Approfondimenti

Le prospettive dell’RFId nella filiera del farmaco in Italia

La tecnolologia di identificazione a radiofrequenza rende la gestione dei magazzini meno onerosa e più sicura. Le evidenze emerse dal progetto DAFNE

Pubblicato il 01 Giu 2008

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Se si andasse a ripercorrere quanto pubblicato nella letteratura
divulgativa del recente passato, ovvero negli anni immediatamente
a ridosso del mandato RFId di Wal*Mart, si leggerebbe di diverse
filiere potenzialmente molto interessate all’introduzione
della tecnologia RFId [OPRI 2005, OPRI 2006]. Tra queste, una
delle più citate era proprio la filiera del farmaco:
dall’ottemperanza alle sempre più stringenti normative
sulla tracciabilità in vigore (o in via di promulgazione) nei
paesi occidentali, ai benefici conseguibili in un processo
logistico- produttivo ripetitivo e ad elevatissimi volumi, fino
alle applicazioni di anticontraffazione e di controllo della rete
distributiva, le aspettative di un imminente ingresso
dell’RFId nel mondo del farmaceutico erano decisamente
forti
. A rafforzare queste aspettative contribuiva anche
l’azione della Food & Drug Administration (FDA)
americana che, indicando delle scadenze per i primi requisiti di
RFId compliance, lasciava intuire una volontà genuina di
affidare a questa tecnologia le chiavi dei processi logistici
nella filiera farmaceutica del futuro.
A metà del 2007 il bilancio che si poteva trarre era decisamente
meno lusinghiero [OPRI 2007]: le applicazioni esistenti in Italia
nella filiera del farmaco erano decisamente esigue se confrontate
al resto dei settori, spesso ferme allo stadio di test
tecnologici e senza il necessario respiro né in termini di
merceologie studiate (solo quelle di maggior interesse
commerciale), né in termini di processi impattati (supporto alle
operations, logistica interna), né in termini di attori
coinvolti (sempre iniziative di un singolo attore). Di queste
applicazioni, una parte rilevante sono in realtà rivolte alla
gestione degli asset impiegati nella logistica del farmaco
(contenitori termici, termocoperte), rendendo ancora più
ristretto il numero di quelle effettivamente centrate
sull’identificazione del farmaco. Né le cose erano tanto
migliori a livello mondo: dopo gli iniziali slittamenti nelle
scadenze, l’FDA ha di fatto abbandonato l’idea di
emettere un RFId . Mandate, pur dichiarando l’RFId come
“la più promettente tecnologia per la tracciabilità dei
farmaci”. Di pari passo, l’amministrazione
Californiana rinviava il programma ePedigree al 2011.
E’ in questo quadro di sostanziale immobilità e di qualche
disappunto per tutti gli attori che avevano creduto in un più
rapido dispiegarsi di queste applicazioni in questo settore, che
si inserisce il progetto che illustriamo in questo articolo.
L’obiettivo di fondo è stato quello di tornare a lavorare
su questi temi con sano pragmatismo e spirito critico.
Il progetto DAFNE
Il progetto nasce dalla collaborazione tra il Consorzio DAFNE
(Distribuzione Aziende Farmaceutiche Network EDI), il Gruppo
Comifar e l’RFId Solution Center del Politecnico di Milano,
HP ed Intel. Il Consorzio DAFNE , costituito da aziende
farmaceutiche e della distribuzione intermedia con la
partecipazione di aziende della distribuzione primaria
(depositari), si pone la missione di ottimizzare i processi di
distribuzione del farmaco sviluppando progetti comuni
all’interno della filiera farmaceutica. Il Consorzio lavora
per l’ottimizzazione sia dei flussi informativi dei
documenti che dei flussi fisici delle merci con l’obiettivo
di raggiungere l’integrazione tra i partner nella filiera.
Il Gruppo Comifar è il principale attore della distribuzione
farmaceutica in Italia e tra i primi 30 gruppi industriali a
livello nazionale, fa parte del Gruppo Phoenix, secondo
distributore farmaceutico a livello europeo. Serve oltre 13.000
Farmacie clienti attraverso 33 unità distributive, effettuando
25.000 consegne giornaliere, gestisce oltre 110.000 referenze ed
evade giornalmente 1,6 milioni di pezzi da reintegrare in modo
costante.
Nell’ambito della gestione dei magazzini il Gruppo Comifar
adotta un’applicazione basata su tecnologia Wi-Fi che
consente agli operatori di svolgere le attività di ricevimento
merci (identificazione dei prodotti, spunta e carico nella
posizione corretta), allestimento dei prodotti (nella quantità
richiesta e per la corretta destinazione) e gestione
dell’inventario (verifica dei quantitativi disponibili
nelle diverse ubicazioni).
Mentre il processo di preparazione ed evasione dell’ordine
alle farmacie si avvale di collegamenti telematici, impianti
automatizzati per il picking e tecnologie RF, il processo di
ricevimento merci resta la fase meno sviluppata per la mancanza
di standard di codifica delle informazioni riportate sul package,
sul collo e ancor più a livello pallet. Per questo
l’inbound è il processo in cui si possono ottenere
ulteriori margini di miglioramento in produttività ed è anche
per questo che la Direzione Centrale Operations del Gruppo
Comifar ha deciso di collaborare attivamente al progetto di
identificazione in radiofrequenza.
L’attività sperimentale, svolta prima presso l’RFId
Solution Center sito in Peschiera Borromeo e quindi presso il
magazzino Comifar di Novate Milanese, ha evidenziato le aree di
immediata applicazione della tecnologia RFId,
misurandone investimenti e ritorni.
I processi analizzati e le ipotesi di
applicazione
Un distributore intermedio è un operatore che riceve prodotti
farmaceutici e parafarmaceutici dalle aziende produttrici,
tramite i depositari e distribuisce tali prodotti, in piccole
quantità e con frequenza elevata, a farmacie, parafarmacie ed
ospedali distribuiti sul territorio. Al fine di assicurare il
miglior livello di servizio (in termini di puntualità e
accuratezza delle consegne) il distributore cerca di raggiungere
i massimi livelli di efficienza e di efficacia sin dai primi
istanti in cui prende in carico la merce, così da velocizzarne
la messa a disposizione per il picking ed il successivo processo
distributivo. Il ricevimento merci presso i distributori
rappresenta quindi un processo critico all’interno della
filiera durante il quale si identifica la singola riga di
prodotto non soltanto in termini di codice, ma anche di
quantità, lotto di produzione e data di scadenza, tutte
informazioni particolarmente rilevanti nella supply chain del
farmaco. Il flusso fisico di prodotti in ingresso ad un
distributore intermedio è costituito da pallet mono-articolo
oppure da pallet multi- articolo: questi ultimi, a loro volta,
possono essere costituiti da colli originali – contenenti,
cioè, un unico codice prodotto – e da colli misti –
contenenti più referenze e creati dal depositario con una
specifica attività di picking. All’arrivo della merce, il
distributore effettua gli appositi controlli qualitativi
(verificando, ad esempio, l’integrità dei colli) e quanti
quantitativi (verifica numero di unità di carico), che gli
consentono di accettare la merce, congedando il trasportatore. A
questo punto avviene l’attività di spunta merce,
attraverso la quale si verifica nel dettaglio la composizione del
carico ricevuto: questo richiede la sbancalatura del pallet
ricevuto, contando tutti i colli originali e tutte le confezioni
(in caso di collo misto). Un esito positivo rende la merce
disponibile per il picking, mentre un esito negativo attiva tutte
le procedure di gestione della discrepanza ravvisata, secondo gli
specifici casi riscontrati. Il processo di ricevimento merci è
dunque oggi un processo molto oneroso e non immune da errori, e
ciò indipendentemente dal fatto che alcuni fornitori utilizzino
delle etichette barcode standard per identificare i colli ed il
loro contenuto o meno: la composizione delle unità di carico,
infatti, impedisce comunque di accedere in linea ottica diretta a
tutti i colli, e pertanto risulta impossibile pensare di adottare
altre metodologie di spunta diverse dal conteggio manuale.
Appare evidente come la tecnologia RFId possa
rappresentare una discontinuità radicale rispetto alle attuali
modalità di esecuzione di questa attività, e riscuota pertanto
un grande interesse
. Indipendentemente dalle azioni di
standardizzazione (di tecnologia, di protocollo di trasmissione
dati) che dovranno essere necessariamente intraprese, vi è
subito la necessità di appurare la sostenibilità economica e la
fattibilità tecnica di una soluzione di automazione
dell’attività di spunta attraverso l’utilizzo di tag
RFId.
La sperimentazione tecnologica
L’Assessment ha valutato la possibilità di impiegare tag
RFId per l’identificazione automatica dei pallet e dei
colli (originali e misti) al passaggio attraverso
un’infrastruttura di lettura costituita da un varco di luce
pari a circa 3 metri, posizionato in corrispondenza delle baie di
carico-scarico merci del magazzino. Dati i vincoli operativi, la
scelta è caduta in modo naturale su una soluzione basata su
tecnologia passiva UHF.

La sperimentazione è stata articolata in due fasi: nella prima
fase si sono selezionate alcune merceologie particolarmente
ostili alla lettura RF (liquidi, blister, lattine di metallo,
prodotti di cartone con rivestimento alluminato o
metallescente), componendo due pallet che per numerosità e
composizione potremmo definire – scherzosamente –
come la kriptonite di qualsiasi applicazione RFId! Su questi
due pallet è stata effettuata, presso la sede dell’RFId
Solution Center, una prima serie di test, con lo scopo di
pre-selezionare le migliori tecnologie UHF disponibili, e di
apprezzare in linea di massima quanto si fosse lontani dalla
desiderata accuratezza di lettura. Nella seconda fase
l’attività di test si è spostata presso il magazzino
Comifar di Novate Milanese: nell’arco di tempo di una
settimana si è lavorato sulle reali unità di carico
provenienti dagli attori a monte.

Se da un lato si è trovata conferma di tutti i punti
problematici individuati nella sperimentazione di laboratorio
(numerosità dei colli su pallet – principalmente per i pallet
mono-articolo composti da colli di piccole e piccolissime
dimensioni – presenza di liquidi e metalli, materiale di
packaging, problematicità dello schema di pallettizzazione),
dall’altro si sono misurati i tassi di lettura in una
situazione di “reale” composizione delle unità di
trasporto. I risultati ottenuti nella seconda fase, ovvero in
condizioni reali, mostrano che circa il 75% dei pallet e il 95%
dei colli in ingresso sono letti perfettamente; con risultati
che, ancorché derivanti da una sperimentazione limitata nel
tempo, hanno suscitato grande interesse per tre ordini di
motivi.

In primo luogo, essi sono stati ottenuti senza alcun intervento
sull’equipment, utilizzando una configurazione di lettura
(portale) standard quando è invece molto facile immaginare e
realizzare in loco, con limitati investimenti di automazione,
portali dinamici o tecnologie di rotazione del pallet che già
nella sperimentazione presso il laboratorio hanno mostrato di
incidere molto significativamente sull’accuratezza di
lettura; in secondo luogo, nessun intervento è stato fatto
sull’organizzazione del processo, ad esempio modificando
le procedure di composizione del pallet, e lavorando quindi su
una realtà per nulla adattata all’impiego di questa
tecnologia; infine, questi risultati sembrano prefigurare una
situazione in cui già oggi – per tre quarti dei flussi
in ingresso – l’attività manuale di spunta
potrebbe essere eliminata da una scansione dei colli in
ingresso e dal confronto elettronico con la bolla di entrata
merce. Nel rimanente 25% dei casi, l’operazione di spunta
verrebbe guidata dallo scan RFId, evidenziando i colli mancanti
o non corrispondenti, e facilitando enormemente
l’attività degli addetti alla spunta; già solo questo
risultato, proiettato nel sui flussi gestiti ogni giorno e sul
tempo necessario per la spunta manuale darebbe una chiara
giustificazione all’investimento, come discusso a
seguire.

L’analisi gestionale e del processo
Di pari passo con l’analisi tecnologica, sono stati
analizzati i processi gestionali, mappando le attività ed i
flussi di dati, e misurando i benefici di efficienza e di
efficacia ottenibili grazie all’applicazione RFId. In primo
luogo è stato sviluppato uno strumento che, incorporando i
risultati delle due fasi di sperimentazione tecnica, e variando
alcuni parametri descrittivi delle caratteristiche della
composizione del flusso in ingresso, è in grado di fornire
all’utilizzatore una stima della probabilità di lettura
dei colli e, soprattutto, dei pallet interi mediante
l’infrastruttura RFId testata. Una volta disponibile questo
strumento, che generalizza i risultati sperimentali alla realtà
ed ai flussi merceologici tipici di un qualsiasi distributore, è
stata fatta un’analisi di dettaglio che, a partire dalla
mappa del processo e dalle performance del ricevimento e del
magazzino, permette di stimare nel dettaglio i tempi, e di
conseguenza i costi, risparmiati nell’esecuzione delle
diverse attività.
I risultati del modello, applicato ad un distributore campione
con un flusso in ingresso di circa 50.000 righe
d’ordine/mese, di cui l’80% relative a pallet
multiarticolo, mostrano che anche con le attuali performance
della tecnologia si otterrebbe un NPV dell’investimento,
calcolato su 5 anni, superiore ai 200.000 euro ed un tempo di
payback inferiore all’anno, ovviamente supponendo che la
merce arrivi già taggata dallo stadio a monte. Questi risultati
derivano ovviamente nell’eliminazione di gran parte delle
attività di spunta manuale, ancorché anche le attività
immediatamente continue (es. scarico mezzo) traggano dei
benefici. Risulta inoltre significativo anche l’impatto
sulle prestazioni di efficacia sul processo, poiché tramite lo
scan RFId si riduce il lead time tra l’istante di ingresso
e le operazioni di spunta, velocizzando anche la rilevazione di
eventuali anomalie quantitative nella fornitura. Attraverso il
varco di lettura è possibile individuare immediatamente
l’ingresso in baia di referenze “sotto scorta”,
e avviarne il trasferimento urgente alle postazioni di picking,
incrementando in ultima analisi il livello di servizio al
cliente. Infine è possibile acquisire, in uno scenario di
maggiore integrazione informativa, informazioni sugli attributi
di prodotto (lotto, data di scadenza) migliorando notevolmente la
gestione di queste informazioni sulle merci in magazzino.
Conclusioni e prossimi passi
L’identificazione in radiofrequenza è una tecnologia su
cui si è scritto e detto tanto, in alcuni casi definendola come
la panacea della logistica, in altri casi valutandola con
scetticismo [Srivastava, 2004; Michael et al., 2005; Pramatari et
al., 2005]. Di qui è nata la volontà del Consorzio Dafne di
realizzare uno studio, concreto e focalizzato sulla propria
realtà, da cui ottenere una visione più articolata delle
problematiche e attivare gli opportuni percorsi di
approfondimento. La duplice attività di sperimentazione condotta
dall’RFId Solution Center, se da un lato ha confermato
l’esistenza di alcune problematiche di rilievo
(specialmente legate a prodotti con confezioni molto piccole e
contenenti farmaci o imballi non RFfriendly) dall’altro ha
fornito spunti interessanti che riguardano il packaging e lo
schema di pallettizzazione, verificando ad esempio che anche i
prodotti con imballo primario metallico (quali spray e blister)
non sembrano essere problematici fintanto che il packaging
primario presenti delle intercapedini attraverso cui le onde
possano raggiungere e lasciare i tag interni. Allo stesso modo,
si è verificato che il fattore di forma del packaging (ad
esempio il caso di confezioni “snelle” in cui una
dimensione prevalga sulle altre) o l’orientamento del tag
incidono significativamente sulle prestazioni di lettura, mentre
un fattore talvolta poco considerato, ovvero la
“densità” dei tag (numero di tag per unità di
volume) gioca un ruolo importante, assieme al numero assoluto di
tag presenti nell’unità di carico, nel determinare le
performance di letture complessive. Le sperimentazioni condotte
hanno così risposto esattamente alle aspettative iniziali di
Dafne, caratterizzando le problematiche esistenti alla luce delle
tecnologie oggi disponibili e data l’attuale organizzazione
dei processi, così da individuare quali azioni, proprio lungo
queste due direttrici, siano da compiere per “calare”
l’RFId al meglio nel processo di ricevimento di un
distributore farmaceutico.
L’approfondimento tecnologico, considerando la realtà
logistica di un distributore farmaceutico, non dovrà
concentrarsi tanto sul singolo tag o sul singolo reader, ma
piuttosto dovrà muoversi lungo due direzioni specifiche. La
prima potrà richiedere un’innovazione
nell’infrastruttura di lettura con la realizzazione di
portali dinamici. Le prime prove effettuate nel laboratorio di
Peschiera mostrano infatti come introducendo un moto casuale
basculante nelle antenne si ottengano risultati apprezzabilmente
migliori; combinando questo effetto alla realizzazione di varchi
modello “tunnel autolavaggio” che seguano il profilo
dell’unità di carico riducendo la luce del varco (rispetto
ai 3 metri attuali) si potrebbero mantenere la produttività
della lettura in traslazione con le prestazioni della lettura in
rotazione. La seconda linea di lavoro sta approfondendo il tema
dell’interferenza e della collisione dei segnali, per
formulare un modello analitico della correlazione (emersa in
queste sperimentazioni) tra le prestazioni di lettura, il numero
di tag presenti e la loro densità. Questo secondo filone è
estremamente importante per la realtà logistica di un
distributore farmaceutico che, non di rado, si trova a maneggiare
imballaggi secondari così piccoli che, in ¾ strati di
carico, arrivano ad impacchettare già oltre 300 colli. Entrambe
queste linee di lavoro, soprattutto la seconda, sono
correntemente allo studio presso il laboratorio del RFId Solution
Center.
Anche a livello di processo si aprono due linee di lavoro: da un
lato, è necessario operare a livello procedurale per adattare le
modalità di composizione dell’unità di carico alle
necessità dell’identificazione in radio frequenza. I nuovi
criteri da introdurre (liquidi e metalli al centro, non
sovrapposizione delle etichette RFId, il mantenimento di un certo
grado di insaturazione volumetrica frapponendo degli spacer in
tutte le merci ad elevata densità, che comunque quindi
saturerebbero la spedizione prima in massa che in volume, etc.)
non sono conflittuali con gli odierni criteri di composizione e
richiedono solo un minimo di adattamento che, tuttavia, può
risultare problematico per il fatto che queste attività sono
spesso assegnate a terze parti su cui non è facile avere un buon
grado di controllo. La seconda linea di lavoro, più complessa,
investe il ridisegno del packaging (alla ricerca di confezioni
più snelle e rimuovendo quei materiali di imballo, come il
cartoncino “metallizzato”) che sono stati introdotti
nel tempo più per esigenze di marketing che di logistica. Questo
processo sarà più lungo, ma è già emerso in numerose altre
attività sperimentali condotte presso il laboratorio di
Peschiera come sia indispensabile aggredire anche la leva del
packaging per superare le ultime difficoltà di lettura.
Ovviamente, sia l’azione di tecnologia che l’azione
di processo hanno un costo, che andrà confrontato con i benefici
stimati attraverso i modelli sviluppati nello studio, ma questo
è il percorso giusto: non partendo dal “sentito
dire” o da considerazioni generali, ma facendo scaturire le
cose da fare dalle sperimentazioni calate nella realtà in cui
introdurre la tecnologia, in una sfida che richiede più la
tattica e la persistenza del maratoneta che l’accelerazione
del centometrista.

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