I destini degli operatori mobili e delle emittenti tv continuano
a intrecciarsi, in nodi di grande complessità. Dalla loro
risoluzione dipende il futuro della banda larga wireless
italiana. Capiremo davvero a breve, forse già da questa
settimana, se sarà possibile risolvere i problemi che ostacolano
l’innovazione e come il governo intende muoversi in tal
senso. Le questioni sul tavolo sono due, strettamente
collegate.
La prima riguarda le frequenze a 800 MHz assegnate
all’asta, l’anno scorso, agli operatori mobili per
farci la banda larga Lte. La seconda riguarda frequenze più
basse (700 MHz e inferiori), che il governo dovrebbe mettere
all’asta entro quest’estate. Il macigno più vicino,
sulla strada verso l’Lte, è un ricorso del Gruppo
Triveneto al Tar del Lazio contro la liberazione dei canali 61-69
sugli 800 MHz.
Per ora il Tar ha accolto la richiesta di sospensiva e
nei prossimi giorni dovrebbe decidere definitivamente se
annullare il decreto che chiede alle tv locali di
liberare quei canali (il decreto 23 gennaio 2012 del Ministro
dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro
dell’Economia e delle Finanze).
Il problema, secondo le tv locali (a quanto ribadito dalle
associazioni Aeranti Corallo e Frt) sono numerosi. I tempi
chiesti dal decreto, per la liberazione, sono troppo stringenti;
le modalità difficili da applicare. Chiedono, quindi, tanto per
cominciare, tempo in più. Che equivarrebbe a ritardi per il
lancio dell’Lte, la quarta generazione di rete mobile. Sul
cui avvio, per altro, pende un’altra incognita (sebbene
meno grave): riuscirà il Ministero della Difesa a liberare, a
quello scopo, le frequenze 2.6 GHz (pure queste aggiudicate agli
operatori con l’asta), in tempo per il lancio dei nuovi
servizi?
Queste incertezze fanno male ai piani di investimento
degli operatori, allo sviluppo dell’innovazione.
Come se ne esce? L’occasione migliore il governo
l’avrà a giorni, con un decreto legislativo, utile a
sanare alcune questioni. È il decreto che servirà a superare il
beauty contest- pensato per dare frequenze alle emittenti tv- e a
sostituirlo con un’asta.
Sappiamo che la situazione si è complicata di recente, a tal
proposito, perché il governo nei giorni scorsi ha dovuto
accogliere il principio di neutralità tecnologica recependo una
direttiva europea del 2009. Ergo, Rai, Mediaset e
H3G (3 Italia) potranno usare anche per il
digitale terrestre alcune frequenze che detengono e che finora
erano utilizzabili solo per altri scopi (dvb-h, cioè tv
su cellulare, nel caso di H3G e Mediaset; Dvbt-2, per Rai).
Questo libera insomma risorse inaspettate per la tv e potrebbe
fare il gioco della banda larga mobile.
Come? Antonio Sassano, docente alla Sapienza di Roma, propone di
soddisfare le tv locali con un pacchetto gratuito di frequenze
700 MHz. In cambio, sbloccherebbero la querelle sugli 800 MHz.
Altro aspetto da considerare: quattro delle dieci frequenze che
andranno all’asta dovranno essere rese disponibili anche
alla banda larga mobile, dal 2015 (come richiesto
dall’Itu).
Il governo potrà darle alle tv quindi solo per un periodo di
tempo limitato. Infine, proprio in questi giorni il
ministro allo Sviluppo Economico e la Fondazione Ugo Bordoni
(Fub) stanno facendo un tavolo con operatori ed emittenti per
affrontare il problema delle future imminenti interferenze che ci
saranno tra segnali Lte e televisivi. Entrambi sono
sulla banda 800 MHz e quindi le interferenze sono probabili in
alcune zone, come successo in Francia. Il problema emergerà
presto, visto che Tim e Vodafone stanno per lanciare le prime
sperimentazioni Lte su frequenze 800 MHz (finora l’hanno
fatto solo su 2.6 GHz).
Come si vede, il futuro della banda larga mobile richiede una
gestione della convivenza con i segnali televisivi, su vari
fronti. E spetterà alle istituzioni affrontare la questione.
di Alessandro Longo