“Viviamo un momento di trasformazione impattante dal punto di vista It e business: la digitalizzazione dei processi aziendali è sempre più pervasiva, con ricadute importanti sui modelli strategici e operativi, e apre le porte a fenomeni quali l’ibridazione di mercati che tocca anche i settori più tradizionali”. Nicoletta Boldrini, giornalista di ZeroUno, apre così i lavori dell’Executive Dinner “Managed services: strumenti per lo sviluppo del business“, organizzato da ZeroUno, in collaborazione con Avanade (fornitore di servizi tecnologici aziendali, nato dall’alleanza tra Accenture e Microsoft), tratteggiando uno scenario di cambiamento profondo, dove al Cio è richiesto un profilo “bimodale”: da un lato, deve avere la capacità di razionalizzare le infrastrutture e creare efficienza, dall’altro, ha il compito ben più complesso di portare innovazione. Ma come si fa a essere uno “sprinter” (pronto a “scattare” al ritmo del cambiamento) se le tecnologie e le competenze a disposizione sono quelle di un “maratoneta”? Visti in una nuova prospettiva, i Managed Services possono rappresentare una soluzione al dilemma perché consentono ai Sistemi Informativi di delegare buona parte dell’operativo e liberare risorse da dedicare all’innovazione. Come racconta Boldrini, le aziende sono alle prese con un “puzzle” di tecnologie, che implica problemi di governance: si assiste a un ripensamento del legacy (che comunque continua a portare efficienza) e deve integrarsi con le nuove soluzioni social, cloud, mobile.
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“Ripensamento indispensabile perché anche se in Italia siamo ancora in un momento di difficoltà economica – interviene Vittorio Arighi, Practice Leader di NetConsulting -, le aziende devono confrontarsi su un mercato internazionale sempre più competitivo. E quindi servono flessibilità, riduzione del time to market, focalizzazione sul core business, capacità di ottimizzare i costi e migliorare la gestione del patrimonio informativo”.
Verso i Servizi Gestiti: strategie, vantaggi, fornitori
In tutti gli ambiti, i Managed Services possono supplire ad asset mancanti: ma quali sono le aree più soggette alla valutazione delle politiche di sourcing? “Per il Digital Workplace – elenca Arighi -, ci sono collaboration e gestione dei portali, produttività individuale, mobility interna, videoconferenza, processi corporate; per il Digital Marketing, sono da annoverare la gestione dei canali social, le mobile apps, l’e-commerce, la sentiment analysis. Sono tutti temi recenti per cui vanno sviluppate nuove competenze ed eventualmente valutare se affidarle in esterno a soggetti competenti”.
I vantaggi generati dai Servizi Gestiti possono essere così sintetizzati: sul fronte applicativo, riduzione delle risorse applicative interne e riallocazione in attività strategiche, maggiore vicinanza al business, riduzione dei costi di help desk, ottimizzazione dell’attività di patch / release management; sul piano infrastrutturale, shift dei costi da Capex a Opex, tecnologie sempre allo stato dell’arte, velocità di provisioning, riduzione dei costi degli asset e dei downtime delle macchine.
Ma come passare ai Servizi Gestiti? “Innanzitutto occorre valutare e costruire un piano di Digital Transformation, con il ricorso a consulenti e studi di fattibilità – suggerisce Arighi -. Bisogna mantenere al proprio interno le competenze business, avere un sistema di monitoraggio fornitori efficiente e idee chiare circa le competenze del partner, procedere in un’ottica di ottimizzazione dei costi e tutela degli investimenti pregressi”. Ne consegue che le caratteristiche da valutare in un fornitore di Servizi Gestiti sono: le capacità consulenziali, l’offerta di servizi infrastrutturali robusti e con Sla elevati, l’erogazione di soluzioni applicative anche in cloud, la proattività nel demand management, l’obiettivo di condividere obiettivi di savings.
Avanade: Managed Services in una nuova luce
“La prospettiva dei Managed Services sta cambiando – interviene Massimo Abri, Director Managed Services di Avanade – sulla spinta della digitalizzazione: gli utenti di domani sono nativi digitali, abituati a fruire di servizi quasi real-time e personalizzati, e dobbiamo prepararci a soddisfare le loro aspettative. Occorrono prodotti sempre aggiornati, che cambiano rapidamente nel tempo, ma ciò comporta investimenti ingenti in tecnologie e competenze”. L’alternativa arriva dai Managed Services, che mettono nelle mani dei Sistemi Informativi gli strumenti adeguati per rispondere alle esigenze del business, con un riposizionamento dei ruoli: “l’It non più come ostacolo all’innovazione – dice Abri -, ma come suggeritore strategico, alla guida di tecnologie che vengono gestite da chi ha le competenze [di mercato, di processo e tecniche – ndr] per farlo”.
Dagli studi condotti per Avanade da Vanson Bourne nel 2013-2014, emergono dati significativi: il 94% degli intervistati ribadisce la necessità di ridurre il time-to-market delle applicazioni; il 39% ammette di non avere in casa gli skill per rispondere alle richieste del business.
“Una ricerca Idc condotta su 11 clienti Avanade con oltre 15mila dipendenti, di cui 5-9mila fruitori di Managed Services – racconta Abri -, ha rilevato l’efficacia delle nostre soluzioni: nell’arco di cinque anni (la durata contrattuale del piano di Digital Transformation), il beneficio medio calcolato su 100 utenti è stato di circa 89mila dollari, il Roi del 446% (con un ritorno medio di 5 dollari per ogni dollaro investito) e il periodo di payback di 4 mesi dal going live”.
I savings sono così ripartiti: oltre 51mila dollari (il risultato più significativo) derivano dall’aumento della produttività del team It (il tempo viene risparmiato soprattutto sulle attività di forecasting/configuration management, sviluppo applicativo e help desk), 23mila dal miglioramento delle operations, quasi 6.500 dalla generazione di nuovo revenue, 2.800 dalla mitigazione dei rischi e quasi 5500 dalla riduzione dei costi infrastrutturali.
Il driver d’adozione è davvero solo finanziario?
Su questi numeri che fanno riflettere, interviene Maurizio Francini, Technical Manager di Sorgenia, sottolineando che, nelle sue esperienze di Managed Services, il driver principale dei progetti è stato soprattutto di natura finanziaria, anche se nell’iniziativa in cui è attualmente coinvolto si sente forte la volontà di un ridisegno architetturale, nell’ottica della transformation e della flessibilità (“le infrastrutture stratificate dovevano essere in grado di reggere le evoluzioni future”).
“Ricorrere ai Manager Services – incalza Valentina Torti, Responsabile Sistemi Business Intelligence, CRM, Finance e HR di La Rinascente – è spesso una scelta obbligata, perché la gestione interna risulterebbe impossibile a livello di costi e tempi”.
Sul driver finanziario concorda anche Marco Rossi, It Business Process Support Director di Barilla, che però nota uno shift di intenti all’interno dell’azienda: “In passato, abbiamo lavorato molto sull’efficientamento dei processi amministrativi e di supply chain. Dal 2015 sarà avviato un progetto di Digital Transformation diretto all’area Sales e all’engagement del cliente finale, ambiti su cui finora non erano state fatte attività consistenti”.
La velocità di azione è un altro driver che guida le scelte di outsourcing. “Abbiamo puntato subito su un’esternalizzazione spinta delle infrastrutture, applicativa e dei servizi – racconta Giovanni Lugli, Cio di Bpm Assicurazioni – per avviare in tempi rapidi la commercializzazione dei prodotti assicurativi”.
Anche la continuità progettuale può essere considerata tra i motori dei Managed Services. Alessio Dalconi, It manager di Allianz Global Assistance, fa notare che, ad esempio, in caso di turnover improvviso delle risorse interne allocate su un’iniziativa It, sarà difficile procedere nelle attività senza rallentamenti o intoppi.
Nuove competenze e paura di perdere il controllo
La discussione sui Managed Services solleva altri highlights importanti. Dagli interventi emerge la paura di perdere le professionalità interne, “uno dei temi caldi – fa notare Boldrini – è proprio la scelta di quali competenze demandare all’esterno”, e il controllo sul parco applicativo e infrastrutturale. “Occorre – evidenzia Arighi a proposito della governance – che l’It mantenga un presidio architetturale e tecnologico, seppure in partnership con il fornitore”. Sulla questione delle competenze, invece, Arighi fa notare le lacune delle università italiane nel formare gli specialisti nell’era della digitalizzazione.
Gianluca Pezzali, Vice President Application – It Manager di Deutsche Bank mette in guardia contro il rischio di non riuscire a supportare le richieste delle Lob con la dovuta rapidità: “Il business è molto demanding e se non trova risposte nell’It interno, cerca in autonomia la soluzione all’esterno, ma spesso si rivolge a fornitori non adeguati. È importante che queste scelte rimangano appannaggio dell’It, di chi ha le competenze tecniche per una corretta valutazione”.
Anche Loris Conte, IT project manager di Snam pone l’accento sulle Lob che agiscono in autonomia se non adeguatamente servite e sulla mancanza di competenze interne (tecnologiche, di business, legali) riguardo ai nuovi temi del digital.
“Come afferma Gartner – riporta Demetrio Migliorati, Head of Enterprise Digital Organization di Banca Mediolanum – c’è uno spostamento di paradigma dal tecnologo, che osserva i processi in ottica meccanicistica, al digital humanism, dove l’accento viene posto sui comportamenti imprevedibili degli utenti. Bisogna osservare e appropriarsi di skill quali la confidenza con l’incertezza, l’ambiguità e l’agilità”.
“Tutti i prodotti stanno diventando intelligenti – dichiara Francesco Pezzutto, Cio di Vimar – e si assiste alla trasformazione inevitabile del business. L’It è destinato a diventare line (non più staff!) con un alto livello di proattività e in grado di proporre nuovi modelli. In questo contesto la partnership con chi ha la tecnologia allo stato dell’arte e una vista sull’evoluzione dei sistemi è di supporto all’It per essere propositivo e affrontare la complessità”.
Alleanza win-win, caratteristiche del fornitore e Roi
Ma quali devono essere le caratteristiche del fornitore per una collaborazione vincente?
Per Lugli bisogna affidarsi a partner che “abbiano dimensioni simili a quelle dell’azienda” per operare correttamente in logica win-win.
Secondo Avanade, la partnership può funzionare solo se il fornitore è propositivo e porta alla conoscenza del cliente le novità tecnologiche e le alternative per l’evoluzione delle infrastrutture e del parco applicativo, senza ancorarsi ai vecchi contratti.
Un concetto messo in luce da Torti: “Da anni ci avvaliamo dell’outsourcing: nel tempo, i contratti sono cambiati in base alle necessità aziendali e in questo è risultata fondamentale la flessibilità del fornitore”.
Vagliata la bontà del fornitore, come si calcola il successo di un’iniziativa di Managed Services? Gianluca Storia, Responsabile Ricerca e Sviluppo di Creditech, non ha dubbi: “L’ago della bilancia è il business”, ma non sempre l’outsourcing si rivela la soluzione ottimale: “Se le specifiche di un nuovo progetto arrivano dalle Lob senza idee chiare – obbietta -, delegare in esterno le attività di sviluppo può essere rischioso”: meglio avere le competenze in casa per raddrizzare subito il tiro e seguire la volubilità del business.
Ribatte sulla questione Abri di Avanade: “Oggi non è più l’azienda che propone un servizio, ma è il mercato che chiede all’azienda di creare un servizio. Solo capendo in fretta la domanda, è possibile uscire con prodotti rispondenti alle richieste”. I Managed Services, in conclusione, possono aiutare le aziende ad acquisire la velocità necessaria a soddisfare il nuovo modello, con un Roi che deve essere calcolato non solo sui savings, ma soprattutto sull’aumento della produttività e la generazione di revenue.
Avanade per i Managed Services Fondata a Seattle nell’aprile del 2000 come joint venture tra Accenture e Microsoft, Avanade è un fornitore di servizi It aziendali che coniuga competenze consulenziali e tecnologiche, con oltre 70 delivery center in 20 Paesi nel mondo, 22mila professionisti worldwide e un fatturato 2014 di 2 miliardi di dollari. In Italia, dove è presente da quasi 15 anni, opera attraverso sei uffici (Milano, Roma, Firenze, Siena, Torino, Cagliari) e conta oltre 650 consulenti, per un fatturato totale di circa 80 milioni di euro nel 2014. Con il portfolio di Managed Services, Avanade supporta i clienti nell’evoluzione del parco applicativo e infrastrutturale: l’offerta comprende la gestione delle applicazioni custom, del mondo Dynamics, delle soluzioni di collaboration e analytics basate su tecnologia Microsoft; sul fronte infrastrutturale, l’azienda si occupa di ambienti cloud, workplace e Ucc. L’obiettivo è ridurre la complessità della gestione It e dei processi aziendali correlati sfruttando le economie di scala, nonché massimizzare l’agilità aziendale riducendo il tempo necessario per applicare le tecnologie Microsoft al business. Grazie ai servizi industrializzati di Infrastructure / Application Management e alla possibilità di comparare analoghe esperienze a livello mondiale, Avanade aiuta a ridurre il tempo, i costi e i rischi associati alla gestione ed evoluzione di applicazioni anche mission critical, migliorando la capacità di risposta dell’It con il provisioning rapido ed economico di tecnologie aziendali innovative. |