I numeri e i tempi con i quali Internet of Things si sta presentando sono impressionanti. Secondo Gartner, entro il 2020 i nuovi dispositivi connessi alla Rete saranno 26 miliardi di unità, senza contare gli apparati già in uso, vale a dire PC, tablet e smartphone, con i quali la cifra cresce di ulteriori 7,3 miliardi.
Abbastanza prevedibile affermare quindi per i CIO quanto sia importante non farsi trovare impreparati. Meno scontato invece, capire come impostare la tabella di marcia. Al riguardo possono tornare utili alcune riflessioni proposte dal columnist di Computerworld USA Azmi Jafarey, CIO per 25 anni in varie aziende tra cui il colosso Monsanto.
Il panorama che si prospetta è dominato da una serie di oggetti di uso quotidiano – tostapane, lampadine, frigoriferi o rubinetti – prossimamente dotati di sensore e quindi potenziali sorgenti di dati, da gestire e correlare.
Come sempre, in situazioni simili, al crescere nel diffondersi della tecnologia si abbassano i costi di ingresso e aumenta l’eterogeneità. Inoltre bisogna mettere in preventivo di dover gestire differenti tipi di sensori, da quelli interattivi, a quelli invece in grado di inviare dati ma non riceverli, o quelli che consentono di fare entrambe le azioni, ma senza assumerne il controllo.
Sul lato utente il problema maggiore sarà la convivenza con questa sorta di connessione a tutto campo. Per i CIO le priorità sono di un ordine diverso; due in particolare le più importanti. Una riguarda le aziende manifatturiere, chiamate ad affrontare la prospettiva di connettere qualsiasi cosa, individuando in realtà cosa dotare di sensore e perchè, in base anche al potenziale uso dei relativi dati. Valutando al tempo stesso come integrare i sensori nei prodotti per renderli meno visibili possibile. La seconda priorità riguarda tutti, ed è l’utilizzo della relativa mole di dati disponibili per migliorare i processi aziendali e per capire i comportamenti dei clienti.
Alla fine la sfida per il CIO è riuscire a ricavare vantaggi competitivi dall’IoT. Questo sarà uno skill fondamentale richiesto a questo tipo di figura manageriale. Il CIO in altri termini dovrà saper costruire l’infrastruttura per gestire la quantità di dati in arrivo da un numero inedito di sorgenti. E per raccoglierli, analizzarli e trasformarli in formazioni utili. Il tutto praticamente all’istante. Operazioni come il rilevamento di problemi o la necessità di ricalibrare a distanza, sono quindi destinate a diventare ordinaria amministrazione.
La gamma di sensori disponibili sarà presto in grado di aiutare a rilevare e correggere, o anche prevenire, problemi con i sistemi. Questo però, è legato alla relativa quantità di informazioni trasmesse, da raccogliere e conservare in luoghi idonei, non solo dal punto di vista della capacità, ma anche nel rispetto delle questioni legate a privacy e sicurezza. Una situazione dove al confronto il tanto temuto BYOD è un problema minimo.
La connettività tende infatti a superare ogni barriera tra contesti pubblici, personali e aziendali. Assume quindi importanza il gran lavoro necessario a garantire la piena interazione. Occorrerà seguire anche l’efficienza di tutta la parte chiamata a supportare la comunicazione con le macchine. Servono di conseguenza anche nuovi modelli di licenza, indirizzati più alle modalità di trasferimento, memorizzazione e analisi dei dati tra le macchine che che interazione tra persona e software.
L’eterogeneità prevista soprattutto nella prime fasi, non dovrà rallentare l’integrazione dei sistemi. In soccorso del Cio chiamato in ogni caso a trattare ogni sensore richiesto, è lecito attendersi una serie di Api ed estensioni da parte dei rispettivi produttori. Un lavoro comunque da mettere in preventivo come particolarmente impegnativo.
In conclusione, sottolinea Jafarey, se si tratta l’IT come commodity, si otterrà una commodity. Se invece la si tratta come una fonte di vantaggi competitivi per il business si può avere in mano un’arma formidabile.
E questo è particolarmente vero per l’IoT. Chi ha una visione “ordinaria” la tratterà come un problema infrastrutturale: far interagire i sistemi, raccogliere i dati, alimentare con essi data warehouse e alle soluzioni analitiche. I dipartimenti IT più avanzati invece abbracceranno l’IoT come un’opportunità per studiare nuovi modelli di business e approfondire i comportamenti dei clienti.