Quante cose stanno cambiando il mondo dell’IT! La reattività del sistema informativo come elemento di supporto al business, la governance di impresa quale approccio globale che comprende la gestione evoluta dei sistemi It: quali, rispetto alle due linee di indirizzo sopra definite, gli elementi d’impatto sulle strategie di sviluppo aziendale? Le risorse umane e il loro allineamento agli obiettivi di crescita aziendale, strumenti di analisi delle prestazioni (business intelligence e business performance management) e nuovi modelli operativi; e gestore delle relazioni con utenti e partner interni ed esterni all’azienda, il ruolo del Cio che si trasforma da gestore dell’It a erogatore di servizi a supporto del business e il change management e la trasformazione dinamica dei processi da intendere come base di sviluppo di nuove opportunità: l’It sta raccogliendo queste sfide? Offre reale flessibilità a livello di gestione? L’outsourcing è una risorsa per raggiungere questi obiettivi? Le imprese stanno reagendo, anche sul piano culturale, a questi nuovi impulsi? Le domande poste dal Direttore di ZeroUno Stefano Uberti Foppa
, introducendo i lavori dell’ormai classico appuntamento degli “Incontri a cena con gli utenti” organizzato dalla nostra testata (“Business Flexibility: gestire l’impresa real time”, sponsorizzato da T-Systems Italia) hanno voluto essere da stimolo a una discussione su una problematica che oggi è tornata di stretta attualità, quella del ricorso all’outsourcing dell’It.
Fra criticità ante progetto e benefici da conseguire, interventi da effettuare su organizzazione e processi, competenze e risorse da sviluppare per arrivare a determinare una struttura del contratto congrua in termini di esigenze e di costi, affidarsi a un provider esterno per gestire infrastrutture informatiche è una scelta importante e il percorso seguito da
Roberto Piana, Ict Director di Aeroporti di Roma e Amministratore Delegato Adr Tel, ne è un significativo esempio: “Dopo avere vissuto fasi alterne nella gestione del Ced, nel 2005 abbiamo maturato la decisione strategica di affidare in outsourcing un sistema informativo che gira in ambiente Sap con complessivi 500 applicativi, che abilita le operations quotidiane delle varie unità controllate e che si appoggia a una rete mista che prevede connessioni Gigabit, access point Wi-Fi e servizi full Ip: paghiamo e usiamo – questo l’assunto incisivo di Piana – ciò che ci serve, se abbiamo bisogno di più risorse le chiediamo. Crediamo sia vitale affidarsi a un outsourcer dinamico e globale, che nel nostro caso ha anche acquisito il ramo d’azienda It, e riteniamo fondamentale il ruolo esercitato dal contratto di fornitura dei servizi, il cosiddetto fattore Sla”.
“L’outsourcer è un abilitatore delle risorse It a supporto del business: non deve e non vuole essere un protagonista; deve essere un gregario dell’impresa per ottenere i risultati prefissati. L’outsourcing non è un concetto assoluto ma va vestito su misura nel momento storico e di crescita dell’azienda”. Nelle affermazioni di
Massimo Fasoli, General Manager della filiale italiana di T-Systems International (sussidiaria del gruppo Deutsche Telekom), c’è di fatto l’essenza di ciò che dovrebbe essere il ruolo dei fornitori di servizi, partendo (come spesso non è accaduto in passato) dalle esigenze delle imprese e da un’analisi estesa (non solo tecnologica quindi) delle varie problematiche di gestione: “Si va verso un nuovo paradigma di governance del valore – ha sottolineato con enfasi Fasoli -. Partnership e alleanze per la gestione di alcuni aspetti tecnologici e di processo sono una risorsa fondamentale per ridurre la complessità a livello di sistema, in quanto l’It va intesa come grande elemento di ‘efficientamento’ dei processi di business: esternalizzare è un concetto che deve evolvere verso la creazione di una macchina aziendale più flessibile ed efficiente e in tal senso anche le attività core sono oggetto di interesse per un progetto di outsourcing, a condizione che venga fatta un’analisi pragmatica e precisa di costi e benefici”. Se l’offerta di un outsourcer, questo di fatto l’approccio di T-Systems su scala globale, si riassume in business flexibility, business oriented services e business process outsourcing, quali sono i benefici che ne derivano per le imprese? La parola magica è ancora una volta flessibilità, perché “competitività, competenze e velocità di risposta sono – a detta di Fasoli – fattori ormai scontati”.
Flessibilità, ma non solo
La tavola rotonda che ha animato una serata a cui sono convenuti una sessantina fra It e Hr manager, Amministratori delegati e Cfo, ha quindi preso spunto da una domanda (e debita risposta) avanzata da
Giancarlo Capitani, Ad della società di ricerche Netconsulting. A cosa serve la flessibilità? “A ridurre la complessità. L’impresa – ha detto Capitani – è difficilmente governabile perché è molto più reticolata, distribuita e chiamata a rispondere con maggiore velocità alla variabilità e alla globalizzazione del mercato, a maggiori costi interni e minori margini esterni. La risposta delle aziende è spesso limitata a interventi di processo in termini di automazione e poco centrata sull’utilizzo delle tecnologie per rivederne la natura in una visione sistemica. Occorre invece mappare i processi, valutare l’impatto dell’It e di nuove opportunità di sourcing/outsourcing con un approccio più aperto all’innovazione e teso a percepire il costo del non investimento in Information technology”. Esemplari in proposito, rispetto al quesito posto da Uberti Foppa (come valutare lo stato del sistema informativo in ottica business oriented?), i punti di vista espressi da cliente e fornitore di un servizio di full outsourcing delle risorse It. Per Piana, infatti, l’obiettivo da raggiungere è “creare uno standard di sistema ingegnerizzato da replicare dentro e fuori la struttura aziendale”, mentre per Fasoli la missione è “identificare i termini di intervento tesi a industrializzare modelli e moduli del sistema, ricostruirli rispetto a specifiche esigenze per passare da sistema fortemente orientato alla customizzazione a un’architettura semi-customizzata”.
Relazione fra azienda e outsourcer
Ascoltati i messaggi di cui sopra, i presenti in sala hanno quindi a turno sollevato curiosità e domande tendenti in particolare a mettere in evidenza tre aspetti: l’affidabilità dell’outsourcer per quanto riguarda i parametri dell’offerta; la continuità del rapporto fra outsourcer e azienda in relazione alle competenze necessarie a condurre tale relazione; l’autonomia e la forza propositiva dell’azienda rispetto a termini di Sla accusati, a volte, di essere troppo vantaggiosi per il fornitore.
Partendo dall’aspetto del cost saving, e quindi da uno dei driver più importanti per un progetto di outsourcing, la posizione di Fasoli è stata la seguente: “Capita che si arrivi a esternalizzare quando l’esigenza del taglio dei costi è impellente, ma questo non è un approccio evoluto. Va separato infatti il ruolo del controllo da quello della gestione e l’offerta deve maturare sotto il profilo della percezione del vantaggio generabile e da portare in dote all’azienda. Più si tende all’erogazione di una soluzione e di un servizio e meno di un prodotto, più il ruolo dell’outsourcer è premiante e impattante sui processi aziendali e gli obiettivi di business”. A detta di Capitani, invece, “va superato il concetto di reciproco opportunismo insito alla possibilità di sviluppare un progetto. Gli indicatori di Sla sono spesso solo di natura quantitativa e poco propensi a valorizzare la qualità del servizio per l’azienda mentre la variabile critica è rendere efficienti l’It e i processi legati all’It. È fondamentale la presenza di una figura interna all’azienda che continui a gestire la governance, di un Cio che si fa ascoltare nelle scelte strategiche e che sa trovare fornitori non strumentali di tecnologia ma di supporto alla determinazione del cambiamento”. L’esperienza dell’utente riflette invece una marcata sensibilità all’innovazione. “Occorre definire le eventuali inadempienze dei sistemi critici con Sla molto restrittivi, che specificano il mancato servizio e che possono portare alla rescissione del contratto. Va misurata inoltre – dice Piana – la possibilità di creare nuovo business attraverso superiori investimenti in It nel breve periodo e misurare i benefici in termini di efficienza e di riduzione dei costi di gestione nel lungo periodo. La chiave è l’economicità globale del progetto e non la possibilità di avere il “best price” dal fornitore di servizi”. Quanto al fatto che il Cio debba essere portatore di innovazione e quindi esecutore/gestore delle It policy, Fasoli ne ha ribadito l’importanza: “La relazione strategica fra Cio e Ceo tesa a rivedere la struttura dei processi in funzione dell’It è il vero punto di svolta per raggiungere flessibilità cavalcando la crescita dell’attività di business. Ma è ancora da costruire”.
LE PECULIARITÀ DEL MERCATO ITALIANO
Anna Maria Di Ruscio, partner e direttore generale di NetConsulting esperta di outsourcing, è intervenuta alla serata fotografando le peculiarità del mercato outsourcing in Italia e mettendo a nudo una certa latenza di investimenti in servizi. Entrando nel merito del tema, il quadro descritto è in sintesi il seguente: oggi i servizi di outsourcing It valgono circa 2,5 miliardi di euro (in Europa si superano i 10 miliardi) e di questi 1,8 miliardi sono coperti equamente da desktop e network mangement e da system management per le attività mission critical e full outsourcing in Asp. Application management e Bpo sono ancora voci marginali, con un impatto di 144 e 130 milioni di euro rispettivamente; il Bpo, in particolare, si è evoluto da semplice gestione contabile alla gestione di risorse umane e attività di contact center e customer care mentre il ricorso all’off shoring è limitato (e non sono isolati i casi di progetti attivati e poi interrotti bruscamente). L’evoluzione della domanda, secondo Di Ruscio, seguirà due filoni: cost saving sull’It ed efficacia del servizio, con una certa propensione a razionalizzare il portafoglio applicativo e informativo (cresce l’Erp management in outsourcing) per puntare alla maggiore produttività/efficienza. “L’evoluzione che porterà a una governance e a un’avanzata flessibilità del sistema – dice Di Ruscio – è un percorso complesso che si concretizzerà in fasi diverse da azienda ad azienda: occorre coniugare contenuti tecnologici avanzati, competenze di business e competenze applicative trasversali e prevenire eventuali precarietà della relazione con l’outsurcer defininendo con la massima chiarezza e precisione gli interventi da effettuare, i requisiti richiesti, i risultati attesi”. (G.R.)