Dopo l’entrata in scena dell’AI generativa, si percepisce più che mai nelle community di creatori di contenuti e di proprietari di siti web la necessità di modelli di business nuovi e, soprattutto, future ready. Molti mirano alla scoperta di quello che, facilitando i contributi volontari, li ricompensi direttamente per il valore di quanto offerto alla rete, senza essere più costretti ad affidarsi esclusivamente agli annunci o agli abbonamenti.
Un sogno che è sembrato avverarsi già anni fa, con la comparsa di gateway ad hoc, poi rivelatisi problematici. Troppo dipendenti dai singoli servizi di elaborazione proprietari, offrivano un’integrazione limitata con i browser web, con impatti significativi sulla user experience. Un difetto non da poco se è proprio sulla benevolenza e generosità dello user che si punta.
In un’ottica di standardizzazione del processo, sono poi spuntate nuove idee come l’API Payment Handl che finalmente automatizzava i pagamenti, utilizzando il browser come intermediario tra utente e gateway dei contenuti. Il passo avanti compiuto lato UX è stato indiscutibile, ma era rimasto un “piccolo neo”: l’impossibilità di elaborare i piccoli pagamenti senza richiedere l’interazione dell’utente.
Transazioni anche di spiccioli, sicure e anonime
Potrebbe sembrare davvero un neo, un’inezia, ma in un contesto in cui ogni contributo è prezioso e fa cassa, anche se composto da spiccioli, si tratta di una grave pecca. Lo pensano sempre più player del settore e lo conferma Forrester con le sue previsioni per il 2024: secondo i suoi calcoli proprio i micropagamenti diventeranno un’alternativa sempre più valida agli abbonamenti.
Urge ancora di più, quindi, una soluzione tecnologica “degna” delle aspettative e Chromium – il motore open source di Google Chrome e di altri browser – ne ha di recente annunciato l’arrivo. Il lancio è ancora “rimandato a data da destinarsi”, ma il suo team starebbe lavorando al prototipo di Web Monetization. Ufficialmente, la soluzione viene descritta come “una specifica della community che consentirebbe ai siti web di ricevere automaticamente i micropagamenti dai visitatori online, anziché dagli inserzionisti, tramite un browser web e un servizio di pagamento designato”.
Dal punto di vista tecnico, l’idea è quella di estendere le capacità dell’elemento HTML <link>: quando incorporato in una pagina internet, la rende in grado di supportare la monetizzazione web fornendo puntatori di pagamento per effettuare micropagamenti mentre l’utente interagisce con la pagina web. Proprio questi puntatori sfruttano l’API Open Payments, il protocollo di comunicazione per il browser e i portafogli, quello dell’utente e quello del sito web.
Il punto di forza del progetto di Chromium è l’assenza di limiti specifici per le microtransazioni. In teoria esisterebbero quindi solo quelli dettati dall’entità finanziaria che emette il portafoglio e dalle preferenze dell’utente, con la libertà di spingersi anche alle frazioni di centesimo. Preziosa anche l’assenza di requisiti specifici per un portafoglio: se conforme all’API Open Payments, chiunque sul web può implementarne uno con cui interagire con un contenuto web monetizzato, avviando microtransazioni.
La sicurezza e la privacy degli utenti che si affidano e si fidano di questo meccanismo sarebbero assicurate dalle concessioni di accesso a grana fine, basate sul protocollo GNAP (Grant Negotiation and Authorization Protocol) che permette al titolare del portafoglio un controllo granulare sui permessi concessi alle applicazioni che sono a loro volta connesse al portafoglio. Il team di Chromium garantisce anche l’impossibilità di risalire all’identità dell’utente-pagante, nonostante il protocollo usato aderisca al paradigma “know your customer”.
Una sfida con precedenti che i big vogliono vincere adesso
Cercando di trovare una risposta a tutte le perplessità attorno al proprio annuncio, Chromium ha anche dichiarato di aver ricevuto buoni feedback dalle big tech. Si riferisce ad Apple e Google, entrambe interessate alla monetizzazione web: un consenso che potrebbe garantire un’ampiezza di distribuzione sufficiente per sperimentare e testare la tecnologia in fase di sviluppo.
Sarebbe un passo importante da compiere, appena terminato il prototipo. Un passo essenziale ma non decisivo, perché tanti sono gli ostacoli che attendono il team di Chromium al varco, legati alla sicurezza ma anche alla scalabilità, all’affidabilità e ai costi di transazione.
Aleggia anche una certa diffidenza anche dovuta all’onere mentale di valutare l’equità di un prezzo pagato in centesimi. La stessa che aveva frenato tempo fa il Progetto Xanadu di Ted Nelson, nato con lo stesso scopo. Non l’unico simile a quello di Chromium che si può trovare scandagliando nel passato. Nel 2017, per esempio, Brave Software aveva lanciato il suo Basic Attention Token (BAT), un modo per premiare gli utenti del web per la visualizzazione degli annunci, riuscendo così a condividere le entrate con gli editori.
Ci aveva visto lungo anche la startup di ricerca Mojeek, qualche anno fa, provando a offrire supporto per la monetizzazione web attraverso la piattaforma di blogging Coil. Il suo progetto non si è mostrato facilmente sostenibile per una realtà fresca di nascita, ma non è scomparso. Era passato nelle mani della Interledger Foundation che lo sta tuttora portando avanti, a riprova del fatto che la monetizzazione web allargata ai micropagamenti è una strada valida per il futuro. Sempre più “umani” contano su una sua concreta realizzazione a breve, perché i modelli di business d’un tempo sono ormai ridotti in macerie, o quasi.