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GenAI, dalla sperimentazione alla scalabilità: al centro la gestione di costi e dati



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L’intelligenza artificiale generativa offre grandi promesse ma anche sfide significative per i CIO, in particolare nella gestione delle spese e nella selezione delle informazioni appropriate. Affrontare questi aspetti è cruciale per trasformare le potenzialità della GenAI in valore concreto per il business

Pubblicato il 26 lug 2024



AI

L’intelligenza artificiale generativa (GenAI) può trasformare radicalmente i processi lavorativi e decisionali, imprimendo una spinta decisiva all’efficienza operativa aziendale. Su questo ormai non trovano più posto i dubbi. Eppure, generare progetti pilota di GenAI capaci di convertirsi in concrete capacità scalabili rimane una sfida complessa. Lo dimostra un dato: 11%, quante cioè sono le aziende che hanno adottato la GenAI su larga scala. Per tutte le altre, in qualche misura, domina ancora una certa difficoltà nel passare dalla sperimentazione all’implementazione diffusa.

Per i CIO, trovare il modo di convertire le promesse della GenAI in valore concreto per il business è un passaggio chiave. Ma da dove partire? Due aspetti critici, più di altri, emergono come determinanti per il successo: la gestione dei costi e l’appropriatezza dei dati. Lo suggerisce il vademecum di McKinsey dal titolo “Moving past gen AI’s honeymoon phase: Seven hard truths for CIOs to get from pilot to scale”, compendio di linee guida che prende le mosse da una lezione chiave: “Per ottenere il massimo valore dalla GenAI  – spiega McKinsey – è necessario che le aziende riprogrammino il modo in cui lavorano. E la creazione di una base tecnologica scalabile è una parte fondamentale di tale processo”.

Rischio esplosione dei costi: che cosa considerare

La scalabilità dei dati e delle interazioni dei modelli GenAI può far esplodere i costi rapidamente. Capire nel profondo che cosa guidi questi costi e applicare strumenti per tenerli sotto controllo è cruciale per i CIO.

McKinsey sottolinea che i modelli di intelligenza artificiale rappresentano solo una parte (circa il 15%) dei costi totali di un progetto GenAI: è essenziale considerare anche i costi di implementazione, manutenzione e change management.

Coinvolgere gli utenti finali sin dall’inizio può aiutare a garantire che i modelli e le applicazioni siano allineati con le esigenze aziendali, riducendo i costi di adattamento successivi. Il paragone più calzante è quello con la costruzione di una casa: non basta progettare un design accattivante, bisogna anche pensare alla manutenzione e a come gli abitanti vivranno al suo interno. Lo stesso vale per i progetti di GenAI: occorre pianificare ogni fase, dall’ideazione alla vita quotidiana.

Altro aspetto critico per la gestione dei costi è la scelta degli strumenti e delle tecnologie. Le aziende necessitano di un insieme gestibile di strumenti e infrastrutture per raggiungere la scalabilità. McKinsey suggerisce di evitare perdite di tempo in analisi infinite su decisioni di poca importanza, come la scelta dei modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM). Se un’azienda ha già un fornitore di servizi cloud (CSP) primario che possiede la maggior parte dei dati aziendali e il personale tecnico è già formato al suo utilizzo, potrebbe essere conveniente optare per le offerte di GenAI di quel CSP. I principali CSP stanno infatti lanciando nuovi servizi di GenAI che possono migliorare l’economia di alcuni casi d’uso e aprire l’accesso a nuovi.

Qualità dei dati al centro delle strategie

La qualità dei dati rappresenta un altro elemento cruciale per il successo della GenAI. Un malinteso comune è pensare che la GenAI possa semplicemente raccogliere i dati necessari e renderli comprensibili senza sforzo. In realtà, soluzioni GenAI di alto livello richiedono dati puliti e accurati, il che implica un lavoro concreto e mirato.

Le aziende che investono nelle fondamenta dei dati per migliorare la Data Quality indirizzano i loro sforzi nella direzione giusta: concentrarsi su un’etichettatura mirata può avere un impatto significativo sulla qualità delle risposte alle query di GenAI. Allo stesso modo, è fondamentale dedicare il tempo necessario per pesare l’importanza delle fonti di contenuti (“authority weighting”). Questo richiede una significativa supervisione umana da parte di persone con competenze rilevanti.

Puntare a una moltitudine di casi d’uso

Infine, è importante che le aziende indirizzino le loro energie verso la costruzione di soluzioni che possano servire molti casi d’uso.

McKinsey fa notare che il codice riutilizzabile può aumentare la velocità di sviluppo dei casi d’uso della GenAI del 30-50%: tuttavia, nella fretta di ottenere avanzamenti significativi, i team spesso si concentrano su singoli casi d’uso, compromettendo qualsiasi speranza di scalabilità.

Una maniera efficace per costruire asset riutilizzabili consiste nel condurre una revisione disciplinata di un insieme di casi d’uso, tipicamente da tre a cinque, per accertarne le esigenze o le funzioni comuni. I team possono quindi costruire questi elementi comuni come asset o moduli che possono essere facilmente riutilizzati o combinati per creare nuove capacità.

Rivoluzionare il modo in cui operano le organizzazioni

Passare dalla fase di luna di miele della GenAI alla vera scalabilità è un “viaggio complesso ma ricco di opportunità”, dice McKinsey. I CIO devono quindi essere pronti a rivoluzionare il modo in cui operano le loro organizzazioni, costruendo solide basi tecnologiche scalabili e adottando strategie mirate per la gestione dei costi, dei dati e delle competenze.

Il punto non è (solo) realizzare le innovative promesse della GenAI, quanto trovare la chiave per trasformare queste stesse promesse in valore tangibile e duraturo. Il primo passo? Formare team che possano portare la GenAI oltre la funzione IT e integrarla nel business. Dai centri di eccellenza che fungono da snodo centrale per prioritizzare i casi d’uso, allocare risorse e monitorare le prestazioni, sino alla divisione di compiti strategici e tattici tra team diversi, la scelta dell’archetipo giusto dipende dai talenti disponibili e dalla singola realtà aziendale. “Quel che resta centrale – concludono gli autori del report – è prevedere una stretta collaborazione fra tecnologia, business e responsabili del rischio, seguendo protocolli comprovati per guidare programmi di successo”.

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