Continueremo a produrre una enorme quantità di dati: questa è una delle poche certezze su cui ci si può sbilanciare, guardando al futuro del settore IT. Gli scorsi anni, infatti, non ha che ricevuto scossoni, tra il Covid, che ha accelerato e diffuso in modo impensabile la digitalizzazione, e ChatGPT, che ha inaugurato l’era della generative AI, portando con sé una serie di competitor e di nuove versioni.
È quindi normale che si guardi con interesse a tutto ciò che gira attorno all’unica certezza a disposizione, per comprendere come muoversi, e i data center sono uno dei pensieri più immediati.
I numeri sembrerebbero confermare: raccontano un mercato promettente e in continua crescita, nel mondo, come trend, ma anche nella sola Italia. A livello globale nel 2023 ha cubato un giro d’affari da 18 miliardi di dollari, segnando una crescita annuale del 13%. In Italia, secondo i dati dell’Osservatorio Data Center della School of Management del Politecnico di Milano, entro il 2025 saranno aperte 83 nuove infrastrutture con un investimento complessivo fino ai 15 miliardi di euro.
Numeri che spingono a scommettere tutto sui data center, facendo dimenticare complesse sfide che non si risolveranno semplicemente con il tempo, se non si scelgono le giuste direzioni in cui investire tempo, cervelli e denaro.
Spazio dati richiede spazio fisico
Quasi banale, e proprio per questo in passato a tratti sottovalutata, la sfida relativa alla mancanza di spazio. Di spazio fisico: anche se custodiscono informazioni “immateriali”, infatti, i data center hanno bisogno di un terreno in cui sorgere. Meglio se situato in un’area accessibile dal punto di vista dei costi immobiliari e ben collegabile a infrastrutture di rete ad alta capacità. Così descritto, il luogo ideale per ospitare un data center non sembra così introvabile in una società iperconnessa e competitiva, il problema è che gli spazi con queste caratteristiche si stanno esaurendo. Esiste l’opzione di avvicinarsi alle città, magari con strutture più piccole, puntando sulla connettività. Ci hanno pensato già in molti, però, e il problema della scarsità di aree adeguate si ripresenta, sempre causa “affollamento”.
Per superare questa sfida, gli operatori dovrebbero trovare una soluzione “creativa”, ma non possono lavorare molto con la fantasia, se non tenendo conto di due grossi vincoli. Deve trattarsi prima di tutto di una zona a basso rischio di calamità naturali e, tra inondazioni, incendi e altri disastri legati al clima, il rischio di sbagliare luogo e investimento, è alto. Alta sarà anche l’assicurazione, se mai si volesse sfidare la natura e tentare di realizzare un data center dove non consigliato.
L’altro aspetto delicato riguarda l’energia. Il primo problema – purtroppo – che ci si pone a riguardo è quello dei costi. Si tratta di un fattore importante per il settore data center e rimane un ostacolo alla sua crescita. L’unico modo per rendere meno opprimente questo vincolo sarebbe continuare a investire in tecnologie di risparmio energetico, per essere liberi di espandere le proprie strutture per data center, senza che i costi energetici ne compromettano la redditività.
Verso le rinnovabili con trasparenza energetica
Affrontato il problema dei costi, ogni data center si pone quello della sostenibilità. Sfida non meno complessa, anzi. Di soluzioni definitive alle porte non se ne vedono: quello che stanno facendo in molti è tentare di creare in ogni singolo caso un “mix” ad hoc di fonti che in qualche modo riesca a supportare le attività del data center ma che esprima lo sforzo di non impattare troppo sui consumi energetici dell’area ospitante.
Le fonti rinnovabili come l’eolico e il solare vengono spesso combinate con altre meno green, oppure c’è chi sperimenta il nucleare “nuovo” o la geotermia. Tutto questo sotto gli occhi del mondo intero che ha identificato nei data center una delle tecnologie più energivore del momento. Lo sono, ma non meno di altre infrastrutture, come per esempio quelle per realizzare chip e microchip, per non parlare dei centri di calcolo.
Per allentare la presa dell’attenzione pubblica e delle autorità, la mossa migliore sarebbe la trasparenza. Introducendo una rendicontazione regolare e chiara sull’uso dell’energia nei data center si riuscirebbe a rendere tutti più consapevoli. Si potrebbe anche far meglio percepire gli sforzi che il settore sta facendo, quando li sta facendo.
Chi ne sa di data center? Cercasi competenze
Un’altra risorsa che manca o che presto verrà a mancare, ma essenziale per il futuro dei data center, sono i talenti. Nuovi o non, scarseggiano le persone con le conoscenze e le competenze adeguate a operare nel settore, nel panorama di sfide che il 2024 presenta. Oggi molti operatori di data center già faticano a trovare ingegneri in grado di progettare, implementare e gestire nuove strutture. Anche se in tanti produciamo dati, in pochi aspiriamo a una carriera nei data center, nonostante al giorno d’oggi si stia assistendo “a una esplosione della domanda senza precedenti, accelerata da cloud, edge, AI e quantum computing – spiega Davide Ortisi – una tendenza che ha attirato l’attenzione di investitori di ogni tipo: growth capital, buyout, real estate fra gli altri”.
Ortisi è il CEO di Data Center Nation, realtà nata con l’obiettivo di connettere l’ecosistema finanziario e tecnologico che ruota intorno a questa crescita esponenziale in mercati emergenti. Lo farà anche “dal vivo” il 17 aprile, in un evento presso l’Allianz MiCo – Milano Convention Centre, mettendo al centro la sostenibilità ambientale dei data center, ma senza rinunciare a esplorare tutte le sfide che attendono il settore come le strategie edge e cloud, la colocation, la parte “immobiliare” e quella normativa. Qui potete trovare più informazioni e iscrivervi all’evento.
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