Made in Italy: il valore di infrastrutture IT flessibili

Dall’internazionalizzazione e delocalizzazione all’identificazione di modelli di business alternativi: le aziende del Made in Italy devono affrontare continue sfide. In questo contesto l’infrastruttura Ict fa la differenza. È quanto sostiene Mimmo Zappi, VP Strategy & Solution di Colt e Country Representative di Colt Italia, la cui offerta, orientata all’as-a-service, permette di costruire sistemi informativi flessibili per supportare la dinamicità del business.

Pubblicato il 17 Feb 2015

Nonostante l’attuale contesto economico di incertezza, le società del Made in Italy si confermano tra i più importanti motori di traino del nostro Paese: in particolare, il Lusso è un settore in crescita, anche in prospettiva (secondo Bain & Company, i consumatori di questi beni sono stati, a livello mondiale, 330 milioni nel 2013 e saranno 500 milioni nel 2030, contro i 90 del 1995). Ma le aziende del Made in Italy devono affrontare continue, e in alcuni casi nuove, sfide: internazionalizzazione, delocalizzazione, M&A, global sourcing, modelli di business alternativi (ad esempio, l’e-commerce o l’engagement del cliente attraverso i social network). In questo contesto It e Tlc diventano la vera chiave di volta a supporto delle roadmap strategiche verso la global enterprise, digitalizzata e distribuita, mentre i paradigmi as-a-service rappresentano una via obbligata per il recupero dell’efficienza.

Mimmo Zappi, VP Strategy & Solution di Colt e Country Representative, Colt Italia

A colloquio con ZeroUno, Mimmo Zappi, VP Strategy & Solution di Colt e Country Representative di Colt Italia, chiarisce la vision su questi temi della multinazionale britannica (headquarter a Londra, fatturato 2013 di 1.575 milioni di euro, 5.400 dipendenti Ue): “Oggi – esordisce il top manager – le aziende devono fare i conti con la difficoltà di accesso al credito, l’instabilità politica, fatturati in stagnazione, nuove sfide strategiche. Colt viene incontro alle imprese supportandole, attraverso la rete di infrastrutture e servizi, nel recupero della competitività, che passa per la ricerca di nuovi mercati e la gestione dinamica della filiera e del business”.
Nel mercato globale, i Responsabili dei Sistemi Informativi si trovano a fronteggiare le esigenze di infrastrutture sempre più complesse, ma robuste e scalabili, di integrazione dei dati, di standardizzazione dei processi (secondo la ricerca Tech Deficit commissionata da Colt e che ha coinvolto 852 technology decision-maker europei, solo il 23% dei Cio italiani interpellati crede che l’attuale infrastruttura tecnologica sia idonea a sviluppi futuri, contro il 73% convinto del contrario): “I nostri clienti chiedono innanzitutto flessibilità e qualità di servizio: noi li aiutiamo nella roadmap di rinnovamento tecnologico e razionalizzazione, con ambienti infrastrutturali on-demand, banda dinamica, storage as-a-service e così via”. Al centro della strategia insomma, il modello “a consumo”, che secondo la Ricerca Tech Deficit, diventerà sempre più popolare nei prossimi due anni (la crescita stimata per IaaS, SaaS e data center co-location è rispettivamente del 52%, 55% e 33%). Alla base dell’offerta vi è, quella che il carrier definisce l’information delivery platform, ossia un’infrastruttura di rete presente in Europa, Stati Uniti e regione Asia-Pacifico (attualmente nel mirino dei progetti di crescita dell’azienda) con: 47.000 Km di fibra ottica proprietaria in Ue, 29 data center indipendenti (22 nel Vecchio Continente e 7 in Asia), 42 metropolitan area network.
L’approccio al cliente si basa sulla metodologia Adiom (Assess, Design, Implement, Orchestrate, Manage). “La fase di assessment – sottolinea Zappi – è fondamentale per costruire un rapporto di vera partnership con il cliente, al fine di mettere in evidenza il gap tra l’infrastruttura esistente e i risultati attesi, creando consapevolezza e andando insieme verso gli step successivi”. Una strategia win-win basata sulla collaborazione, che Colt applica al proprio interno anche in merito alla Responsabilità Sociale di Impresa (Csr), per cui, come cita il manager italiano, i dipendenti vengono incoraggiati alla condivisione di idee e coinvolti attivamente in iniziative volte a migliorare il posto di lavoro, la comunità e l’ambiente.

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