Tradurre la complessità di un fenomeno fisico in funzioni ed equazioni è una sfida persa in partenza, almeno per i cultori della perfezione. Per i ricercatori di matematica numerica, invece, è una appassionante avventura che, approssimazione dopo approssimazione, modello per modello, può regalare soddisfazioni. E anche eccellenti risultati, con riscontri pratici e applicativi di cui molti accolgono i benefici senza la consapevolezza del lavoro di progettazione degli algoritmi e della loro analisi teorica che il nostro mondo richiede per essere matematicamente “ritratto”.
Non c’è quindi da stupirsi se un progetto di ricerca come NEMESIS abbia ricevuto dal Consiglio europeo della ricerca (ERC) uno Grant della tipologia “Synergy”. È un premio riservato a progetti così ambiziosi da richiedere un team pronto a lavorare in sinergia, condividendo risorse e competenze trasversali, interdisciplinari e complementari.
Metodi politopali, “speciali” per poliedri e leggi fisiche
NEMESIS (NEw GEneration MEthods for Numerical SImulationS) nasce per sviluppare metodi numerici di nuova generazione per sfide legate alla sostenibilità. Il suo team (formato da Lourenco Beirao da Veiga professore di Analisi Numerica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Paola F. Antonietti, professoressa di Analisi Numerica e Responsabile del Laboratorio di Modellistica e Calcolo Scientifico MOX del Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano, Daniele A. Di Pietro, professore di Analisi numerica all’Università di Montpellier dell’Università di Montpellier e Jérôme Droniou, direttore di Ricerca al CNRS – Centre National de la Recherche Scientifique) ha ricevuto 7,8 milioni di euro perché nei prossimi 6 anni possa dedicarsi a comprendere come la matematica riesca a essere maggiormente d’aiuto, rispetto a quanto emerso finora, nel risolvere problemi reali di ingegneria e delle scienze applicate.
L’asso nella manica di questo gruppo di esperti sono i modelli politopali, ideali candidati a catturare la complessità di fenomeni fisici in cui tante variabili interagiscono e i domini di calcolo sono formati da migliaia di microstrutture eterogenee.
Si apre quindi la strada a un nuovo paradigma computazionale caratterizzato principalmente da due innovazioni. La prima consiste nel passaggio da griglie di calcolo con geometrie “banali” (tipicamente, tetraedri, esaedri o prismi) all’utilizzo di poliedri. “In questo modo evitiamo si creino colli di bottiglia nella simulazione, riuscendo a cogliere meglio le caratteristiche di scenari fisici con sottostrutture complesse” spiega Lourenco Beirao da Veiga. “Questo passaggio ci permette una maggiore flessibilità nella descrizione del dominio, quindi una maggiore accuratezza e efficienza dei risultati”. L’altro grande vantaggio dei modelli politopali è la preservazione delle leggi fisiche. “Alcune devono essere esattamente rispettate, non possono essere approssimate. In certi contesti e applicazioni possono capitare vincoli fisici ‘inamovibili’. Con questi modelli possiamo inserirli nell’ambito numerico e rispecchiare così la reale struttura del problema in esame” aggiunge.
Stoccaggio di CO2 e smelting in due banchi di prova
Prima con carta e penna, poi con codici numerici associati che rendano fruibili i metodi proposti sui calcolatori elettronici da laboratorio, il team di NEMESIS lavorerà allo sviluppo di nuovi “strumenti matematici” guardando ad applicazioni votate alla sostenibilità di processi complessi e reali. Assieme al premio hanno “vinto” anche la fase di validazione, su casi che associano metodi politopali alla geofisica e al manufacturing.
Con un metodo matematico davvero efficace, infatti, si può pensare di simulare i rischi sismici e per l’ambiente legati alle operazioni di stoccaggio CO2 nel sottosuolo. “Vogliamo indagare i problemi idrogeologici e di inquinamento – racconta Beirao da Veiga – e capire come cambia l’assetto del suolo in caso di terremoto o se un’area è più o meno adatta, per esempio. Oppure qual è il metodo migliore per stoccare”.
Con simile efficacia, i metodi politopali possono portare risultati inediti anche nella magnetoidrodinamica che regola alcuni processi di manufacturing, a partire dall’estrazione di alluminio da bauxite (smelting). “L’idea è quella di comprendere come minimizzarne l’impatto ambientale – spiega Beirao da Veiga – un altro possibile caso da indagare, molto simile dal punto di vista fisico, sono le previsioni meteo nello spazio, con esplosioni e tempeste solari da studiare”.
La concretezza del progetto, nonostante le premesse matematiche profondamente “da esperti”, è fuori discussione. Anche il grado di difficoltà è evidente: ciò che più impegnerà il gruppo di matematici sarà il mantenere entrambe le innovazioni tipiche dei metodi politopali (poliedri e conservazione delle leggi fisiche) in un metodo che si mostri anche robusto. E poi c’è la sfida vera e propria che è quella di ottenere “un ritorno pratico oggettivo e consistente” confessa Beirao da Veiga, quantificandolo. “Un guadagno di un fattore 10 su potenza o tempo di calcolo, perché possa far gola al mondo delle imprese, perché possa valer la pena di adottarlo”.
Con i Grant anche la ricerca italiana attira talenti
Con risultati di modesto impatto nel reale, i nuovi metodi sviluppati da NEMESIS sarebbero destinati a restare a livello accademico. Ecco perché il team punta in alto ed è già al lavoro: non è mai semplice convincere le aziende a introdurre novità. In questo caso dovrebbe valer la pena di investire in una persona che dedichi un dottorato a integrare il nuovo metodo nel loro software, modulo per modulo, perché l’idea è di creare una struttura componibile che permetta una introduzione graduale. Non servono requisiti tecnologici particolari, tutto resta in ambito software, ma c’è da vincere la resistenza al “si è sempre fatto così”.
Il premio conquistato servirà quindi per rafforzare la squadra di lavoro in vista di questo obiettivo. Si cercano dottorandi soprattutto di matematica, anche provenienti (o rientranti) dall’estero. “Il Grant fortunatamente ci rende competitivi a livello internazionale in termini di salari – spiega Beirao da Veiga – quindi possiamo attirare anche talenti oggi impegnati in aree come il Nord Europa o gli USA. Con le risorse di cui solitamente la ricerca italiana dispone, questo non sarebbe possibile. Da questo punto di vista siamo molto poco competitivi come Paese. Eppure, il livello della nostra ricerca resta molto elevato: un aspetto buono da non trascurare ma che non deve essere una scusa per non cambiare le cose”.