E’ facile immaginare quale salto qualitativo potrebbe fare la sanità italiana grazie a una forte diffusione del Mobile Health, cioè dell’uso di device come smartphone, tablet e pc portatili, e di Mobile App per esempio per il consulto delle cartelle cliniche elettroniche da parte del medico, o per il download di referti da parte del cittadino, o per la rilevazione e invio dei parametri vitali via rete mobile da parte di malati cronici o immobilizzati.
Come spiega però il recente Osservatorio ICT in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, la realtà è ben diversa, e non solo per i tagli imposti dalle varie Leggi Finanziarie e ‘Spending Review’. Secondo le stime dell’Osservatorio, nel 2012 per la digitalizzazione della Sanità italiana sono stati spesi 1,23 miliardi di euro, in diminuzione rispetto al 2011 del 5%. Tale cifra rappresenta l’1,1% del totale della spesa sanitaria pubblica italiana, e corrisponde a una spesa pro-capite di 21 euro per abitante: meno della metà, per dare un’idea, di quanto spendono altri Paesi europei come Francia e Gran Bretagna per la digitalizzazione dei loro sistemi sanitari, per non parlare della Danimarca che ha una spesa pro-capite di 70 euro.
In questo contesto di tagli di budget, sottolineano i ricercatori dell’Osservatorio, le Direzioni Strategiche del settore sanitario danno priorità a obiettivi come la Cartella Clinica Elettronica, la gestione informatizzata dei farmaci, i sistemi dipartimentali, i sistemi di gestione documentale e conservazione sostitutiva, e quindi ai servizi digitali al cittadino e agli strumenti di integrazione con i sistemi regionali e nazionali, come il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE).
Le Direzioni mettono invece in secondo piano l’investimento in ambiti che – pur in prospettiva rilevanti e promettenti – sono oggi penalizzati anche dalla scarsa comprensione da parte degli addetti ai lavori delle potenzialità offerte da questo tipo di soluzioni. E tra questi ambiti c’è appunto il Mobile Health, oltre che il Cloud Computing.
Meno di metà delle strutture ha investito nel Mobile
Più in dettaglio, l’analisi dell’Osservatorio mostra che nel 2012 il 43,2% delle strutture sanitarie ha effettuato delle spese nell’ambito Mobile Health per un valore pari a 10 milioni di euro, con un tasso di crescita previsto per il 2013 pari al 5,4%. I Mobile Device più presenti sono Notebook e Netbook (adottati nell’80% delle aziende del campione), ma il 21% delle strutture prevede di introdurre nel 2013 i tablet a supporto delle attività cliniche (vedi Figura in fondo all’articolo).
Il livello di utilizzo attuale dei device mobili da parte di medici, infermieri e altro personale sanitario è abbastanza limitato. La percentuale di medici che, nello svolgimento delle attività cliniche, utilizza device mobili è del 24%, mentre è del 21% per gli infermieri e del 10% per altri operatori. Tuttavia, entro la fine del 2013 quasi la metà delle aziende prevede di aumentare la diffusione e l’utilizzo dei dispositivi mobili tra medici e infermieri (rispettivamente il 48% e il 43%).
Quanto all’utilizzo di dispositivi personali per scopi professionali (secondo il paradigma del Bring Your Own Device, BYOD), solo il 18% delle strutture del campione lo incentiva, mentre il 46% delle strutture ha una politica aziendale che non ammette l’utilizzo di device personali. Tale risultato è comunque in linea con quanto avviene in altri settori del tessuto economico italiano.
Il quadro complessivo che emerge dall’analisi dell’Osservatorio quindi è quello di un ambito che potrebbe abilitare un’innovazione radicale del servizio sanitario, ma che a oggi rimane ancora spesso confinato in un’area sperimentale, il cui valore è ancor poco percepito dalla Direzione Strategica, indirizzata su altre priorità.
L’utilizzo dei device mobili da parte del personale medico e infermieristico in corsia e nelle stanze dei pazienti però, sottolineano i ricercatori, è un prerequisito fondamentale per la sostituzione delle tradizionali cartelle cliniche cartacee con quelle elettroniche. “Solo in questo modo è possibile rendere disponibili in qualunque momento l’accesso condiviso alle cure somministrate e, in generale, a tutti i dati clinici dei pazienti, riducendo la possibilità di errori ed incomprensioni tra i vari operatori che, in momenti e luoghi diversi, seguono lo stesso paziente”.
Non si tratta quindi solo di eliminare i documenti cartacei dai processi, e di avere una maggiore produttività del personale sanitario, grazie all’ottimizzazione dei tempi, “ma soprattutto di ridurre il rischio di errore, attraverso una migliore gestione e controllo dell’intero processo di cura e una migliore qualità del servizio offerto al paziente”.