto quando si tratta di informatizzare non i classici 3-4 processi amministrativi-gestionali base dell’azienda, ma quelli che realmente fanno la distintività sul mercato? Questo è un primo punto di cui discutere in un prossimo contributo perché nessuno ha mai studiato realmente quali siano i risultati e le performance generate nei due approcci menzionati. Questo primo breve contributo vuole invece porre l’attenzione ad un altro aspetto che, se gestito bene, può altrettanto dare una preziosa risposta alla fatica che le funzioni IT fanno nelle imprese, nel legittimarsi da un lato, e nell’ essere messe nelle migliori condizioni di base per poter produrre risultati percepiti e visibili: la “gestione della Fiducia”!
Nella cultura di marketing il “Trust” segue la creazione della soddisfazione del cliente (e precede la Fedeltà dello stesso); nella cultura organizzativa Trust significa riconoscimento di capacità professionale e manageriale, integrità e onestà, comportamento trasparente , in alcuni casi anche proattività e capacità di anticipare i bisogni dei clienti.
L’IT management, come faticosa e spesso bistrattata disciplina manageriale, si basa da sempre, ma oggi sempre più, su un delicato equilibrio di relazioni tra la funzione IT e i suoi clienti e i suoi fornitori, tra i suoi stakeholder tutti (anche quelli più nascosti e saltuari), tanto che oggi espressioni del tipo “IT Relationship Management” o funzione IT come “clearing house di relazioni” o “broker di di competenze e di servizi ” interni ed esterni, sono sempre più utilizzate nella progettazione dei nuovi modelli organizzativi della funzione IT.
La gestione del Trust è probabilmente il fattore più importante che fa funzionare questa rete di relazioni, o perlomeno al pari degli altri 3 fattori che intervengono: le risorse (umane, economiche, di conoscenza), gli strumenti (di ticketing, di reporting, i contratti di servizio, gli SLA, ecc.) e i processi (di IT portfolio management, di IT Financial management, di escalation, ecc.).
Alcuni esempi solo per chiarire questa affermazione e le “cose da fare e da non fare”!
L’ampiezza delle deleghe IT che il Ceo dà al Cio è basata su un patto di fiducia: “Si fida per la gestione del budget IT, per le scelte dei fornitori e delle tecnologie, per i collaboratori di cui si circonda, per le priorità di investimento che definisce, ecc.”, visto che lo paga per questo?
In molte aziende le funzioni IT fanno firmare i Business Requirements, in molte altre no: in queste ultime il motivo risiede in un “gentlemen agreement” reciproco, nel clima di fiducia dei clienti verso l‘ IT e viceversa, nella consapevolezza che “si sta lavorando insieme per il bene comune”, anche quando il management aziendale cambia idea o non riesce a predeterminare veramente i Requirements per oggettive “invisibilità” di business, per cui è necessario procedere con approcci iterativi, sperimentali, “trial and error”, accettati reciprocamente e condotti insieme.
I Business case e gli studi di fattibilità sono frequentemente “imperfetti” o, diciamo, più basati su “scommesse tecnologiche”, perché si ha poca voglia o poco tempo per farli bene o al meglio, cioè almeno non smontabili alla prima visione da parte del controller aziendale. In questi casi, ci si fida (trust) che i soldi siano comunque spesi bene oppure è pura “incoscienza”?
Il trend è da anni assodato: il Budget IT è sempre più in capo alle funzioni di business, mentre le funzioni IT eseguono la gestione del budget “per conto di”: anche in questi casi molto spesso è il trust alla base dell’impiego del budget assegnato ad un progetto nella scelta della soluzione migliore per coerenza organizzativa con l’azienda, nelle scelte delle tecnologie di base e dei fornitori, nel calcolo degli extra budget dovuti a varianti o ad imprevisti, e così via.
I cicli di Budget IT sono spesso “finti”, un gioco rituale e ritmato di “finte reciproche” tra IT e Controlling aziendale in un periodo fisso dell’anno, in cui si compete con tutte le altre funzioni di business sulle risorse disponibili, in cui si creano “finti spazi” o finti progetti per fare capienza di risorse economiche, in cui si chiede 100 per essere sicuri di ricevere 50, e in cui verso la fine dell’esercizio si “deve” spendere eventuali residui (sempre più rari!) in qualunque modo pur di non perdere le risorse economiche assegnate: ma tutto questo se fosse basato di più sul trust non creerebbe un meccanismo più virtuoso, più efficiente, e meno finto o semplicemente rituale?
Nell’impostazione dei criteri di Riaddebito (Chargeout) dei costi IT alle funzioni di business e nella loro applicazione, c’è sempre un forte fatto di trasparenza e di Trust verso l’IT e verso il Controlling aziendale (quando coinvolto). In alcuni gruppi in crescita internazionale questo non è un fatto scontato!
Nella definizione dei Livelli di servizio IT interni (Ola e Sla) ci dovrebbe essere sempre una negoziazione trasparente basata sul Trust tra funzione IT e direzioni aziendali clienti, e non come spesso si assiste, su grandi “asimmetrie informative” (io so molto più di te di IT!) o su spiegazioni da “circonvenzione di incapace” !
La “difesa a spada tratta” dei fornitori scelti dalla funzione IT, a volte con il “mascheramento” delle evidenti incapacità e degli scarsi risultati riportati, mina pericolosamente il Trust dell’azienda verso l’IT, al pari del diventare “incalliti cecchini” nei confronti di fornitori IT scelti dalle funzioni di business.
I sistemi di reporting dei livelli di servizio o dei consumi di risorse dell’outsourcer o del cloud provider, utilizzati dall’azienda cliente, generalmente sono di proprietà dei fornitori stessi e consentono accessi più o meno ampi ai dati rilevati sul campo e distribuiti: anche in questi casi è evidente che tutto si regge su un forte Trust nei confronti dei fornitori e dell’affidabilità dei dati presentati.
In numerosi contesti aziendali la funzione IT opera in condizioni difficili per motivi di scarso riconoscimento del ruolo da parte del management aziendale, per motivi di scarsa cultura digitale aziendale, per percezioni diffuse “di lentezza , di costo elevato e di complessità tecnica fine a sé stessa”; in molti di questi casi la perdita di Trust è una delle cause determinanti principali.
*Paolo Pasini è Direttore Unit Sistemi Informativi, SDA Bocconi School of Management