Cresce del 24,6% l’utilizzo dei Big Data nel 2016 e si sente l’effetto IoT

La crescita a due cifre dell’utilizzo dei Big Data nel business sta a indicare il rinnovato interesse per la loro funzione grazie all’arrivo di nuove tecnologie e nuovi approcci metodologici

Pubblicato il 21 Lug 2016

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Cresce il ruolo dei Big Data e cresce la spinta che porta allo sviluppo del mercato digitale italiano. Grazie anche allo sviluppo di progetti Internet of Things che contribuiscono direttamente alla generazione di enormi moli di dati e alla domanda di gestione di analytics.
Non a caso tra i diversi segnali positivi del mercato digitale in Italia, sia in termini di investimenti che di risultati, spicca il +24,7% dei Big Data, registrato dal report “il digitale in Italia nel 2016”, realizzato da Assinform in collaborazione con NetConsulting e gli Osservatori Digital del Politecnico di MilanoCon un +1,0% di crescita rispetto al 2014, il mercato digitale ha raggiunto nel 2015 un valore di 64.908 milioni di euro. E le stime per il triennio parlano di un +1,5% nel 2016, di +1,7% nel 2017, +2,0% nel 2018. A trainare in terreno positivo il mercato sono soprattutto le prestazioni dell’Internet of Things, che quest’anno registreranno secondo le previsioni un +14,9% rispetto al 2015, il Cloud (+23,2%), i Big Data (+24,7%), le piattaforme per il web (+13,3), il mobile business (+12,3%) e la sicurezza (+4,4%).
Ma l’effetto congiunto di IoT e Big Data si evidenzia nella crescita di alcuni mercati più di altri assetati di dati e di informazioni come assicurazioni e retail.

Si espande l’utilizzo in Insurance, Banking e Retail/Consumer Goods

Bottone IoT white paper

La crescita a due cifre dell’utilizzo dei Big Data nel business testimonia il rinnovato interesse per la loro funzione innescato dall’arrivo di nuove tecnologie e approcci metodologici: ma se le aziende non accelereranno ulteriormente il processo di cambiamento ‘intensivo’, la loro capacità analitica rischia di rimanere confinata a singole aree di business e a qualche progetto pilota. Lo evidenzia in un’intervista su zerounoweb.it di Davide Consiglio, Principal at The Boston Consulting Group, che sottolinea, tra l’altro, che in quest’ultimo periodo “le principali applicazioni di sistemi analitici di nuova generazione stanno trovando mercato fertile all’interno di alcuni specifici contesti, come il settore finanziario, Insurance e Banking nello specifico e quello del Retail/Consumer Goods”.

Piergiorgio Grossi

Per utilizzare al meglio l’enorme potenziale dei Big Data, la figura del Data Scientist sarà sempre più centrale. Come spiega Piergiorgio Grossi, VP Innovation di Iconsulting, in un suo intervento sulla conferenza Strata+Hadoop pubblicato su CorCom  «parliamo di un esperto di dati con sensibilità di business, un programmatore che conosce la statistica e che sa estrarre significato dalla quantità di numeri, misure e informazioni che ogni giorno produciamo. In passato, in un contesto più tradizionale e con un business che si evolveva molto lentamente, era possibile pensare di sdoppiare alcune competenze: c’erano gli esperti di marketing che individuavano le esigenze delle persone, gli analisti che le sapevano convertire in azioni sul prodotto e i tecnici in grado di trasformare i documenti nel prodotto stesso. A seguito di quella che viene chiamata Data Revolution, nulla è più come prima».

La digitalizzazione negli enti pubblici

E bene lo si vede anche nel pubblico – dalla sanità alle amministrazioni degli enti locali – dove la raccolta dei dati e la loro analisi e interpretazione si rende sempre più vitale e necessaria ma resta, al contempo, di complessa effettuazione, per svariate ragioni: organizzative, giuridiche nonché etiche.

Il tema del cambio di passo e del ripensamento digitale, con un approccio organico e profondo, programmatico e sistemico, riguarda in primis la macchina amministrativa dello Stato e degli enti locali, dalle Regioni ai Comuni: lo ricorda un intervento di Nello Iacono, Stati Generali dell’Innovazione, su agendadigitale.eu , che sottolinea anche quanto sia «sempre più stringente, per le amministrazioni locali, la necessità di correlare il proprio piano di sviluppo con i programmi nazionali individuati nella Strategia per la Crescita Digitale (primi tra tutti Spid, ANPR e PagoPa) e in ambito europeo e internazionale diventi sempre più pressante la spinta per rendere centrale il tema dell’open government”.

Opportunità e rischi nel sistema sanitario

Nel settore sanitario – lo evidenzia un approfondimento di CorCom  i Big data fanno bene alla salute pubblica – le opportunità offerte dai Big Data si tradurranno, tra l’altro, in profilazioni delle diagnostiche e delle terapie personalizzate, che potranno dare un contributo a rendere il “servizio salute” più efficace e più sostenibile anche sotto il profilo finanziario. Peccato però che in Italia solo il 9% delle cartelle cliniche sia digitalizzato. Ed è chiaro che c’è ancora molto da fare per preparare professionalmente gli addetti in questa transizione verso il digitale sia per gli aspetti scientifico-tecnologici, sia per quelli organizzativi, in modo che la digitalizzazione esplichi il suo impatto positivo sui costi e sulla qualità del servizio.

Anche nella sanità, peraltro, la digitalizzazione può creare problemi: soprattutto sulla riservatezza dei dati. Lo ha ricordato Antonello Soro, il Garante per la Privacy, nella sua relazione al Parlamento il 28 giugno scorso, ripresa da CorCom Si a Big Data ma con la tutela dei cittadini: «La perdita, la sottrazione e l’alterazione di un dato sanitario mette a rischio banche dati essenziali e, insieme, viola quanto di più intimo vi è nella persona, esponendola a gravi discriminazioni. La carente sicurezza dei dati e dei sistemi può rappresentare una causa esiziale di malasanità mentre, per converso, la protezione dei dati e dei sistemi è un fattore determinante di efficienza sanitaria. La vulnerabilità del dato sanitario rischia di determinare errori diagnostici o terapeutici, con conseguenze anche letali». Per cui, «La tutela del paziente da queste nuove vulnerabilità – sottolinea ancora Soro – deve essere un obiettivo centrale per un sistema sanitario in cui parallelamente alle opportunità crescono i rischi, tra moltiplicazione delle biobanche, servizi cloud, assistenza sanitaria transfrontaliera, telematizzazione dei percorsi diagnostici, genomica e interoperabilità delle cartelle cliniche».

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