È in circolo da tempo il termine “smart city”, ma spesso si fatica ancora a mettere a fuoco di cosa si tratti davvero. Più che essere un termine vuoto, è diventato “troppo pieno”, confondendo le idee di molti cittadini e anche di qualche amministratore locale.
Progetti concreti legati a questo paradigma di città sono quindi più che mai utili per caratterizzare l’innovazione che dovrebbe essere veicolata assieme alla definizione di “smart city”. Progetti che abbracciano numerose tecnologie, spesso, facendole confluire in un’azione che deve migliorare la qualità della vita di chi abita una certa area.
Risponde perfettamente a questa definizione il progetto “Smart Road” imperniato all’interno del programma “Ricerca di Sistema Elettrico” finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Tra le “tecnologie per la penetrazione efficiente del vettore elettrico negli usi finali” ci sono infatti quelle che il laboratorio ENEA di Robotica e intelligenza artificiale sta sviluppando, destinate a trasformare i veicoli in circolo in importanti cluster di sensori urbani.
Monitoraggio capillare tramite auto elettriche autonome
L’obiettivo è quello di migliorare la rilevazione delle condizioni di sicurezza, traffico, qualità e comfort di guida nelle strade cittadine, rendendola più frequente, capillare e in grado di cogliere aspetti finora non misurati. Per ottenere tutto questo si vogliono equipaggiare veicoli autonomi elettrici di sensori adeguati, perché raccolgano dati sulle infrastrutture urbane e li forniscano a una sorta di “smart city platform” in cui possano essere analizzati e incrociati con quelli di altre fonti.
L’output sarà un insieme di insights a supportodi chi è chiamato a decidere e amministrare la città, oltre che una potenziale mappa trasparente delle “road” cittadine, consultabile da chi le percorre.
“Vagando liberamente per la città, i nostri veicoli effettuano un monitoraggio a grana fine, assicurando controlli e valutazioni molto più capillari di quelli attuali” spiega Sergio Taraglio responsabile del Laboratorio di Robotica e intelligenza artificiale presso il Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili di ENEA. “Oggi ci dobbiamo infatti affidare a centraline fisse che effettuano semplicemente un’interpolazione dei dati raccolti. Coi nostri veicoli si può invece ottenere una mappatura più precisa della città, anche avvicinandosi agli specifici punti in cui si verificano emergenze, anomalie o ingorghi”.
Sensori IoT per tutto e per tutti
La “classica” funzione di questi veicoli sentinella è stata finora il rilevamento delle sostanze inquinanti, per mapparne la presenza in tempo reale e ad alta risoluzione. Ma si può fare molto di più. Ecco, infatti, che il team ENEA sta inserendo a bordo di queste auto una serie di altri sensori IoT che possano “aprire gli occhi” su quanto accade in strada.
Una prima serie è dedicata alla valutazione della qualità del manto stradale, per dare riscontro alla domanda “quante buche ci sono per metro quadro?”. La risposta dovrebbe suggerire all’amministrazione quando programmarne la manutenzione. In piena sinergia, operano diversi sensori. Il primo è costituito da una telecamera intelligente che, grazie a una rete neurale profonda addestrata a individuare e riconoscere i difetti nel flusso video, è in grado di individuare buche, alligator crack, patch, ma anche il degrado della segnaletica orizzontale (passaggi pedonali, stop, etc.) e lo stato dei tombini. Tutte informazioni che il LIDAR (Light Detection and Ranging), basato su laser, non è in grado di fornire, ma che “completa” garantendo una misurazione geometrica delle buche e dei difetti del manto stradale, “registrando 300 mila punti al secondo e calcolando le deviazioni rispetto al piano medio strada” spiega Taraglio. “Su un display si può poi osservare la situazione generale con tratti in rosso o in verde a seconda della presenza di difetti del manto e della sua pericolosità”.
A questi due sensori se ne potrebbe aggiungere un terzo, studiato per lavorare in sinergia con quelli già previsti, in modo da arricchire ulteriormente la mappatura dei difetti stradali. Si tratta di un accelerometro che registrerebbe le vibrazioni subite dal veicolo in corrispondenza di buche o dossi. “Tutte queste informazioni convergeranno nel centro smart cittadino per una valutazione generale del pericolo – aggiunge Taraglio – ma potranno raggiungere direttamente anche lo stesso utente della strada, in modo che conosca lo stato della tratto che intende percorrere”.
Un altro aspetto che nella “sua” smart road ENEA desidera monitorare è il livello di inquinamento acustico. A tale scopo, ha previsto dei microfoni a bordo dei veicoli autonomi, per misurarlo in modo diffuso e attento. “È un parametro sempre più importante per chi vive in città e inizia a impattare anche sui prezzi degli immobili – spiega Taraglio – ed è funzionale anche nel caso in cui stia circolando un mezzo di soccorso. I veicoli possono essere allertati e mettersi in posizione di sicurezza. Abbiamo già realizzato un simile sistema per le persone non udenti, dobbiamo solo ricontestualizzarlo”.
Un’altra idea che ENEA ha intenzione di implementare per ottimizzare il “vagabondare” dei veicoli autonomi in città è legata alla gestione delle emergenze a bordo degli stessi. “Vorremmo fare in modo che possano segnalare ‘alla città’ situazioni di bisogno o pericolo, collegandosi con la smart road attraverso un’interfaccia aptica e facendo attivare un’azione. Per esempio, il lampeggiare di uno specifico lampione in corrispondenza del punto in cui un veicolo è andato in panne, per indicare ai soccorsi dove raggiungerlo”.
Il prototipo “scalda i motori” per la prova su strada
Per ora questi “veicoli autonomi super dotati” di sensori sono stati sperimentati sono presso il Centro Ricerche Casaccia dell’ENEA, a Roma, su una strada lunga 600 metri, con 22 pali per l’illuminazione e 2 telecamere. “Entro la primavera puntiamo a realizzare una prova su strada con teleguida, ma resta uno studio a livello prototipale al momento” racconta Taraglio. E ammette che la parte più complessa sarà quella della elaborazione dati, per la loro quantità e anche per la necessità di integrarli con quelli provenienti da una serie di altre fonti, per valorizzarli al meglio.
Ne vale la pena, però, secondo il suo team, perché l’idea è quella di contribuire alla realizzazione di una smart city di nome e di fatto, in cui “ogni cittadino interagisce e riceve informazioni pertinenti rispetto al percorso che deve fare. Per esempio, i veicoli elettrici possono capire dove è meglio ricaricare lungo il tragitto, a seconda delle distanze, delle stazioni e del traffico. Oppure dove il manto stradale non è pericoloso” immagina Taraglio.
Si tratta di un futuro auspicabile, ma non ancora certo. Non tanto per l’andamento tecnologico del progetto ENEA, quanto per i fondi che lo sostengono. “Si tratta di un progetto triennale che termina nel 2024, la roadmap verrà quindi valutata nei prossimi mesi” spiega Taraglio. E intanto continua a lavorare ai veicoli “sensorizzati”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia e con quella di Tor Vergata, sperando di nutrire nella PA “sogni” come quello della città in 15 minuti, della città a 30 all’ora, della città sicura e amica. Sarebbero un supporto decisionale importante per chi li vuole davvero vedere realizzati.