Quattro cose da sapere sulle piattaforme IoT

Un contributo di analisi e conoscenza su come affrontare il tema dello sviluppo dell’Internet of Things sui temi delle piattaforme sviluppo, del ruolo del Cloud e delle infrastrutture necessarie a sostenere i progetti per l’Internet delle cose

Pubblicato il 03 Feb 2016

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Stefano Rinaldi, General Manager di PTC Italia

Per raggiungere i previsti 25 miliardi di oggetti connessi entro il 2020, le aziende non possono fare altro che adottare l’Internet degli Oggetti (IoT). Da quando il vero valore dell’Internet degli Oggetti è stato compreso appieno, le aziende procedono a tutta forza verso una nuova “economia dei dati”, in cui i prodotti non generano semplicemente ricavi diretti, ma forniscono anche informazioni importanti che vengono incanalate all’interno dell’organizzazione. La posta in gioco è enorme e non sorprende che l’adozione dell’IoT stia aumentando vertiginosamente con un tasso di crescita annuo di oltre il 30%. Proprio perché la corsa all’IoT accelera il passo, per le aziende è necessario tracciare con attenzione la propria strategia, includendovi una delle componenti fondamentali: una piattaforma IoT. Le considerazioni da fare sono molte, a cominciare dai quattro punti chiave.

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1) Realizzare la propria infrastruttura IoT è a dir poco rischioso

Per la stragrande maggioranza delle attività che adottano l’IoT si tratta di introdurre nuove tecnologie accanto all’offerta esistente. Ne risulta una possibile sottovalutazione, da parte delle aziende, dei requisiti necessari per raggiungere anche soltanto il livello minimo di connettività. Uno stack tecnologico IoT comprende applicazioni cloud, hardware ed edge, integrazione di sistemi, gestione di rete e connettività, analisi e memorizzazione dei dati, sicurezza, logica di business e applicazioni per l’esperienza utente (UX). Tentare di costruire un sistema così complesso può rallentare lo sviluppo fino ad arrestarlo. Per le startup che dipendono dal successo iniziale, questo può rappresentare il colpo di grazia, mentre per le aziende avviate, impiegare due o tre anni per sviluppare un’infrastruttura IoT potrebbe significare cedere quote di mercato a un concorrente più produttivo.

2) Non tutti gli IoT sono uguali e le piattaforme non sono universali

In linea generale, si può distinguere tra IoT come prodotto di consumo e IoT di livello industriale.
Alla prima categoria appartengono i dispositivi indossabili, diverse applicazioni per la casa intelligente (Smart Home) e applicazioni B2C. L’IoT industriale comprende invece macchinari più complessi, tipici anche dei settori medicale, aerospaziale, militare, manifatturiero e dei sistemi intelligenti (ad esempio, le “Smart City“). I requisiti dell’IoT di consumo sono relativamente inferiori: la quantità di dati coinvolti è minore, il valore dei dati è inferiore e gli stessi sono utilizzati in misura minore.
Viceversa, i requisiti dell’IoT industriale sono di gran lunga superiori: il volume dei dati è enorme, di un valore probabilmente maggiore anche dell’hardware fisico, e possono essere utilizzati in tutta la catena del valore di un’azienda. Un’azienda B2C impegnata nel lancio di una linea di bracciali per il fitness può esaurire rapidamente il proprio budget investendo in una piattaforma IoT di grado industriale di difficile gestione. Al contrario, un produttore dell’industria pesante che investe in un’infrastruttura IoT progettata per il grande consumo si ritroverà probabilmente con un sistema totalmente inadeguato.

3) Il valore (e il costo) dei dati dovrebbe influire sulla valutazione

Come già accennato, i dati variano in termini di volume, sensibilità e rischio. Privare chi utilizza un certo dispositivo di determinati dati potrebbe risultare conveniente oppure avere conseguenze catastrofiche. Il traffico di dati IoT è spesso inteso come unidirezionale, con l’acquisizione, la memorizzazione e la presentazione dei dati dei dispositivi. Tuttavia può essere anche bidirezionale e consentire ai produttori di monitorare, controllare e perfino riparare da remoto i sistemi. Per le aziende che operano a livello globale potrebbero anche presentarsi sfide dal punto di vista della sovranità dei dati. Le piattaforme IoT si distinguono in base al modo in cui possono acquisire, condividere, memorizzare, sfruttare e proteggere i dati: è quindi di vitale importanza aver compreso i propri dati IoT ai fini della valutazione delle piattaforme.

4) Il cloud computing non è sempre sufficiente per le piattaforme IoT

Molti fornitori di piattaforme promuovono un modello IoT 100% cloud e, in certe situazioni, il cloud computing può essere assolutamente efficace e sufficiente. Ma la totale assenza di sistemi di calcolo distribuito può rappresentare un grosso problema. Per capire se una piattaforma basata su cloud sia sufficiente, è necessario porsi alcune domande. Che cosa accade alla mia soluzione se la rete non è più utilizzabile? Ho bisogno del prodotto per continuare a essere “intelligente“? Quanti dati devono essere inviati ai server del cloud, con quale frequenza e quali sono le implicazioni in termini di costo? L’invio di dati ai server cloud remoti è conforme alla governance interna, alle esigenze dei clienti e alle leggi applicabili? Se le risposte a queste domande fanno sorgere dubbi, è necessario optare per una piattaforma IoT che supporti il calcolo distribuito.

Conclusioni
Consentire ai propri prodotti di operare nell’IoT è tutt’altro che semplice e commettere un errore nella scelta della piattaforma può avere conseguenze molto gravi, specialmente se si è in corsa per avere accesso al mercato o se sono state implementate le funzionalità IoT ed è necessario apportare modifiche in corso d’opera. Questo elenco di considerazioni non è di certo esaustivo, ma sottolinea la necessità di comprendere appieno come si intende sfruttare l’Internet degli Oggetti e di valutare quali piattaforme rappresentino il migliore presupposto per il raggiungimento dei propri obiettivi. La Developer Zone di ThingWorx consente di avere una idea delle attività e dei requirements necessari per lo sviluppo di applicazioni IoT.

*Stefano Rinaldi è General Manager di PTC Italia

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